Tempio di Atena Nike
| Tempio di Atena Nike | |
|---|---|
| Civiltà | Antica Grecia |
| Utilizzo | Tempio |
| Stile | Ordine ionico[1] |
| Epoca | 425 a.C. circa[2] |
| Localizzazione | |
| Stato | |
| Comune | Atene |
| Amministrazione | |
| Patrimonio | Acropoli di Atene |
| Sito web | odysseus.culture.gr/h/2/eh251.jsp?obj_id=982 |
| Mappa di localizzazione | |
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Il tempio di Atena Nike, uno dei principali monumenti dell'Acropoli di Atene, è un piccolo tempio ionico costruito sul bastione all'estremità sud-occidentale del pianoro accanto ai Propilei.[2][3] Fu progettato dall'architetto Callicrate, coautore del Partenone, e realizzato tra il 426 a.C. e il 421 a.C., sostituendo edifici cultuali più antichi le cui tracce sono conservate all'interno del bastione.[2]
Si tratta di un tempietto anfiprostilo tetrastilo (con quattro colonne libere sulla fronte e sul retro) ornato con un fregio continuo.[4] Il fregio, scolpito in bassorilievo, presentava a est un'assemblea di dei e sugli altri lati scene di guerra fra Greci e Persiani o tra Greci; sul lato sud era raffigurata la vittoria greca a Maratona (490 a.C.).[2] Intorno al 410 a.C. venne aggiunta la balaustra con rilievi di Nike, destinata a proteggere il bordo del bastione, di cui è celebre il pannello con la Nike che si scioglie il sandalo.[5][6]
Storia
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Le tracce più antiche dell'area sacra risalgono almeno all'età arcaica: il santuario di Atena Nike è attestato sull'Acropoli sin dagli inizi del VI secolo a.C., con un piccolo sacello di metà V secolo a.C. precedente al tempio attuale.[7] Il bastione su cui sorge il tempio difendeva in età micenea l'accesso alla rocca e fu riutilizzato in epoca classica come piattaforma monumentale del santuario.[8]
L'attuale edificio ionico è attribuito all'architetto Callicrate e datato tra il 426 a.C. e il 421 a.C. nell'ambito del programma edilizio di Pericle; esso sostituì le strutture distrutte dai Persiani nel 480 a.C.[2][9]
In età classica avanzata si pose attorno al bastione la balaustra o parapetto marmoreo con rilievi di Nike, legato alla fruizione del percorso d'accesso ai Propilei.[5] In età storica il tempio è ricordato dagli autori antichi come tempio della Nike Aptera («Vittoria senz'ali») posto «a destra dei Propilei».[10]
Demolizione e ricostruzione
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Il santuario fu demolito dagli Ottomani nel 1686 per esigenze difensive alla vigilia dell'assedio veneziano: i suoi blocchi vennero riutilizzati per rafforzare le fortificazioni d'accesso all'Acropoli.[11] Nel 1687 il materiale del tempio e della balaustra fu impiegato per rinforzare una postazione d'artiglieria e le difese del lato occidentale della rocca contro gli attacchi dei veneziani guidati da Francesco Morosini.[5]
Il tempio venne riassemblato tra il 1835 e il 1844 dopo il raggiungimento dell'indipendenza della Grecia.[7] Dopo lo smantellamento della fortificazione ottomana presso l'ingresso occidentale, furono messi in luce la krepis classica e numerosi membri architettonici del tempio; seguì la prima anastilosi mai eseguita sui monumenti dell'Acropoli di Atene, diretta da Ludwig Ross, Eduard Schaubert, Hans Christian Hansen e Kyriakos S. Pittakis, con il rimontaggio del naiskos sul bastione antico.[12] Il cantiere ottocentesco procedette alla raccolta, riconoscimento e riuso dei blocchi superstiti, impostando la ricomposizione dell'alzato secondo i rilievi e la lettura dei membri allora disponibili[13] La valutazione critica successiva qualifica quell'intervento come una ricostruzione più che un restauro, per l'ampiezza dei rimontaggi e delle integrazioni.[14]
L'edificio venne smontato ancora due volte (1935 e 1998) per permettere il restauro dei blocchi e l'integrazione di altri pezzi che erano stati ritrovati in scavi successivi.
Restauro 1935-1940
[modifica | modifica wikitesto]Nel gennaio 1934 il Consiglio di Stato greco formò una commissione per ispezionare il bastione e il santuario di Atena Nike. Nel corso degli anni precedenti, le strutture si erano gradualmente assestate: il tempio si era abbassato di venti centimetri sui lati occidentale e meridionale; la muratura fatiscente del bastione aveva iniziato a inclinarsi e a cedere. La commissione raccomandò un restauro approfondito. Nikolaos Balanos fu incaricato di dirigere i lavori, che iniziarono nell'ottobre 1935.[15] Il tempio fu completamente smontato, il bastione in parte. Balanos smontò la muratura del periodo classico, così come alcune parti delle mura tardo-elladiche, per raggiungere la roccia. Il lavoro portò alla luce un santuario del primo periodo classico con una testa di tempio. Balanos documentò attentamente lo svolgimento dello scavo. Sulla superficie rocciosa esposta venne gettata una fondazione in calcestruzzo come nuovo supporto per il bastione. Sulla fondazione formata fu ricostruito il naiskos del tempio con pareti in cemento e l'accesso al santuario sotterraneo attraverso un foro nel pavimento del tempio.[16]
Balanos non fece uno studio approfondito prima dei lavori. Risistemò molte parti, ma nuovamente, come nel primo restauro, le collocò nelle posizioni sbagliate e prese in prestito alcune parti da altri edifici. A quanto pare, il restauratore utilizzò deliberatamente parti che non appartenevano originariamente al tempio e al muro del bastione perché voleva usare un marmo esteticamente bello e considerava l'origine del materiale un fattore di minore importanza. Il crepidoma del tempio fu restaurato con una pendenza deliberata per compensare il cedimento del bastione. Uno studio preliminare del monumento avrebbe potuto prevenire questi errori.[17] Balanos inoltre utilizzò tecniche non ammesse nella pratica moderna del restauro: i nuovi blocchi furono uniti ai frammenti originali pur non combaciando e le superfici furono smussate; i nuovi inserti furono invecchiati artificialmente in modo da essere indistinguibili dagli originali; le parti furono fissate l'una all'altra con aste di colla, cemento e malta di calce; per le fondazioni fu utilizzato calcestruzzo armato, approvato dalla Carta di Atene nel 1931, ma oramai vietato nei lavori di restauro; per rinforzare il tempio furono utilizzate staffe e travi di ferro che, a causa della corrosione e dell'allungamento-compressione, danneggiarono gravemente il marmo (le prime crepe apparvero già negli anni cinquanta).[18]
Nel 1939 Balanos si dimise per motivi di salute. Il Tempio di Atena Nike era ormai stato restaurato fino alla trabeazione. Il progetto fu portato a termine da Anastasios Orlandos, il principale critico dei metodi di restauro di Balanos. Egli aveva precedentemente effettuato uno studio approfondito del tempio e del bastione e, durante l'anno di lavoro, corresse molti degli errori commessi da Balanos e Ross: risistemò correttamente alcuni blocchi della cella e dell'architrave, sostituì gli intarsi in calcare con il marmo e restaurò personalmente le colonne e la trabeazione del tempio.[19] Orlandos studiò molto meglio i dati e colse l'occasione per risistemare i blocchi erroneamente installati da Balanos, ma fu in grado di farlo solo nelle parti superiori del tempio. Tuttavia, anche il suo lavoro contiene alcuni errori, probabilmente causati dal desiderio di terminare il restauro il prima possibile a causa dell'avvicinarsi della seconda guerra mondiale.[20] In particolare, il capitello di Pittakis, parzialmente restaurato, fu sostituito da una replica completa e furono aggiunte le scanalature mancanti sulle colonne che non erano state ricreate durante il primo restauro.[21] Il restauro fu completato nel settembre 1940.[15]
Orlandos pubblicò una relazione di restauro intitolata Nouvelles observations sur la construction du temple d'Athèna Nikè nel 1947-1948 nel Bulletin de Correspondance Hellenique. La pubblicazione descriveva dettagliatamente l'edificio e le sue dimensioni. La relazione sintetica di Balanos, redatta nel 1940, fu pubblicata solo nel 1956 sulla rivista Archaiologike Ephemeris.[20] A seguito del restauro, il tempio assunse l'aspetto di una struttura più coerente di quanto non consentisse la quantità degli elementi superstiti. Ciò era dovuto in parte alla scoperta di nuovi blocchi, ma soprattutto alle tecniche di restauro. Orlandos ha usato il termine anapaleosis ("ritorno allo stato antico") per descrivere il suo lavoro. Il lavoro del 1935-1940 è quindi classificato come ricostruzione piuttosto che come restauro.[22]
Restauro 2000-2010
[modifica | modifica wikitesto]Alla fine della seconda guerra mondiale, per trent'anni i lavori sull'Acropoli furono scarsi o nulli a causa delle difficoltà economiche. Nel 1971 l'UNESCO pubblicò una relazione sul degrado dei monumenti, dovuto al crescente inquinamento di Atene e alle crepe nel marmo causate da graffe di ferro. A partire dal 1965 il Servizio archeologico ellenico cercò di porre rimedio alla situazione, ma non disponeva di fondi necessari poiché il Regime dei colonnelli del 1967-1974 condusse la Grecia a una crisi economica. Nel 1975 venne istituito il Comitato per la conservazione dei monumenti dell'Acropoli (ESMA), con il compito di guidare i lavori di restauro e conservazione; il Comitato era composto da specialisti e scienziati nei settori di storia, architettura, ingegneria strutturale e ingegneria chimica e basò le sue attività sui principi della Carta di Venezia. Al fine di preservare i monumenti, l'ESMA organizzò nuovi lavori di restauro. L'Eretteo fu smontato, riparato e ricostruito tra il 1979 e il 1987. In seguito, fu iniziato il restauro del Partenone e dei Propilei. I lavori dovevano essere completati nel 2000, ma le condizioni dei monumenti risultarono peggiori del previsto. Nel 1999, sulla base del Comitato, venne costituito il Servizio di restauro dell'Acropoli (YSMA), con l'incarico di eseguire i lavori di restauro e conservazione.[23]
Nel 1994 Demostene Giraud, architetto e capo della Direzione per il restauro dei monumenti antichi, presentò il suo "Studio di restauro del Tempio di Atena Nike".[24][25] Il progetto fu sostenuto dai partecipanti a una speciale conferenza internazionale e nel 1999 fu approvato dal governo ellenico. Nel corso dei lavori si prevedeva di smontare completamente il tempio, di conservarne gli elementi architettonici, di restaurare il crepidoma (le fondamenta), preservando il naiskos del tempio. In seguito, il tempio doveva essere completamente ricomposto, con la corretta disposizione degli elementi e il recupero della curvatura originale.[26] Nel 1998, le parti originali del fregio della trabeazione sono state asportate e poste presso il Museo dell'Acropoli di Atene.[13] I lavori iniziarono nell'ottobre del 2000; il loro termine era previsto per il 2004, ma fin dall'inizio si scoprì che il monumento aveva subito molti più danni di quanto si pensasse. Dei 319 elementi del tempio, solo le colonne non erano seriamente danneggiate. Con grande difficoltà è stato possibile rimuovere l'intonaco di cemento dei precedenti restauri. Un altro problema era la mancanza di spazio lavorativo sul lato ovest del bastione. Questo problema venne risolto erigendo un'impalcatura lungo tutto il perimetro del santuario.[27]
Il Tempio di Atena Nike venne completamente smontato nel 2002 e la ricostruzione iniziò nel 2004. In questo periodo, tutti gli elementi furono restaurati e venne rimossa la lastra in cemento armato posata sotto il santuario da Balanos.[28] Il sistema di travi in ferro che sosteneva l'angolo nord-est del tempio e la soletta di cemento armato vennero sostituiti con una griglia in acciaio inossidabile appositamente progettata.[29] La ricostruzione ha riscontrato problemi con la cella del tempio. È stato effettuato un attento studio del posizionamento originale di tutti gli elementi, che ha permesso di collocare 22 vecchi blocchi e due nuovi blocchi recentemente scoperti al loro posto; i nuovi inserti sono stati ridotti da 14 a 10 pezzi. Uno studio analogo è stato condotto nel 2007 riguardo alla corretta collocazione dei capitelli delle colonne.[28] I lavori si conclusero nell'estate del 2010, quando i restauratori installarono i blocchi dell'architrave, i cassettoni, le copie del fregio scultoreo, la cornice, la sima e parte del frontone est.[30]
Nel 2011-2012 è stato aperto l'accesso alla cripta sotterranea del santuario, sono stati restaurati quattro blocchi del coronamento della facciata settentrionale del bastione, è stato curato il territorio adiacente dopo lo smontaggio delle impalcature.[13]
Descrizione
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Impianto generale
[modifica | modifica wikitesto]Il tempio è un piccolo edificio anfiprostilo tetrastilo in ordine ionico, impostato su un bastione all'estremità sud-occidentale dell'Acropoli di Atene, con orientamento est-ovest e cella rettangolare aperta a oriente.[4][2] L'edificio si affaccia sul percorso di accesso ai Propilei, in posizione di forte visibilità monumentale.[2]
Struttura e materiali
[modifica | modifica wikitesto]Il tempio è costruito in marmo pentelico con accurata finitura dei membri architettonici e trabeazione ionica continua, secondo il linguaggio formale del programma edilizio di Pericle.[4] La krepis sostiene uno stilobate di dimensioni ridotte; la larghezza dello stilobate è di circa 5,39 m, dato che conferma la scala contenuta del monumento.[31] Sui lati est e ovest si aprono quattro colonne ioniche libere, mentre i fianchi sono privi di peristasi; all'interno la cella era semplice, con accesso frontale e base per la statua di culto.[4]
Fregio e frontoni
[modifica | modifica wikitesto]Sopra l'architrave correva un fregio ionico continuo con programma figurativo differenziato sui quattro lati: a est un'assemblea di dei attorno a Zeus, a sud scene di guerra con la vittoria greca a Maratona (490 a.C.), mentre gli altri lati presentavano combattimenti tra Greci e Persiani o tra Greci.[2]
Dalle poche sopravvivenze dei frontoni si ritiene che il frontone occidentale raffigurasse una gigantomachia e quello orientale un'amazzonomachia.[2] Le poche parti superstiti dei frontoni del tempio sono conservate al Museo dell'Acropoli di Atene; tra i frammenti editi figurano la testa di Atena e una figura maschile dal frontone orientale, oltre a lembi di panneggio.[32][33][34][35]
Al British Museum di Londra sono esposti diversi blocchi del fregio (sud e ovest), fra cui il rilievo del fregio meridionale con Greci e Persiani (inv. 1816,0610.158) e due lastre del fregio occidentale con scontro tra Greci (invv. 1816,0610.160–161), facenti dei cosiddetti marmi di Elgin.[36][37][38]
Parapetto del bastione
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La balaustra o parapetto marmoreo installato intorno al 410 a.C. lungo il pericoloso bordo del bastione, destinato a proteggere i visitatori, era decorato esternamente da rilievi in marmo pantelico con figure di Nikai che conducono tori al sacrificio, recano armi o incoronano trofei, fra cui la celebre Nike del sandalo (o Nike che si scioglie il sandalo).[2][39] Questa e le altre parti superstiti sono conservate presso il vicino Museo dell'Acropoli di Atene.
Bastione e accessi
[modifica | modifica wikitesto]Il bastione su cui sorge il tempio riveste l'antico sperone roccioso dell'accesso occidentale e fu rivestito da un paramento in blocchi squadrati in età classica, con sistemazione degli accessi e del percorso di salita al santuario in rapporto ai Propilei.[40] La posizione sul bastione, all'angolo sud-occidentale dell'Acropoli, definisce il ruolo scenografico e di segnale del tempio lungo la via di ingresso al pianoro sacro.[7]
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Il tempio visto dal basso nel 2016
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Il tempio di Atena Nike nel 1978
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Mark, Mellink e McCredie 1993
- ^ a b c d e f g h i j (EN) The Temple of Athena Nike, su Acropolis Museum. URL consultato il 5 ottobre 2025.
- ^ (EN) Temple of Athena Nike, su Odysseus – Hellenic Ministry of Culture. URL consultato il 5 ottobre 2025.
- ^ a b c d Mark, Mellink e McCredie 1993, p. 72
- ^ a b c (EN) Athena Nike Temple. Parapet. South slab. The “Sandalbinder”, su Acropolis Museum. URL consultato il 5 ottobre 2025.
- ^ (EN) Athena Nike Temple – Parapet (corner slab), su Acropolis Museum. URL consultato il 5 ottobre 2025.
- ^ a b c (EN) Temple of Athena Nike: a Pleiades place resource, su Pleiades, 21 aprile 2024. URL consultato il 5 ottobre 2025.
- ^ (EN) Temple of Athena Nike, su Odysseus – Hellenic Ministry of Culture. URL consultato il 5 ottobre 2025.
- ^ Mark, Mellink e McCredie 1993, pp. 135–137
- ^ (EN) Pausanias, Description of Greece 1.22.4 (CHS Pausanias Reader), su Center for Hellenic Studies – Harvard. URL consultato il 5 ottobre 2025.
- ^ (EN) Temple of Athena Nike, su Acropolis Restoration Service (YSMA). URL consultato il 5 ottobre 2025.
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- ^ De Bree 2010, pp. 48–49
- ^ a b Mark, Mellink e McCredie 1993, p. 1.
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- ^ De Bree 2010, pp. 37-38
- ^ Giraud, Vol. 1a
- ^ Giraud, Vol. 1b
- ^ De Bree 2010, p. 38
- ^ De Bree 2010, pp. 38-39
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- ^ Ioannidou e Lebidaki 2011, p. 42
- ^ Ioannidou e Lebidaki 2011, pp. 43-44
- ^ Peter Schultz, The Akroteria of the Temple of Athena Nike (PDF), in Hesperia, vol. 70, n. 1, 2001, p. 11.
- ^ (EN) Athena Nike Temple. East pediment. Head of Athena, su Acropolis Museum. URL consultato il 6 ottobre 2025.
- ^ (EN) Athena Nike Temple. East pediment. Male figure, su Acropolis Museum. URL consultato il 6 ottobre 2025.
- ^ (EN) Athena Nike Temple. East pediment. Pleats of a statue’s garment, su Acropolis Museum. URL consultato il 6 ottobre 2025.
- ^ (EN) The Temple of Athena Nike, su Acropolis Museum. URL consultato il 6 ottobre 2025.
- ^ (EN) Marble relief from the South Frieze of the Temple of Athena-Nike (1816,0610.158), su British Museum Collection. URL consultato il 6 ottobre 2025.
- ^ (EN) Marble relief from the West Frieze of the Temple of Athena-Nike (1816,0610.160), su British Museum Collection. URL consultato il 6 ottobre 2025.
- ^ (EN) Marble relief from the West Frieze of the Temple of Athena-Nike (1816,0610.161), su British Museum Collection. URL consultato il 6 ottobre 2025.
- ^ (EN) Athena Nike Temple. Parapet. South slab. The “Sandalbinder”, su Acropolis Museum. URL consultato il 5 ottobre 2025.
- ^ Mark, Mellink e McCredie 1993, pp. 69–70
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Emily de Bree, The Interventions on the Temple of Athena Nike. A Study of Restoration Techniques and Guidelines Based on the Interventions on the Temple of Athena Nike on the Athenian Acropolis, Bergen, The University of Bergen, 2010, p. 89.
- (EL) Δημοσθένης Ζιρώ, Μελέτη αποκαταστάσεως του ναου της Αθηνάς Νίκης [Study for the Restoration of the Temple of Athena Nike, Vol. 1a] (PDF), τόμος 1α, Αθήνα, Υπουργείου Πολιτισμού· Επιτροπή Συντηρήσεως Μνημείων Ακροπόλεως, 1994.
- (EL) Δημοσθένης Ζιρώ, Μελέτη αποκαταστάσεως του ναου της Αθηνάς Νίκης [Study for the Restoration of the Temple of Athena Nike, Vol. 1b] (PDF), τόμος 1β, Αθήνα, Υπουργείου Πολιτισμού· Επιτροπή Συντηρήσεως Μνημείων Ακροπόλεως, 1994.
- (EN) Ioannidou M. e Lebidaki E., The Restoration of the Monuments of the Athenian Acropolis (PDF), 2nd edition (updated with the restoration programme of 2011–2013), Athens, Acropolis Restoration Service, 2011.
- (EN) Ira S. Mark, Machteld J. Mellink e James R. McCredie, The Sanctuary of Athena Nike in Athens: Architectural Stages and Chronology, in Hesperia Supplements, vol. 26, The American School of Classical Studies at Athens, 1993, pp. 1–185, JSTOR 1354000.
- (EN) Peter Schultz, The Akroteria of the Temple of Athena Nike (PDF), in Hesperia, vol. 70, n. 1, 2001, pp. 1–30.
Altri progetti
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Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul Tempio di Atena Nike
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Temple of Athena Nike, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- (EN) Tempio di Atena Nike, su Structurae.
- (DE) Tempio di Atena Nike, su Arachne.
- (EN) Temple of Athena Nike. Completed Interventions, su ysma.gr, Acropolis Restoration Service.
- (EN) Temple of Athena Nike, su Museo dell'Acropoli di Atene.
| Controllo di autorità | VIAF (EN) 316594191 · J9U (EN, HE) 987007290558905171 |
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