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Regioni d'Italia

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Italia suddivisa per regioni
Mappa con i colori delle bandiere regionali

Le regioni d'Italia costituiscono il primo livello di suddivisione territoriale della Repubblica Italiana, nonché un ente pubblico dotato di autonomia politica e amministrativa sancita e limitata principalmente dalla Costituzione (art. 114-133). Sono 20, di cui 15 a statuto ordinario e 5 a statuto speciale.

Le regioni sono a loro volta ripartite in enti di area vasta, le province e le città metropolitane, al cui interno rientrano i comuni.

Una prima definizione di quello che in futuro si sarebbe sviluppato nelle regioni italiane si ebbe negli anni immediatamente successivi all'Unità d'Italia. Una delle prime preoccupazioni del neonato Regno d'Italia fu il timore del decentramento visto come anticamera di dissoluzione dello Stato unitario appena costituito. Vi era in quel periodo un'attenzione precipua alla centralizzazione amministrativa e politica.[1]

La Legge 20 marzo 1865, n. 2248 ("Legge Ricasoli") disciplinò gli enti locali in qualità di province, circondari, mandamenti e comuni. Le province, in particolare, si configurarono come "sede di decentramento dell’amministrazione centrale" con a capo il prefetto, un funzionario nominato dal governo per verificare la rispondenza degli atti degli enti locali alle leggi statali. In seguito, il Regio decreto 10 febbraio 1889, n. 5921, la legge 21 maggio 1908 n. 269 e la legge 4 febbraio 1915, n. 148 (chiamati i Testi unici delle leggi comunali e provinciali) garantirono un margine un po' più ampio al decentramento amministrativo.[1]

Nel Regno d'Italia, pertanto, la massima suddivisione amministrativa era la provincia, e le regioni non esistevano come enti territoriali.

I primi precursori delle odierne regioni italiane furono stilati nel 1870 da Pietro Maestri a fini statistici e didattici: egli raggruppò infatti le province in "circoscrizioni territoriali" o "compartimenti", rimpiazzando i precedenti compartimenti che ricalcavano gli stati preunitari; il termine "regione" sarebbe poi apparso come sostituto del termine "compartimento" per la prima volta nell'Annuario statistico italiano del 1912.

Pur se rappresentati sulle cartine dell'epoca, i compartimenti erano divisioni teoriche a cui non corrispondeva alcun organo istituzionale. Le partizioni erano sostanzialmente le regioni attuali, tranne che per l'assenza di Val D'Aosta, Friuli e Molise e la presenza della Venezia Giulia comprendente territori oggi non italiani. I confini regionali invece sono cambiati soprattutto durante le riorganizzazioni di epoca fascista (durante la quale furono soppressi i mandamenti, 1923, ed i circondari, 1927): le differenze più sensibili riguardano i confini del Lazio.[2]

L'Italia introdusse le regioni nel suo ordinamento giuridico con la Costituzione della Repubblica Italiana, entrata in vigore il 1º gennaio 1948, che prevedeva:[3]

«La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni.»
«Le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e funzioni secondo i principî fissati nella Costituzione.»
«Sono costituite le seguenti Regioni:

Piemonte; Valle d'Aosta; Lombardia; Trentino-Alto Adige; Veneto; Friuli-Venezia Giulia; Liguria; Emilia-Romagna; Toscana; Umbria; Marche; Lazio; Abruzzi e Molise; Campania; Puglia; Basilicata; Calabria; Sicilia; Sardegna.»

La prime regioni a essere costituite furono le regioni autonome Sicilia (autonomia speciale della Sicilia) nel 1947, seguita da Sardegna, Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta nel 1948, i cui statuti vennero approvati tutti con legge costituzionale.

Nel 1963 la regione Abruzzi e Molise venne scorporata nelle due regioni Abruzzo e Molise, portando a 20 il numero attuale delle regioni. Inoltre nello stesso anno fu approvato lo statuto speciale della quinta regione autonoma, il Friuli-Venezia Giulia.

Le prime elezioni regionali per gli organi delle regioni a statuto ordinario si tennero nel 1970.

Dati demografici e geografici

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Di seguito si riporta una tabella contenente popolazione,[4] superficie, densità abitativa, capoluogo, numero di comuni[5] e province delle 20 regioni italiane. In corsivo le città metropolitane. Dati aggiornati al 1º gennaio 2024.

Numero Regione Capoluogo Popolazione (ab.) Superficie (km²) Densità (ab./km²) Province e città metropolitane[6] Comuni
1   Abruzzo L'Aquila 1 269 571 10 828,89 117 Chieti, L'Aquila, Pescara, Teramo 305
2   Basilicata Potenza 533 233 10 071,59 53 Matera, Potenza 131
3   Calabria Catanzaro 1 838 568 15 212,65 121 Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria, Vibo Valentia 404
4   Campania Napoli 5 593 906 13 667,85 409 Avellino, Benevento, Caserta, Napoli, Salerno 550
5   Emilia-Romagna Bologna 4 451 938 22 501,82 198 Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Modena, Parma, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini 330
6   Friuli-Venezia Giulia Trieste 1 194 616 7 936,83 151 Gorizia, Pordenone, Trieste, Udine[7] 215
7   Lazio Roma 5 714 745 17 236,49 332 Frosinone, Latina, Rieti, Roma, Viterbo 378
8   Liguria Genova 1 509 140 5 417,71 279 Genova, Imperia, La Spezia, Savona 234
9   Lombardia Milano 10 012 054 23 862,87 420 Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Mantova, Milano, Monza e Brianza, Pavia, Sondrio, Varese 1 502
10   Marche Ancona 1 482 746 9 344,54 159 Ancona, Ascoli Piceno, Fermo, Macerata, Pesaro e Urbino 225
11   Molise Campobasso 289 224 4 459,80 65 Campobasso, Isernia 136
12   Piemonte Torino 4 251 623 25 391,67 167 Alessandria, Asti, Biella, Cuneo, Novara, Torino, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli 1 180
13   Puglia Bari 3 890 661 19 541,03 199 Bari, Barletta-Andria-Trani, Brindisi, Lecce, Foggia, Taranto 257
14   Sardegna Cagliari 1 570 453 24 106,30 65 Cagliari, Gallura Nord-Est Sardegna, Medio Campidano, Nuoro, Ogliastra, Oristano, Sassari, Sulcis Iglesiente 377
15 Sicilia (bandiera) Sicilia Palermo 4 797 359 25 824,33 186 Agrigento, Caltanissetta, Catania, Enna, Messina, Palermo, Ragusa, Siracusa, Trapani[8] 391
16   Toscana Firenze 3 660 530 22 985,01 159 Arezzo, Firenze, Grosseto, Livorno, Lucca, Massa-Carrara, Pisa, Pistoia, Prato, Siena 273
17   Trentino-Alto Adige Trento 1 082 702 13 605,97 80 Bolzano, Trento 282
18   Umbria Perugia 853 068 8 463,97 101 Perugia, Terni 92
19   Valle d'Aosta Aosta 122 877 3 258,61 38 Aosta 74
20   Veneto Venezia 4 852 216 18 351,49 264 Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona, Vicenza 560
Italia (bandiera) Italia Roma 58 971 230 302 069,41 195 110 7 896[9]

Dati politico-istituzionali

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Gli organi politico-istituzionali della regione si rinnovano a seguito delle elezioni regionali in Italia, che di norma si tengono ogni cinque anni. Tali elezioni - dal 1995 normate dalla legge Tatarella sebbene le leggi costituzionali 22 novembre 1999, n. 1 e 18 ottobre 2001, n. 3 abbiano introdotto la possibilità di avere una propria legge elettorale - determinano la composizione del consiglio regionale e prevedono la contestuale elezione del Presidente di Regione, ovvero il capo della giunta regionale.

Quasi tutte le regioni seguono questo modello, eccettuate la Valle d'Aosta (dove il presidente è eletto dal consiglio regionale) e il Trentino-Alto Adige (dove la carica di presidente di regione è ricoperta a rotazione dal Presidente della Provincia di Trento e dal Presidente della Provincia di Bolzano).

Localizzazione Regione Suddivisione amministrativa Capoluogo Bandiera Presidente della giunta regionale Ultima elezione Organi istituzionali[10]
Consiglio regionale Giunta regionale
  Valle d'Aosta Aosta Presidente della Valle d'Aosta

Renzo Testolin
(Union Valdôtaine)
2025 Consiglio regionale della Valle d'Aosta

Palazzo del consiglio
Giunta regionale della Valle d'Aosta

Palazzo della Regione
  Piemonte Torino Presidente del Piemonte

Alberto Cirio
(Forza Italia)
2024 Consiglio regionale del Piemonte

Palazzo Lascaris di Ventimiglia
Giunta regionale del Piemonte

Grattacielo della Regione Piemonte
  Liguria Genova Presidente della Liguria

Marco Bucci
(Indipendente di centro-destra)
2024 Consiglio regionale della Liguria

Via Fieschi, 15
Giunta regionale della Liguria

Palazzo della Regione Liguria
  Lombardia Milano Presidente della Lombardia

Attilio Fontana
(Lega)
2023 Consiglio regionale della Lombardia

Grattacielo Pirelli
Giunta regionale della Lombardia

Palazzo Lombardia
  Trentino-Alto Adige Trento Presidente del Trentino-Alto Adige

Arno Kompatscher
(SVP)
2023 Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige e Giunta regionale del Trentino-Alto Adige

Palazzo della Regione Autonoma Trentino-Alto Adige[11]
  Veneto Venezia Presidente del Veneto

Alberto Stefani
(Lega)(eletto)
2025 Consiglio regionale del Veneto

Palazzo Ferro Fini
Giunta regionale del Veneto

Palazzo Balbi
  Friuli-Venezia Giulia Trieste Presidente del Friuli-Venezia Giulia

Massimiliano Fedriga
(Lega)
2023 Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia

Ex "Casa del lavoro", piazza Oberdan
Giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia

Palazzo del Lloyd Triestino
  Emilia-Romagna Città metropolitana di Bologna[12] Emilia-Romagna (bandiera) Presidente dell'Emilia-Romagna

Michele De Pascale
(Partito Democratico)
2024 Assemblea legislativa dell'Emilia-Romagna e Giunta regionale dell'Emilia-Romagna

Palazzo della Regione, Fiera di Bologna
  Toscana Firenze Presidente della Toscana

Eugenio Giani
(Partito Democratico)
2025 Consiglio regionale della Toscana

Palazzo Panciatichi
Giunta regionale della Toscana

Palazzo Strozzi di Mantova
  Marche Ancona Presidente delle Marche

Francesco Acquaroli
(Fratelli d’Italia)
2025 Consiglio regionale delle Marche

Palazzo delle Marche
Giunta regionale delle Marche

Palazzo Raffaello
  Umbria Perugia Presidente dell'Umbria

Stefania Proietti
(Indipendente di centro-sinistra)
2024 Assemblea legislativa dell'Umbria

Palazzo Cesaroni
Giunta regionale dell'Umbria

Palazzo Donini
  Lazio Roma Presidente del Lazio

Francesco Rocca
(Indipendente di destra)
2023 Consiglio regionale del Lazio e Giunta regionale del Lazio

Palazzo della Regione Lazio
  Abruzzo L'Aquila Presidente dell'Abruzzo

Marco Marsilio
(Fratelli d'Italia)
2024 Consiglio regionale dell'Abruzzo

Palazzo dell'Emiciclo[13]
Giunta regionale dell'Abruzzo

Palazzo Silone[13]
  Molise Campobasso Presidente del Molise

Francesco Roberti
(Forza Italia)
2023 Consiglio regionale del Molise

Palazzo D'Aimmo
Giunta regionale del Molise

Palazzo Vitale
  Campania Napoli Presidente della Campania

Roberto Fico
(Movimento 5 Stelle)(eletto)
2025 Consiglio regionale della Campania

Torre del Consiglio regionale della Campania
Giunta regionale della Campania

Palazzo Santa Lucia
  Puglia Bari Presidente della Puglia

Antonio Decaro
(Partito Democratico)(eletto)
2025 Consiglio regionale della Puglia

Palazzo del consiglio
Giunta regionale della Puglia

Palazzo della Regione
  Basilicata Potenza Presidente della Basilicata

Vito Bardi
(Forza Italia)
2024 Consiglio regionale della Basilicata e Giunta regionale della Basilicata

Palazzo della Regione
  Calabria Catanzaro Presidente della Calabria

Roberto Occhiuto
(Forza Italia)
2025 Consiglio regionale della Calabria

Palazzo Campanella a Reggio Calabria
Giunta regionale della Calabria

Cittadella regionale "Jole Santelli" a Catanzaro
Sicilia (bandiera) Sicilia Palermo Presidente della Regione siciliana

Renato Schifani
(Forza Italia)
2022 Assemblea regionale siciliana

Palazzo dei Normanni
Giunta regionale della Sicilia

Palazzo d'Orléans
  Sardegna Cagliari Presidente della Regione Autonoma della Sardegna

Alessandra Todde
(Movimento 5 Stelle)
2024 Consiglio regionale della Sardegna

Palazzo del Consiglio regionale della Sardegna
Giunta regionale della Sardegna

Palazzo della giunta

Le leggi elettorali regionali

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Le revisioni costituzionali del 1999 e del 2001 diedero alle singole Regioni la possibilità di varare una propria normativa elettorale.

La legge regionale 2 aprile 2013, n. 9 ha inserito nello statuto della regione Abruzzo le seguenti disposizioni: sbarramento al 4% sia per le liste non coalizzate che per le coalizioni, divieto di voto disgiunto, rappresentanza per sesso non inferiore al 40% all'interno delle liste. I 31 consiglieri sono così suddivisi: il presidente della Giunta, il primo dei candidati presidente non eletto, 8 consiglieri per la provincia di Chieti e 7 ciascuno per le province di L'Aquila, Pescara, Teramo.

La regione si è dotata di una propria norma, ovvero la legge regionale 27 marzo 2009, n. 4 che ha pure introdotto la doppia preferenza di genere, la disposizione legislativa locale è stata poi modificata in vista delle elezioni del 2015 abolendo il listino e stabilendo al suo posto una percentuale fissa del 60% dei seggi per la coalizione di maggioranza.[14]

La Calabria ha emanato la legge regionale 7 febbraio 2005, n. 1 che - fermo restando il quadro generale del Tatarellum - ha introdotto una soglia di sbarramento unica al 4% per accedere alla ripartizione dei seggi in sede circoscrizionale. Tale disposizione annulla quella originaria della legge del 1995, facilmente aggirabile dalle liste riunendosi in coalizione. Nel 2010 è stata ulteriormente modificata la legge regionale abolendo il listino, sostituendolo con la distribuzione in ambito provinciale dei consiglieri del premio di maggioranza.

La riforma è stata modificata il 3 giugno 2014 quando, in occasione della delibera di riduzione del numero dei seggi, il consiglio ha approvato le seguenti varianti alla legge elettorale: l'abolizione dei collegi provinciali di Crotone e Vibo Valentia aggregati a Catanzaro, la riesumazione di un listino legato al presidente con sei candidati, l'abolizione del voto disgiunto, una soglia di sbarramento unica del 4% per le singole liste. Le modifiche sono state impugnate dal Governo per presunte violazioni della Costituzione. L’accordo è stato trovato con le modifiche dell'11 settembre: introdotta una soglia di sbarramento all'8% per le coalizioni, il premio di maggioranza viene calcolato in un collegio regionale virtuale e quindi distribuito fra le liste interprovinciali.

Emilia-Romagna

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In Emilia-Romagna una nuova legge elettorale, la legge regionale 23 luglio 2014, n. 21, è stata approvata dall'Assemblea legislativa nel luglio 2014, abolendo il listino bloccato[15][16]. Le prime elezioni regolate da questa legge sono state le elezioni regionali del 2014.

L'elettore può esprimere uno o due voti di preferenza per i candidati della lista prescelta; nel caso dell'espressione di due preferenze, queste devono riguardare candidati di sesso distinto secondo la "preferenza di genere" (pena l'annullamento della seconda preferenza). Per quanto riguarda l'elezione dei consiglieri, la legge garantisce in ogni caso almeno 27 seggi alle liste che sostengono il presidente eletto (premio di maggioranza), ottenendo effetti del tutto simili a quelli del listino ma agendo sulle liste provinciali. I primi 40 seggi vengono distribuiti con metodo proporzionale. Un seggio è poi attribuito al candidato presidente arrivato secondo. I restanti 9 seggi sono assegnati tramite metodo maggioritario alle liste che appoggiano il presidente eletto nel caso queste liste abbiano ottenuto meno di 25 seggi con la procedura precedente, altrimenti il "premio" sarà di soli 4 seggi. Se, al termine di queste assegnazioni, le liste di maggioranza non avessero ottenuto almeno 27 seggi, questi verranno garantiti togliendo alcuni fra i seggi già attribuiti alle liste di opposizione.[17]

Friuli-Venezia Giulia

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Essendo il Friuli-Venezia Giulia una regione a statuto speciale, il Consiglio regionale, dopo l'entrata in vigore della legge costituzionale del 2001, votò l'11 marzo 2002 una legge regionale elettorale che manteneva l'elezione indiretta del Presidente della Regione, ma la legge venne bocciata da referendum popolare e perciò non entrò mai in vigore. Pertanto le elezioni del 2003 si tennero in base alla norma transitoria contenuta nella legge costituzionale del 2001. La legge regionale elettorale successiva - la legge 18 giugno 2007, n. 17 - che adottò l'elezione diretta del Presidente e un sistema di tipo maggioritario per il Consiglio con un premio di maggioranza a favore delle liste che prima delle elezioni dichiarano di appoggiare il Presidente eletto.

La legge regionale 3 novembre 2017, n. 10 ha abolito il listino, stabilendo che il premio di maggioranza di un quinto dei seggi sia assegnato in una seconda suddivisione proporzionale limitata tuttavia ai soli partiti collegati al presidente eletto. Il premio può portare tuttavia la maggioranza solo fino a 30 seggi complessivi, oltre i quali si distribuiscono i restanti scranni alle minoranze. Non essendo più previsti seggi supplementari, al presidente non è più garantita la maggioranza in caso di elezione con un basso numero di voti. Sono state introdotte le quote rosa e la rappresentanza obbligatoria di tutte le province. Viene sancita l'ineleggibilità dei sindaci delle città e dei presidenti delle province, oltre al limite di due mandati presidenziali.[18]

La Liguria costituisce l'unico caso di variazione implicita della legge elettorale, insieme alla Basilicata. Pur non avendo infatti formalmente modificato il Tatarellum, in occasione delle elezioni del 2015 la ridefinizione per diminuzione del numero dei seggi ha comportato il blocco della norma che garantiva in ogni caso la maggioranza al Presidente mediante l'eventuale crescita della numerosità dell'assise.

Dopo quasi vent'anni di applicazione integrale della normativa nazionale, la Lombardia è intervenuta con la propria legge regionale 31 ottobre 2012, n. 17[19] in funzione del voto anticipato resosi necessario per il 2013. La normativa posta in essere ha carattere prioritario: le disposizioni della legislazione nazionale restano in vigore solo in quanto non incompatibili con quelle regionali. L'esplicita finalità della riforma è stata quella di assegnare il premio di maggioranza tramite un percorso diverso dal listino regionale bloccato, riportando nelle mani degli elettori, tramite il voto di preferenza, l'individuazione di tutti i consiglieri eletti: il risultato è stato un meccanismo molto simile a quello che regola la ripartizione dei seggi nelle elezioni comunali e provinciali.

Tutti i principali esiti del voto sortiscono ora dal collegio unico regionale, che diviene l'ambito in cui integralmente si determina l'esito politico del voto, mentre alle circoscrizioni provinciali è attribuita solamente la funzione di scegliere i candidati vincenti all'interno di ciascun partito. Rispettando i premi di maggioranza del Tatarellum, ma tenendo conto della natura aggiuntiva ora assunta dal seggio coperto dal Presidente della Regione, la coalizione vincente consegue automaticamente 45 seggi complessivi[20] se il Presidente vince con meno del 40% dei voti, o almeno 49 seggi se il Presidente supera tale soglia,[21] mai però andando oltre i 57 seggi, oltre i quali scatta una clausola di salvaguardia delle minoranze.[22] Rispettando i paletti appena esposti, e ricordando le piccole soglie di sbarramento del Tatarellum,[23] i seggi fra le liste sono suddivisi col metodo D'Hondt delle migliori medie, tenendo presente che i partiti di maggioranza sono qui considerati come un blocco unico, mentre quelli di minoranza sono presi singolarmente; la ripartitizione fra le forze vincenti avviene solo successivamente, utilizzando invece il metodo dei più alti resti con quoziente Droop. Essendosi quindi già deciso l'esito delle elezioni, si distribuiscono ora i seggi vinti da ciascun partito all'interno delle circoscrizioni provinciali secondo i principi che nel Tatarellum regolavano l'assegnazione dei resti, tenendo presente che nessuna provincia può rimanere senza rappresentanza, e che al candidato giunto secondo nella corsa alla presidenza è attribuito il peggior seggio della sua coalizione.[24]

La legge regionale 20 febbraio 2015, n. 5 ha abolito il listino, sostituendolo con un premio di maggioranza alle liste che è tuttavia concepito in natura decrescente: per ottenere il massimo dei tre quinti dell'assise è necessario superare i due quinti dei suffragi, mentre al di sotto del 34% dei voti non esiste addirittura più premio, non garantendo quindi più la governabilità della Regione. Il voto disgiunto è stato abolito.

La legge regionale 5 dicembre 2017, n. 20 ha così modificato il Tatarellum: collegio unico regionale per l'elezione dei 21 consiglieri (tra cui il presidente e il primo candidato presidente perdente), abolizione del voto disgiunto, sbarramento al 3% per le liste all'interno di una coalizione e al 10% per le liste non coalizzate, premio di maggioranza tra 12 e 14 consiglieri alla coalizione più votata, presenza massima nelle liste del 60% di un sesso rispetto all'altro, con possibilità della doppia preferenza di genere.

L'8 luglio 2023, dopo ripetuti tentativi nel corso degli anni, il Piemonte ha approvato la propria legge elettorale regionale.[25] La legge mantiene il presidenzialismo e adotta un sistema elettorale misto (40 seggi proporzionali e 10 con listino maggioritario del presidente), che tuttavia prevede dei correttivi che garantiscono al presidente eletto di disporre sempre della maggioranza in consiglio regionale, e garantisce un minimo di seggi all'opposizione. In particolare prevede:

  • Che alle liste collegate al Presidente che abbia raccolto meno del 45% dei voti siano garantiti almeno il 55% dei seggi;
  • Che alle liste collegate al Presidente che abbia raccolto tra il 45% e il 60% dei voti siano garantiti almeno il 60% dei seggi;
  • Che alle liste collegate al Presidente che abbia raccolto più del 60% dei voti siano garantiti almeno il 64% dei seggi;
  • Che almeno il 40% dei seggi siano garantiti alle liste di minoranza se il presidente è stato eletto con meno del 60% dei voti;
  • Che almeno il 36% dei seggi siano garantiti alle liste di minoranza se il presidente è stato eletto con più del 60% dei voti.
  • Che il numero di seggi trasferiti dalla maggioranza all'opposizione non possano mai essere più di 5.

La legge stabilisce inoltre un meccanismo di consiglieri "panchinari", che prendono il posto dei consiglieri che diventano assessori (i quali vengono sospesi dal consiglio).

La Puglia ha emanato la legge regionale 9 febbraio 2005, n. 2 che ha abrogato il listino regionale bloccato, sostituendolo con un premio di maggioranza da calcolarsi solo fra le liste vincitrici e all'interno del collegio unico regionale. Tali scranni sono ripartiti col metodo Hare, non prima però di aver riservato un seggio al presidente eletto; i posti così generati sono riportati poi a livello circoscrizionale con la stessa procedura prevista per il recupero dei resti dalla legge del 1968. La normativa pugliese ha anche disposto l'introduzione di una soglia di sbarramento unica al 4% a partire dalle elezioni regionali del 2010.

Nuovi cambiamenti sono stati introdotti dalla legge regionale nº7 del 10 marzo 2015 la quale, oltre ad un diverso percorso tecnico per l'allocazione dei seggi a livello provinciale, ha innalzato all'8% la soglia di sbarramento per i partiti autonomi, e ha leggermente modificato l'ampiezza del premio di maggioranza a seconda dei voti acquisiti.

Secondo la legge statutaria del 12 novembre 2013, n. 1 i partiti si riuniscono in coalizioni collegate ad un candidato presidente. Il premio di maggioranza è del 55% se la vittoria è inferiore ai due quinti dei votanti, e del 60% se maggiore. Nessun premio di maggioranza viene però assegnato se il presidente è eletto con meno del 25%. La soglia di sbarramento è al 10% per le coalizioni, e al 5% per i partiti che non raggiungono la precedente condizione. La suddivisione fra i partiti avviene col metodo Hare, preservando un seggio per il presidente e uno per il suo principale sfidante. Ci sono norme per la rappresentanza di genere.

La legge costituzionale nº2 del 2001 dispose l'uso del Tatarellum in Sicilia in via transitoria e solo per le elezioni dello stesso anno, sospendendo la locale normativa datata 1951.

L'assemblea regionale siciliana intervenne comunque con propria legge (l.r. 3 giugno 2005, n. 7)[26], che operò sul resuscitato quadro proporzionalista del 1951, avvicinandolo al modello nazionale ma discostandosene sostanzialmente in più punti. Sono ora solo 80 su 90 i seggi regolamentati dalla vecchia normativa proporzionale, che aveva la particolarità di operare solamente nei collegi a livello provinciale, anche per il recupero dei resti generati dal metodo Hare, mentre la significativa novità è l'introduzione di uno sbarramento unico settato al 5% a partire dalle elezioni del 2006. Riservato uno scranno per il capo dell'opposizione (il candidato a presidente non eletto più votato), il listino regionale copre un decimo dei seggi assembleari, e viene utilizzato solo se non raggiunge il 54% dei voti, e fino alla concorrenza di una maggioranza parlamentare pari ai tre quinti degli eletti, in quel caso distribuendo il resto alle opposizioni. Si noti come, stante il vincolo statutario sull'ampiezza dell'assemblea, non è garantita al presidente eletto la formazione di una propria stabile maggioranza: se i seggi proporzionali e maggioritari conseguiti dalle sue forze politiche non bastano, deve rassegnarsi a guidare un governo di minoranza. L'intero impianto fu sottoposto a un referendum che diede esito positivo.

La Toscana ha operato una totale revisione della normativa in materia, emanando la legge regionale 13 maggio 2004, n. 25. Tale legge, pur mantenendo le finalità politiche presidenzialiste e maggioritarie della legge Tatarella, introdusse un meccanismo di candidati regionali e provinciali, alza al 45% la soglia di voti necessari per ottenere il 60% dei seggi (nel caso il 45% non sia raggiunto i seggi assegnati sono il 55%), introduce una soglia di garanzia delle minoranze che non possono scendere sotto il 35% degli scranni anche se ricevono meno voti, blocca le liste abolendo il voto di preferenza. I seggi vengono assegnati col metodo D'Hont a livello regionale e poi distribuiti ai vari partiti nei listini provinciali. Per le elezioni del 2005 la legge prevedeva uno sbarramento del 2% per le forze coalizzate e del 4% per le liste che correvano da sole, dalle elezioni del 2010 si applica uno sbarramento al 4% per tutte le liste.

Tale normativa fu lo spunto su cui venne congegnata poi la Legge Calderoli che normò le elezioni nazionali a partire dal 2006:[27] cancellata quest'ultima a livello nazionale, la maggioranza di centro-sinistra alla guida della Regione si trovò per coerenza nella necessità di cambiare anche la legge elettorale locale. La legge regionale 26 settembre 2014, n. 51 ha introdotto, caso unico in Italia, l'eventualità del ballottaggio qualora nessun candidato alla presidenza raggiunga i due quinti dei suffragi. Viene reintrodotto il voto di preferenza, con doppia scelta di genere, salvo la possibilità per ogni coalizione di indicare tre candidati regionali comunque eletti. La soglia di sbarramento è stata portata al 3% per i partiti coalizzati e al 5% per quelli autonomi. Il premio di maggioranza è di 24 seggi per chi superi i nove ventesimi dei voti, o di 23 seggi negli altri casi. Per il Presidente è stato creato un seggio aggiuntivo.

L'Umbria è intervenuta in materia tramite la legge regionale 23 febbraio 2015 n. 4, tramite la quale è stato abolito il listino, stabilendo la percentuale fissa del 60% dei seggi per la coalizione di maggioranza. La riforma ha anche introdotto la doppia preferenza di genere ed il collegio unico regionale, e abolito il voto disgiunto.[28]

Il Veneto ha emanato la legge regionale 16 gennaio 2012, n. 5, sostituendo il listino a favore di una premio di maggioranza variabile alle liste provinciali vincitrici, che ottengono da un minimo dei 55% ad un massimo del 60% dei seggi a seconda dei voti ricevuti.

Dati economici

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Fonte:Istat[29][30]

Prodotto interno lordo

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La tabella sottostante riporta il PIL in milioni di euro e il PIL pro-capite delle regioni italiane nel 2022 secondo i dati territoriali ISTAT:[31]

Regione o macroregione PIL totale (mln€) PIL pro-capite (€) PIL pro-capite (ITA=100) PIL Pro capite (macroregione = 100)
Nord-ovest 648 290 40 900 123,9 -
Piemonte 146 220 34 400 104,2 84,1
Valle d'Aosta 5 380 43 700 132,4 106,8
Liguria 54 000 35 800 108,5 87,5
Lombardia 442 690 44 400 134,5 108,6
Nord-est 454 140 39 300 119,1 -
Alto Adige 29 103 54 500 165,2 138,7
Trentino 24 007 44 200 133,9 112,5
Veneto 180 440 37 200 112,7 94,7
Friuli-Venezia Giulia 43 012 36 000 109,1 91,6
Emilia-Romagna 177 578 40 000 121,2 101,8
Centro 413 327 35 100 106,4 -
Toscana 128 583 35 100 106,4 100
Umbria 26 388 28 200 85,5 80,3
Marche 45 743 30 800 93,3 87,7
Lazio 212 613 37 200 112,7 106,0
Sud e isole 429 400 21 700 65,8 -
Abruzzo 34 365 27 000 81,8 124,4
Molise 7 123 22 500 68,2 103,7
Campania 118 730 21 200 64,2 97,7
Puglia 84 365 21 600 65,5 99,5
Basilicata 14 950 27 800 84,2 128,1
Calabria 35 815 19 400 58,8 89,4
Sicilia 96 663 20 100 60,9 92,6
Sardegna 37 387 23 700 71,8 109,2
Italia 1 945 155 33 000 100 100

Il documento pubblicato dall'agenzia Eurostat offre un'analisi più estesa della situazione economica delle regioni italiane confrontandole anche con le rispettive regioni. In termini di PIL totale la Lombardia è in testa seguita da Lazio e Veneto, rispettivamente in seconda e terza posizione. L'Alto Adige capeggia la classifica del PIL pro capite.

Il Centro segue con dati importanti per il Lazio e la Toscana e superiori o inferiori alla media italiana per i restanti territori.

Il Sud chiude la classifica con dati inferiori alla media nazionale in termini sia di PIL sia di PIL pro capite.

Indice di sviluppo umano

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Lo stesso argomento in dettaglio: Regioni italiane per indice di sviluppo umano.
  1. ^ a b istat-struttura, pag. 14.
  2. ^ istat-struttura, pag. 52.
  3. ^ Verranno modificati dalla legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n. 3, "Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione".
  4. ^ ISTAT popolazione 1 gennaio 2024, su demo.istat.it.
  5. ^ Istituto nazionale di statistica, CODICI STATISTICI DELLE UNITÀ AMMINISTRATIVE TERRITORIALI: COMUNI, CITTÀ METROPOLITANE, PROVINCE E REGIONI (XLS), su istat.it.
  6. ^ In corsivo.
  7. ^ Annuario Statistico italiano 2021 (PDF), Roma, Istituto nazionale di statistica, 2021, p. 5.
  8. ^ La regione Sicilia ha sostituito le soppresse province con liberi consorzi comunali; cfr. Bernardo Iovene, Le province: questi fantasmi!, su rai.it.
  9. ^ Governo italiano - Ministero dell'Interno - Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, ELENCO CODICI DEI COMUNI ITALIANI, su dait.interno.gov.it. URL consultato il 23 settembre 2023 (archiviato dall'url originale il 5 luglio 2023).
  10. ^ Tutti con sede nel rispettivo capoluogo regionale, tranne ove diversamente indicato.
  11. ^ Il Consiglio regionale si riunisce, alternatamente, non solo a Trento ma anche a Bolzano.
  12. ^ Art. 1, comma 3, dello Statuto della Regione Emilia-Romagna Archiviato il 14 novembre 2012 in Internet Archive.
  13. ^ a b Il Consiglio e la Giunta regionale hanno sede e si riuniscono anche a Pescara, e gli assessorati regionali sono dislocati in entrambe le città.
  14. ^ Copia archiviata, su consiglio.regione.campania.it. URL consultato il 4 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 14 giugno 2015).
  15. ^ Approvata la nuova legge elettorale dell'Emilia-Romagna. Fonte: portale istituzionale E-R. Archiviato il 16 ottobre 2014 in Internet Archive.
  16. ^ LEGGE REGIONALE 23 luglio 2014, n. 21 sul sito della Regione Emilia-Romagna
  17. ^ Tali seggi aggiuntivi vengono tolti alle liste circoscrizionali non collegate al candidato alla carica di Presidente eletto, LEGGE REGIONALE 23 luglio 2014, n. 21, Art. 13, Comma 2, lettera f.
  18. ^ Consiglio del Lazio, su consiglio.regione.lazio.it.
  19. ^ Consiglio Regionale della Lombardia, su consiglionline.lombardia.it. URL consultato il 6 febbraio 2013 (archiviato dall'url originale il 14 gennaio 2013).
  20. ^ Rispettando il premio del 55% previsto in tal caso dal Tatarellum, ma partendo solo dai 79 seggi attribuiti ai partiti e arrotondando il tutto per eccesso, si ottengono 44 seggi ai partiti vincenti più 1 al presidente.
  21. ^ In tal caso si rispetta la soglia del 60% dei seggi prevista dal Mattarellum, fermi restanti i principi di cui sopra.
  22. ^ Questa regola che pone ai vincitori un tetto del 70% dei seggi, sempre calcolati sui principi di cui sopra, non è prevista dal Tatarellum, ma è ripresa da altre normative locali, come quella per l'elezione del Consiglio Provinciale del Trentino.
  23. ^ Soglie pari al 5% dei voti per le coalizioni, fermo restando che tutti i partiti con più del 3% accedono comunque al riparto.
  24. ^ Il principio è uguale a quello che nella legislazione comunale attribuisce un seggio della propria coalizione al candidato sindaco perdente.
  25. ^ Piemonte, approvata la nuova legge elettorale - Consiglio Regionale - Ansa.it, su Agenzia ANSA, 7 luglio 2023. URL consultato l'8 giugno 2024.
  26. ^ regione.sicilia.it, http://www.regione.sicilia.it/presidenza/contrstrat/attuazione/Leggi%20regionali/03-06-05%20n.%207.htm.
  27. ^ Calderoli: «C'è accordo sulla legge elettorale», in Corriere della Sera, 27 settembre 2005.
  28. ^ Copia archiviata, su consiglio.regione.umbria.it. URL consultato il 3 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 19 aprile 2015).
  29. ^ Prodotto interno lordo lato produzione - Istat, su esploradati.istat.it.
  30. ^ Conti economici territoriali - Istat, su istat.it.
  31. ^ Conti economici territoriali - Anni 2020-2022, su istat.it, Istituto nazionale di statistica.

Voci correlate

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Altri progetti

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