
Le statue bronzee antiche arrivate fino ai nostri giorni sono una rarità, a causa dell’avidità e dell’ignoranza di chi nei secoli passati ne ha perpetrato la sistematica distruzione. Le statue integre sono ancora più rare e preziose. L’eruzione del Vesuvio che nel 79 d.C. seppellì Ercolano sotto una coltre di fango, ha protetto dalle rapaci mani degli uomini un cospicuo numero di questi capolavori. Oggi vi mostriamo questa statua bronzea che raffigura l’imperatore Claudio, effigiato in nudità eroica, con il braccio destro sollevato a reggere un lungo scettro. La scultura si ispira chiaramente ai canoni stabiliti da Policleto, che a partire dall’epoca augustea divennero classici nella rappresentazione delle figure di imperatori nudi. La statua di Claudio era affiancata da una statua bronzea del Divo Augusto nelle sembianze di Giove, col manto che in parte lo copre e con un fascio di fulmini nella mano sinistra, anch’essa pervenutaci intatta.
L’iscrizione rinvenuta con la statua di Claudio (CIL X, 1416) consente di datarla con precisione al 48 d. C., quando l’imperatore era regnante mentre Augusto era ormai morto e divinizzato da più di trent’anni.
Le statue furono rinvenute nell’Augusteum durante gli scavi effettuati nel 1741. L’Augusteum di Ercolano, noto anche come “Basilica” o “Porticus”, era un edificio adibito al culto imperiale, eretto in epoca Giulio-Claudia, ancora neppure interamente esplorato; al suo interno sono state rinvenute numerose statue di marmo e bronzo di membri della dinastia giulio-claudia e flavia, tutte di pregevole fattura e conservate al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
L’edificio, che era rimasto danneggiato dal terremoto del 62 d.C., venne restaurato da Vespasiano, prima di finire sepolto definitivamente dal fiume di fango che sommerse Ercolano.



L’eruzione del Vesuvio che seppellì Ercolano sotto una spessa coltre di fango, ha consentito di arrivare fino ai nostri giorni a questa splendida statua bronzea raffigurante il Divo Augusto nelle sembianze di Giove, coperto in parte da un manto, con un fascio di fulmini nella mano sinistra, al cui dito anulare è l’anello sigillo, mentre si appoggia ad un lungo scettro. La testa di Augusto presenta tratti fisionomici non più giovanili, caratteristici dell’immagine idealizzata del princeps dopo Azio. Fu sicuramente realizzata qualche decennio dopo la morte di Augusto e faceva coppia con una statua bronzea di Claudio, pervenutaci ugualmente integra, databile con precisione al 48 d.C. Questa statua fu rinvenuta nell’Augusteum durante gli scavi effettuati nel 1741. L’Augusteum di Ercolano, noto anche come “Basilica” o “Porticus”, era un edificio adibito al culto imperiale, eretto in epoca Giulio-Claudia, ancora neppure interamente esplorato; al suo interno sono state rinvenute numerose statue di marmo e bronzo di membri della dinastia giulio-claudia e flavia, tutte di pregevole fattura e conservate al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. L’edificio venne danneggiato dl terremoto del 62 d.C. e restaurato da Vespasiano, prima di finire sepolto definitivamente dal fiume di fango che sommerse Ercolano.

I sovrani fecero decapitare una statua e, in segno di sfregio, ne seppellirono la testa sotto i gradini di un edificio che doveva rappresentare un monumento a ricordo della vittoria. L’edificio era decorato con affreschi che rappresentavano il re e la regina sul trono, con davanti una fila di prigionieri legati e inginocchiati. Alcuni di questi prigionieri indossavano i caratteristici elmi e le tuniche dei romani. Seppellendo il ritratto di Augusto sotto la porta d’ingresso di questo monumento, i sovrani Kushiti si assicuravano che ogni visitatore avrebbe calpestato la testa dell’imperatore ogni volta che avesse messo piede nell’edificio. La successiva reazione dei Romani nel 23 a.C. ad opera del governatore romano dell’Egitto, Gaio Petronio, costrinse i Kushiti a un trattato di pace tra Roma e la capitale Nubiana di Meroë; molte statue di Augusto vennero restituite intatte ma non la testa di Meroë. Per ironia della sorte, proprio il destino oltraggioso che aveva subito, ha però consentito a questo splendido ritratto di Augusto, di arrivare intatto sino a noi e di continuare ad affascinarci con il suo sguardo magnetico.