Se ci avessero detto che Hanno ucciso l'Uomo Ragno - La leggendaria storia degli 883 si sarebbe dimostrata una serie ben più clamorosa di molte altre che abbiamo visto sulle piattaforme di recente probabilmente non ci avremmo creduto. Il rischio che pensavamo di correre alla vigilia era che la nuova serie Sky Original prodotta insieme a Groenlandia fosse un prodotto a uso e consumo dei fan di Max Pezzali e Mauro Repetto e di un certo tipo di cultura e di musica deliziosamente anni Novanta. Non ci saremmo potuti sbagliare di più, considerando che gli otto episodi di Hanno ucciso l'Uomo Ragno sono un capolavoro di scrittura e di interpretazione capace di trascinarci non tanto all'interno della storia degli 883 quanto nella rivincita di due ragazzi di provincia che, da divertirsi in tavernetta, si ritrovano presto a gestire un successo che avrebbe travolto chiunque. La serie, la prima scritta e diretta da Sydney Sibilia a dimostrazione che certe pieghe narrative possono essere raccontate con precisione e perizia in Italia soltanto da lui, parte da due giovanissimi Max Pezzali e Mauro Repetto, interpretati magistralmente da Elia Nuzzolo e da Oscar Maria Giuggioli, che si incontrano tra i banchi di scuola e iniziano a provare una certa alchimia l'uno con l'altro anche se sembrano di due cifre opposte, accumunati come sono solo dalla scarsa voglia di studiare.
Se Mauro è intraprendente e ambizioso, Max è più timido e frenato, anche se la vera spinta a provare a fare musica nell'estate della sua bocciatura è dettata dalla voglia di fare colpo su una ragazza, Silvia (Ludovica Barbarito), che lo sfida a scrivere una canzone per lei. Ma come possono due ragazzi che si vestono male e sembrano allergici alle responsabilità unire le forze per smarcarsi da Pavia e conquistare le classifiche musicali di un intero Paese? Hanno ucciso l'Uomo Ragno ce lo mostra con una sapiente dose di ironia e irriverenza, infilandoci molti personaggi che molto presto sarebbero esplosi a livello di notorietà esattamente come gli 883 - da Maria De Filippi a Jovanotti, passando per un giovanissimo Fiorello che non sa se accettare di condurre un programma che si chiama Karaoke nelle piazze italiane - e, soprattutto, un cuore e un calore capaci di rapire lo spettatore e di immergerlo in un tunnel dove per telefonare occorrevano le monetine e per registrare un demo occorrevano le musicassette.
Max e Mauro che di notte vanno in cerca di un rospo perché pensano che possa avere dentro di sé una sostanza allucinogena non meglio identificata, ma anche Max e Mauro che capiscono che per sfondare avrebbero dovuto rinunciare all'inglese e parlare non solo nella loro lingua ma anche di quello che conoscono (la provincia, la noia, l'amore, la conquista e una certa euforia giovanile rappresentata da birre scure da ordinare e da notti brave da onorare) sono la sintesi di un modo di raccontare le storie che non perde mai di vista l'emozione e il crescendo narrativo. Tutto in Hanno ucciso l'Uomo Ragno - dall'accoppiata esplosiva di Nuzzoli e Giuggioli a Edoardo Ferrario, Davide Calgaro e Roberto Zibetti rispettivamente nei panni di Pierpaolo, il manager degli 883, Cisco, il migliore amico di Max, e Claudio Cecchetto, Pigmalione della band - si incastra e collima a dimostrazione che certi autori italiani - la serie è scritta da Sibilia con Francesco Agostini, Chiara Laudani e Giorgio Nerone e diretta sempre da Sibilia con Alice Filippi e Francesco Ebbasta - hanno evidentemente una marcia in più. Onore agli 883 per aver dato la loro benedizione al progetto pur senza partecipare al processo creativo, a Sydney Sibilia per averla pensata e a Sky per averla mandata in onda. Ora, però, confermatela per una seconda stagione perché vogliamo vedere cosa succede quando Max e Mauro vanno al Festivalbar.


