Tag "Stanford"

Come Apple, Facebook, Tesla sono diventate grandi? Come si sta reinventando la Silicon Valley? Dove stanno andando i nuovi Unicorni del Vecchio Continente? Commissione Europea e giganti dell’high tech a confronto … questi sono alcuni dei temi che verranno trattati il 21 settembre a Mountain View (California) durante l’European Innovation Day (#EID).

L’European Innovation Day è l’evento di apertura di SEC2SV (Startup Europe Comes to Silicon Valley), una settimana di incontri di alto profilo in Silicon Valley per una delegazione europea composta da policy maker (tra cui, dal Regno Unito, il Ministro per il Cabinet Office Matthew Hancock* e il CTO Liam Maxwell*, il Presidente dell’Estonia Toomas Hendrik Ilves, il nostro Digital Champion Riccardo Luna, oltre al Commissario europeo per la Digital Economy & Society Guenther Oettinger), grandi aziende (sia tradizionali che astri nascenti delle nuove tecnologie) e investitori. La delegazione accompagnerà una selezione di 15 tra le più promettenti scaleup europee (la lista sarà annunciata inizio settimana prossima, chissà se ci sarà qualche italiana…). Il tutto organizzato da Mind the Bridge sotto l’egida di Startup Europe Partnership insieme a tutte le organizzazioni europee attive in Silicon Valley.

Obiettivo dell’European Innovation Day è di facilitare in modo strutturato un dialogo – sia a livello politico e istituzionale che sul piano del business e degli investimenti – tra il Vecchio Continente e la Silicon Valley. La piattaforma di SEC2SV resterà a disposizione per tutti i policy maker che vogliano confrontarsi con la culla mondiale dell’innovazione, a partire dalla prossima visita (in agenda per fine anno, date da confermare) del Vice Presidente della Commissione Andrus Ansip. Non a caso,  il 21 settembre durante l’EID, verrà lanciato il SEC2SV Sounding Board, un gruppo selezionato di imprenditori e investitori – di origini europee ma residenti in Silicon Valley – che saranno a disposizione per supportare e consigliare i policy maker europei su temi quali lo sviluppo del Digital Single Market e dell’ecosistema delle startup/scaleup. Board che comprende nomi del calibro di Peter Arvai (Prezi), Fabrizio Capobianco (Tok.tv, Funambol), Andrew J.Scott (Urban Life), Adeyemi Ajao (Workday, Tuenti), Ouriel Ohayon (Appsfire, BlaBlaCar).

La conferenza vedrà, tra i key note, Julie Hanna – serial entrepreneur dietro al successo di alcune grandi aziende internet e software (come OpenWave, Portola, Scalix, e Healtheon, ora WebMD), di recente nominata dal Presidente Obama come Entrepreneurship Ambassador per gli Stati Uniti – e  Larry Sonsini, avvocato a capo di Wilson Sonsini Goodrich & Rosati che condividerà con noi i suoi 30 anni di esperienza nel supportare la quotazione di alcune icone della Silicon Valley (da Apple, a Google, e, più di recente, Tesla). Michael Hager, Capo di Gabinetto del Commissario Oettinger, presenterà invece i progressi e i piani in corso da parte della Commissione Europea in tema di digitale e innovazione.

Il resto del programma vedrà moltissimi speaker di altissimo livello impegnati in panel e fireside chat, tra cui:

  • Meet the EU Unicorns: panel con Nicolas Brusson (BlaBlaCar), Giles Andrews (Zopa), Ignacio Pérez Dolset (U-Tad), Tom Thompson (Klarna), Alexis Giles (SoundCloud), Marc Lamik (Zalando).
  • Europe: There Is Life on Planet Startup. Dati sull’ecosistema europeo delle startup and scaleup e sugli investimenti tra Europa e Silicon Valley presentati e discussi da Robin Wauters (Tech.eu), Alberto Onetti (Startup Europe Partnership), Sean Randolph (Bay Area Council Economic Institute), Burton Lee (Stanford University).
  • How is Silicon Valley Reshaping Itself, con Dave McClure*, fondatore di 500 Startups.
  • European Digital Market: How to Implement It: un panel con rappresentanti dei vari paesi membri tra cui Liam Maxwell* (CTO – UK), Riccardo Luna (Digital Champion – Italia).
  • Making EU & US M&A Market More Fluid, con speaker quali Scarlett Sieber (BBVA), Alex M. Lehmann (London Stock Exchange Group), Nerio Alessandri (Technogym).
  • Startups and Universities. Would that ever work?, con Stewart McTavish (Cambridge), Tom Byers (Stanford), Willem Jonker (EIT Digital).
  • Meet the new, bad-ass women entrepreneurs from EU, il problema del gender gap discusso da Asa Nordgren (Trice Imaging), Ebba Blitz (Alertsec), Valentina Morigi (Tensive), Jutta Weigh (Appthetable), Adiba Barney (SVForum, Women in Tech).
  • Digital Single Market and Privacy. The EU Dilemma, con speaker da Google, Facebook*, Salesforce, Yelp

Alcuni speaker (*) sono ancora in attesa di conferma finale, altri se ne aggiungeranno, tra cui alcuni grandi nomi a sorpresa. Stay tuned… qui il link aggiornato all’agenda.

Con oltre 500+ partecipanti attesi e una DEMO area per le migliori EU Scaleup (la lista sarà annunciata inizio settimana prossima), l’European Innovation Day si preannuncia come un appuntamento da non mancare per chi è interessato a fare il punto su innovazione e startup su entrambe le sponde dell’Atlantico. Vi aspettiamo.

Lo scorso lunedì a Stanford c’è stata una interessante presentazione di Jan Rezab, fondatore di Socialbakers, startup di Praga attiva nel campo del social marketing, nell’ambito del corso European Entrepreneurship & Innovation Thought Leaders organizzato dall’amico Burton Lee. 
Perchè interessante? Perchè i problemi e le esperienze vissute da questo giovane strattupper ceco e sopratttutto il modo di vedere le cose sono molto simili a quelli che riscontro in molti giovani imprenditori nostrani.
Rimando alla lettura delle slides (allegate in calce all’articolo) e mi limito a richiamare alcuni punti sottolineati da Jan.
1) Dall’altare alla polvere, this is Europe. Jan, nel 2001, a 14 anni (sì a 14 anni)!, lancia REDBOSS, una gaming company. In pochi anni realizza oltre 40 titoli di giochi e la società cresce a 40 persone. A 18 anni riceve l’Entrepreneur of the Year Award da parte di Ernst & Young. Viene celebrato come un “fenomeno”. Poi le cose non vanno come previsto e chiude nel 2008. Da quel momento viene bollato come un “fallito” e porta le stigmati del fallimento. Dice Jan: “Losing in Europe is taken differently, in Europe it’s basically not acceptable. When you lose, you are a loser (everyone thinks you should stop working). When you lose, nobody will want to work with you (You will always carry the “loser” mark)“.
2) Capitali e mentalità, queste le barriere europee. Che problemi ha incontrato Jan? Gli stessi di cui si lamentano le nostre startup: l’accesso ai capitali è difficile e costoso, i network di persone con cui lavorare sono ancora ristretti e non è facile trovare persone “internationally minded“.
3) Persone di valore a costi competitivi, questo è il punto di forza del Vecchio Continente. Come segnalano molte startup italiane che lavorano tra Italia e Stati Uniti, uno dei vantaggi europei è la possibilità di trovare tecnici qualificati a costi competitivi.
4) Se sei bravo e vuoi avere successo, alla fine ce la farai, da qualunque parte del mondo tu parta. Questo è il vero messaggio positivo. E’ la passione e la voglia di riuscire (nonostante tutto) di persone come Jan è il fattore che poi fa la differenza. In Italia, nononstante tutto, ne abbiamo tanta. Rimando alla mia presentazione che ho fatto settimana scorsa a Berkeley (qui il link per accedere alle slides) per trovare dati a conferma che anche da noi le potenzialità per creare storie di successo ci sono. Basta volerlo.
 

Lo sapete qual è il segreto della Silicon Valley?“, così Tom Byers ha aperto il suo corso allo Stanford Campus di Firenze “Due parole: Cold War“. Di certo una provocazione, ma gli ingenti investimenti in ricerca del Ministero della Difesa americano sono da molti addotti come tra i motivi alla base della superiorità tecnologica della Silicon Valley.

Ovviamente c’è molto altro. Riassumo gli altri aspetti chiave citati da Tom Byers nei due giorni che abbiamo speso insieme cercando di spiegare ai 30 studenti di Stanford di stanza a Firenze le differenze tra il fare impresa  in Silicon Valley e in Italia.

1) Un “talent pool” fortemenente multiculturale e dominato da una fortissima motivazione (“highly skilled and motivated“): della capacità della Silicon Valley di attirare e valorizzare talenti avevamo già parlato in precedenza (L’innovazione in Silicon Valley ha l’accent”); di certo la prima sensazione che emerge quando atterri nella Bay Area è la grande quantità di persone di altissima qualità: i due giorni spesi con un gruppo di studenti di Stanford mi hanno, se mai ce ne fosse bisogno, confermato questa sensazione.
2) Una infrastruttura fortemente orientata al sostenere le imprese, non solo le grandi, ma in modo particolare quelle piccole e nuove (le startup appunto). Questo vale sia sul fronte del pubblico (i costi per far nascere una nuova impresa sono bassissimi, circa 150-200 dollari), che del privato: tutti i servizi di cui una impresa ha bisogno (dal desk su cui lavorare, alla contabilità, al supporto legale e fiscale, …) sono disponibili con altissima professionalità e a costi ragionevoli.
3) Una fortissima spinta a sperimentare il nuovo e una grandissima tolleranza nei confronti del fallimento: ci sono due grandi università (Stanford e Berkeley) che su base continua “fuel new ways of technology“; c’è un ecosistema imprenditoriale capace di riprendere, valorizzare e sviluppare questa base tecnologica; e sopratttutto c’è una tolleranza – sia culturale (fallire è ok se provi a fare qualcosa di nuovo) che di sistema – ad accettare che non tutto quello che si prova a fare avrà successo.
4) Un sistema finanziario capace di sostenere e spingere le sperimentazioni imprenditoriali. E qui parliamo del venture capital (circa un terzo degli investimenti del mondo vengono fatti lì) ma anche di un sistema di investitori personali (angels e super-angels) con una forte attenzione e propensione al nuovo.

Un sistema che funziona? Direi di sì, basta vedere la slide (riportata sotto) che Tom ha proiettato sulle aziende (spin-off) che sono nate dalla sola Stanford.
E l’Italia? Vista con questi occhi, l’Italia è molto indietro. Sono fortemente convinto che il “talent pool” italiano sia di qualità comparabile. Manca tuttavia un’infrastruttura capace di sostenere e fare crescere questo pool di talenti. E per infrastruttura mi riferisco sia al sistema normativo e di servizi che al contesto culturale e alla mentalità… perchè, sempre citando una delle quote preferite di Tom, la Silicon Valley è prima di tutto un “entrepreneurial state of mind“.
Per chi volesse sentire Tom Byers dal vivo, l’appuntamento è a Milano, al Corriere della Sera per il Mind the Bridge Venture Camp del 4-5 novembre (informazioni qui).

Stanford1.gif
 

BurtonLee-thumb-200x180.jpgIeri sera ho avuto il piacere di avere ospite a cena Burton Lee, direttore del EuropeanEntrepreneurship & Innovation presso l’Universita’ di Stanford. Burton gira spesso per i vari paesi europei ove studia i diversi approcci nazionali a sostegno dell’innovazione. Ci siamo incontrati al termine di una settimana trascorsa da Burton in Italia a visitare diversi incubatori per cercare di farsi una idea su a che punto siano le nostre startup. Abbiamo colto l’occasione del nostro incontro per scambiare opinioni e pareri.
La principale conclusione cui siamo arrivati è che molte delle nostre startups non sono ancora pronte per il grande salto, ossia non hanno ancora raggiunto un livello tale da renderle appetibili per un venture capital statunitense.
Che cosa manca? Sostanzialmente una visione globale di prodotto. Le nostre aziende tendono a sviluppare applicazioni verticali per risolvere il bisogno di singoli clienti e non invece un prodotto che abbia ambizioni globali.
Dove siamo carenti? Nel design del prodotto, non tanto sotto il profilo tecnico (lì siamo bravi), ma quanto piuttosto sulla visione del prodotto e sulla sua funzione d’uso (che cosa il mercato, che è ormai globale, cerca?).
Quali le cause?
– da un  lato, il nostro mercato non le aiuta. In Italia non ci sono grandi aziende, i grandi leader di mercato non abitano qui. E sappiamo quanto la vicinanza ai grandi leviathans aiuti nello sviluppo di un prodotto di successo (si veda al riguardo quanto detto in un articolo precedente).
– dall’alltro, la nostra mentalità neanche. “Possibile che chi sviluppa un prodotto del genere non senta la necessità di andare a vedere cosa fanno e cercano le aziende leader a livello mondiale?“, si chiedeva Burton quasi stupito. Questa “autoreferenzialità” credo sia l’ostacolo maggiore per le nostre aziende ad avere successo . Ci si ferma su quanto fatto (spesso valido) e non ci si domanda criticamente se ci sia qualcosa di meglio in giro (Burton diceva, parlando di una startup che aveva incontrato in settimana: “negli USA ci sono almeno 20 aziende che fanno un prodotto simile e loro non ne avevano la benchè minima idea…“) e di che cosa realmente i clienti abbiamo bisogno.
In sintesi: potenzialità interessanti, ma ancora molto da fare.