Vai al contenuto

Infiltrazione fredda

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
I vermi tubicoli (Lamellibrachia luymesi) sono tra le specie dominanti in uno dei quattro tipi di comunità delle infiltrazioni fredde del Golfo del Messico.

Una infiltrazione fredda (spesso indicata in letteratura scientifica con i nomi inglesi cold seep o cold vent) è un'area del fondale marino dove avviene l'infiltrazione di fluidi ricchi di acido solfidrico, metano e altri idrocarburi, spesso formando un lago sottomarino. Il termine fredda non significa che la temperatura dell'infiltrazione sia più bassa dell'acqua marina circostante; al contrario, la sua temperatura è spesso leggermente superiore[1] Questa terminologia è relativa alla temperatura molto più alta (almeno 60 °C) delle sorgenti idrotermali. Le infiltrazioni fredde costituiscono un bioma nel quale si trovano numerose specie endemiche.

Le infiltrazioni fredde sviluppano nel tempo una topografia unica, in cui le reazioni tra metano e acqua di mare creano formazioni rocciose costituite da carbonati, reazioni che possono anche essere dovute all'attività batterica. L'ikaite, un carbonato di calcio idrato, può essere associata all'ossidazione del metano nelle infiltrazioni fredde.

Questi crateri indicano la formazione di laghi sottomarini, dai quali il sale si è infiltrato attraverso il fondale marino e ha incrostato il substrato vicino.

I tipi di infiltrazione fredda possono essere distinti in base alla profondità, come shallow cold seeps e deep cold seeps[2]. Le infiltrazioni fredde possono anche essere distinte in dettaglio, come segue:

Formazione e successione ecologica

[modifica | modifica wikitesto]

Le infiltrazioni fredde si verificano su fessure del fondo marino causate dall'attività tettonica. Il petrolio e il metano “filtrano” da queste fessure, vengono dispersi dai sedimenti ed emergono in un'area larga diverse centinaia di metri[3].

Il metano (CH4) è il componente principale del gas naturale[3]; oltre ad essere un'importante fonte di energia per l'uomo, il metano costituisce anche la base dell'ecosistema delle infiltrazioni fredde[3]. I biomi dei cold seep al di sotto dei 200 m mostrano tipicamente una specializzazione sistematica e una dipendenza dalla chemiotrofia molto maggiore rispetto a quelli della piattaforma continentale[4]. I sedimenti delle infiltrazioni fredde profonde sono altamente eterogenei[4]. Essi sostengono diversi processi geochimici e microbici che si traducono in un complesso mosaico di habitat abitati da una varietà di fauna specializzata sia eterotrofa che associata a simbionti[4].

Comunità chemosintetiche

[modifica | modifica wikitesto]
Biofilm di batteri solfo ossidanti Beggiatoa spp. presso un'infiltrazione fredda a Blake Ridge, al largo della Carolina del sud. I punti rossi sono laser a distanza fissa impiegati per la misurazione degli oggetti ripresi.

La ricerca biologica nei cold seeps e nelle bocche idrotermali si è concentrata soprattutto sulla microbiologia e sui macroinvertebrati che vivono grazie ai microrganismi chemiosintetici.[2] Un numero molto inferiore di ricerche è stato condotto sulla frazione bentonica di dimensioni minori come la meiofauna (<1 mm)[2].

I primi organismi a sfruttare questa risorsa energetica del mare profondo sono stati i batteri[3] i quali aggregandosi in biofilm presso le sorgenti fredde e metabolizzano il metano e l'idrogeno solforato (un altro gas emesso dalle sorgenti) per ricavarne energia[3]. Questo processo di produzione di energia da sostanze chimiche è noto come chemiosintesi[3].

Un banco di bivalvi ai margini di un lago sottomarino

Durante questa fase iniziale, quando il metano è relativamente abbondante, si formano anche densi banchi di molluschi bivalvi vicino all'infiltrazione fredda[3] composti per lo più da specie del genere Bathymodiolus. Questi molluschi non consumano direttamente cibo[3] ma sono invece nutriti da batteri simbiotici che producono energia dal metano, similmente ai microrganismi che formano i biofilm[3]. I bivalvi chemiosintetici sono costituenti importanti della fauna dei cold vent e sono rappresentati in questo ambiente da cinque famiglie: Solemyidae, Lucinidae, Vesicomyidae, Thyasiridae e Mytilidae[5].

L'attività microbica produce carbonato di calcio, che si deposita sul fondale marino e forma degli strati rocciosi[3] che, durante un periodo che può durare fino a diversi decenni, attraggono vermi tubicoli della famiglia Siboglinidae, che si insediano e crescono insieme ai bivalvi[3]. Come i bivalvi, i vermi si affidano a batteri chemiosintetici (in questo caso di specie che necessitano di idrogeno solforato invece che metano) per sopravvivere[3]. Come in ogni relazione simbiotica, anche i vermi siboglinidi provvedono al sostentamento dei loro batteri, sottraendo all'ambiente l'idrogeno solforato[3]. Il solfuro non proviene solo dall'acqua, ma viene anche estratto dal sedimento attraverso un esteso sistema di "radici" che ogni gruppo di vermi tubicoli stabilisce nel substrato duro di carbonato[3]. Un gruppo di vermi siboglinidi può contenere centinaia di individui, che possono elevarsi di un metro o più al di sopra del sedimento[3].

Le infiltrazioni fredde non durano all'infinito. Quando il tasso di infiltrazione del gas diminuisce lentamente, i bivalvi avidi di metano (o più precisamente i loro simbionti batterici), che hanno vita più breve, iniziano a morire[3]. In questa fase, i siboglinidi diventano gli organismi dominanti della comunità[3]. Finché c'è una minima quantità di solfuro nel sedimento i vermi tubicoli possono continuare a sopravvivere[3]. Si stima che gli individui di una specie di siboglinidi (Lamellibrachia luymesi) possano vivere per oltre 250 anni in tali condizioni[3].

Anche le "radici" dei vermi tubicoli forniscono idrogeno solforato dai sedimenti ai batteri presenti all'interno dei vermi.
Verme tubicolo Lamellibrachia luymesi da una sorgente fredda a 550 m di profondità nel Golfo del Messico. Nei sedimenti intorno alla base si trovano biofilm batterici arancioni di batteri solfuro-ossidanti Beggiatoa spp. e gusci vuoti di vari molluschi bivalvi e gasteropodi, anch'essi abitanti comuni delle infiltrazioni[6].
Vermi tubicoli, coralli molli e bivalvi chemiosintetici in una sorgente situata a 3000 m di profondità presso la scarpata continentale della Florida. Un pesce osseo Zoarcidae, un crostaceo Galatheidae e un gamberetto Alvinocarididae si nutrono dei molluschi danneggiati durante l'operazione di campionamento.

Il filtro bentonico

[modifica | modifica wikitesto]

Gli organismi che vivono nelle pozze fredde hanno un grande impatto sul ciclo del carbonio e sul clima. Gli organismi chemiosintetici, in particolare gli organismi metanogeni (che consumano metano), impediscono al metano che risale dal fondale marino di essere rilasciato nell'acqua sovrastante. Poiché il metano è un potente gas serra, il suo rilascio potrebbe causare il riscaldamento globale quando i giacimenti di idrati di gas si destabilizzano[7]. Il consumo di metano da parte degli organismi aerobici e anaerobici del fondo marino è chiamato "filtro bentonico"[8]. La prima parte di questo filtro è costituita dai batteri e dagli archei anaerobi che si trovano sotto il fondo marino e che consumano il metano attraverso l'ossidazione anaerobica del metano (AOM)[8]. Se il flusso di metano che attraversa il sedimento è troppo elevato e i batteri e gli archei anaerobi già ne consumano la quantità massima possibile, il metano in eccesso viene utilizzato da batteri aerobi liberi o simbiotici che si trovano al di sopra del sedimento sul fondo del mare. I batteri simbionti sono stati trovati in organismi come i vermi siboglinidi e i bivalvi che vivono nelle sorgenti fredde; questi organismi forniscono ossigeno ai batteri aerobici mentre i batteri forniscono l'energia che ottengono dal consumo di metano. La comprensione dell'efficienza del filtro bentonico può aiutare a prevedere la quantità di metano che fuoriesce dal fondale marino in corrispondenza delle infiltrazioni fredde, che passa nella colonna d'acqua e infine nell'atmosfera. Gli studi hanno dimostrato che il 50-90% del metano viene consumato nelle sorgenti fredde con biofilm batterici. Le aree con letti di bivalvi lasciano fuoriuscire meno del 15% del metano[7]. L'efficienza è determinata da una serie di fattori. Lo strato bentonico è più efficiente con un basso flusso di metano e l'efficienza diminuisce con l'aumento del flusso o con la sua velocità[8]. Il fabbisogno di ossigeno per gli ecosistemi delle infiltrazioni fredde è molto più elevato rispetto ad altri ecosistemi bentonici, quindi se l'acqua di fondo non ha abbastanza ossigeno, l'efficienza dei microrganismi aerobici nel rimuovere il metano si riduce[7]. Il filtro bentonico non può agire sul metano che non attraversa il sedimento. Il metano può aggirare il filtro bentonico se gorgoglia in superficie o passa attraverso le fessure del sedimento[7]. Questi organismi sono l'unico dispersore biologico di metano nell'oceano[8].

Confronto con altre comunità

[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Sorgente idrotermale.
Vermi siboglinidi del genere Lamellibrachia con molluschi bivalvi presso un'infiltrazione fredda

Le sorgenti fredde e le sorgenti idrotermali degli oceani profondi sono comunità che non si affidano alla fotosintesi per la produzione di nutrimento ed energia[2]. Questi sistemi sono in gran parte alimentati da energia derivata dalla chemiosintesi[2]. Entrambi i sistemi condividono caratteristiche comuni, come la presenza di composti chimici ridotti (H2S e idrogenocarbonato), ipossia locale o addirittura anossia, elevata abbondanza e attività metabolica delle popolazioni batteriche e produzione di materiale organico autoctono da parte di batteri chemioautotrofi[2]. Sia le bocche idrotermali che le infiltrazioni fredde mostrano livelli molto elevati di biomassa di metazoi in associazione a una bassa diversità locale[2]. Questo si spiega con la presenza di dense aggregazioni di specie fondatrici e di animali epibionti che vivono in queste associazioni[2]. I confronti a livello di comunità rivelano che la macrofauna di questi ambienti è molto diversa a livello di famiglia, sebbene condivida molti taxa dominanti tra gli habitat altamente solfidrici[4].

Tuttavia, le bocche idrotermali e le infiltrazioni fredde differiscono anche per molti aspetti. Rispetto alle più stabili infiltrazioni fredde, le bocche sono caratterizzate da temperature localmente elevate, forti fluttuazioni di temperatura, pH, concentrazioni di solfuri e ossigeno, spesso assenza di sedimenti, età relativamente giovane e condizioni spesso imprevedibili, come aumento e diminuzione dei fluidi emessi o eruzioni vulcaniche[2] A differenza delle bocche idrotermali, che sono ambienti instabili ed effimeri, le infiltrazioni fredde emettono a un ritmo lento e stabile. Probabilmente a causa delle temperature più basse e della stabilità, molti organismi dei cold seep sono molto più longevi di quelli che abitano le bocche idrotermali.

Fine delle comunità di infiltrazione fredda

[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Barriera corallina di acque profonde.

Infine, quando le infiltrazioni fredde cessano, anche i vermi tubiformi iniziano a scomparire, aprendo la strada ai coralli che si insediano sul substrato carbonatico ora esposto[3]. I coralli non dipendono dagli idrocarburi che fuoriescono dal fondo marino[3]. Studi su Lophelia pertusa suggeriscono che essi traggono il loro nutrimento principalmente dalla superficie dell'oceano[3]. La chemio-sintesi gioca solo un ruolo molto piccolo, se non addirittura nullo, nel loro insediamento e nella loro crescita[3]. Mentre i coralli di acque profonde non sembrano essere organismi basati sulla chemiosintesi, gli organismi chemiosintetici che li precedono permettono l'esistenza dei coralli[3]. Questa ipotesi sull'insediamento delle barriere coralline di acque profonde è chiamata "teoria idraulica"[9][10]

Distribuzione

[modifica | modifica wikitesto]

Le infiltrazioni fredde sono state scoperte nel 1983 da Charles Paull e colleghi sulla scarpata continentale della Florida nel Golfo del Messico a una profondità di 3200 m[11]. Da allora sono state scoperte infiltrazioni in molte altre parti degli oceani del mondo. La maggior parte è stata raggruppata in cinque province biogeografiche: Golfo del Messico, Atlantico, Mediterraneo, Pacifico orientale e Pacifico occidentale,[12] ma sono note anche infiltrazioni fredde sotto la banchisa in Antartide,[13] nell'Oceano Artico, nel Mare del Nord, nello Skagerrak, nel Kattegat, nel Golfo di California, nel Mar Rosso, nell'Oceano Indiano, al largo dell'Australia meridionale e nel bacino endoreico del Mar Caspio[14]. Con la scoperta nel 2005 di un'infiltrazione di metano nell'oceano Antartico,[15] le infiltrazioni fredde sono ormai note in tutti i principali oceani[4]. I cold seep sono comuni lungo i margini continentali, in aree ad alta produttività primaria e attività tettonica, dove la deformazione e la compressione della crosta provocano l'emissione di fluidi ricchi di metano[4]. Le infiltrazioni fredde sono distribuite in modo disomogeneo e si verificano più frequentemente in prossimità dei margini oceanici, dalle profondità intertidali a quelle adali[4]. In Cile, le infiltrazioni fredde sono note dalla zona intertidale,[16] nel Kattegat, le infiltrazioni di metano sono note come "scogliere gorgoglianti" ( "bubbling reefs") e si trovano in genere a profondità di 0-30 metri,[17] e al largo della California settentrionale, si possono trovare fino a profondità di 35-55 metri[14]. La maggior parte delle infiltrazioni fredde si trova a profondità ben maggiori, ben al di là della portata delle normali immersioni subacquee, e la comunità di cold seep più profonda che si conosca si trova nella Fossa del Giappone a una profondità di 7326 m[18]

Oltre ai cold vent oggi esistenti, in diverse parti del mondo sono stati trovati resti fossili di antichi sistemi di infiltrazioni. Alcuni di questi si trovano nell'entroterra, in luoghi precedentemente coperti da oceani preistorici[14][19].

Nel golfo del Messico

[modifica | modifica wikitesto]
Il sommergibile con equipaggio DSV Alvin, che ha reso possibile la scoperta di comunità chemiosintetiche nel Golfo del Messico nel 1983.

Le comunità chemiosintetiche del Golfo del Messico sono state ampiamente studiate a partire dagli anni '90, e le biocenosi scoperte per la prima volta nella parte superiore della scarpata continentale sono probabilmente le comunità di questo tipo meglio conosciute al mondo. La scoperta di questi animali è avvenuta a partire dagli anni Ottanta[20].

La scoperta è avvenuta nel Golfo del Messico orientale nel 1983 dal sommergibile con equipaggio DSV Alvin, durante una spedizione che ha studiato il fondo del Florida Escarpment in aree di infiltrazione di soluzioni saline "fredde", dove sono stati inaspettatamente scoperti policheti siboglinidi e bivalvi[20][21]. Durante le indagini condotte dalla Texas A&M University per determinare gli effetti delle infiltrazioni di petrolio sull'ecologia bentonica (fino a questa ricerca, si presumeva che tutti gli effetti delle infiltrazioni di petrolio fossero negativi), le reti a strascico hanno inaspettatamente recuperato numerosi orgainismi chemiosintetici, tra cui vermi tubicoli e molluschi bivalvi[22]. Le fotografie del fondale hanno permesso di ottenere immagini chiare delle comunità chemiosintetiche di bivalvi Vesicomyidae, in concomitanza con le prime scoperte effettuate con la slitta fotografica nel Pacifico nel 1977. Durante la stessa missione le fotografie hanno mostrato per la prima volta le comunità di vermi siboglinidi in situ nel Golfo del Messico centrale prima delle prime indagini con sommergibili e delle descrizioni del Green Canyon/Bush Hill (27°47′02″N 91°30′31″W) nel 1986[23][24]. Il sito è stato individuato a causa di zone che non restituivano segnale di ritorno acustico o di mancanza di struttura del substrato causata da infiltrazioni di idrocarburi. Questo è stato determinato utilizzando un sistema di pinger acustico durante la spedizione della nave Edwin Link, che ha utilizzato uno dei sommergibili "Johnson Sea Link". Il sito è caratterizzato da densi insediamenti di vermi tubicoli e bivalvi, nonché da affioramenti carbonatici esposti con numerose colonie di gorgonie e di Lophelia. Bush Hill è diventato uno dei siti chemiosintetici più studiati al mondo[20].

Distribuzione

[modifica | modifica wikitesto]
Comunità chemiosintetiche nella parte settentrionale del Golfo del Messico intorno ai cold seeps conosciuti nel 2000

Esiste una evidente relazione tra i giacimenti noti di idrocarburi a grande profondità nella scarpata continentale del Golfo e le comunità chemiosintetiche, l'infiltrazione di idrocarburi e i minerali autigenici, compresi i carbonati sul fondo marino [25]. Mentre i giacimenti di idrocarburi sono ampie aree a diversi chilometri sotto il Golfo, le comunità chemiosintetiche si trovano in punti isolati con sottili strati di sedimenti spessi solo pochi metri[20].

Il versante settentrionale del Golfo del Messico comprende una sezione stratigrafica spessa più di 10 km ed è stato fortemente influenzato dalla tettonica salina. Le rocce sorgente mesozoiche dal Giurassico superiore al Cretaceo superiore hanno generato il petrolio nella maggior parte dei giacimenti della scarpata continentale del Golfo[25]. I condotti di penetrazione forniscono idrocarburi freschi da una profondità di 6-8 km verso la superficie. Le manifestazioni superficiali della migrazione degli idrocarburi sono chiamate "seep". Le prove geologiche dimostrano che l'infiltrazione di idrocarburi e salamoie permane in aree spazialmente limitate per migliaia di anni[20]

L'infiltrazione dalle sorgenti di idrocarburi attraverso le faglie verso la superficie tende a diffondersi attraverso i sedimenti sovrastanti, gli affioramenti carbonatici e i depositi di minerali idrati, quindi le comunità biologiche delle infiltrazioni di idrocarburi tendono ad essere più estese (qualche centinaio di metri di larghezza) rispetto alle comunità chemiosintetiche che si trovano intorno alle bocche idrotermali del Pacifico orientale[20]. Esistono grandi differenze nelle concentrazioni di idrocarburi nei siti di infiltrazione. Roberts (2001) ha presentato uno spettro di possibili scenari che ci si possono aspettare in una serie di condizioni di flusso che variano da un'infiltrazione molto lenta a una rapida[20][26]. I siti a lentissima infiltrazione non supportano comunità chemiosintetiche complesse; piuttosto, di solito ospitano solo semplici biofilm batterici (Beggiatoa sp.)[20].

Nell'ambiente di scarpata superiore, i substrati duri risultanti dalla precipitazione dei carbonati possono avere comunità associate di animali non chemosintetici, tra cui un'ampia varietà di cnidari sessili come coralli e anemoni di mare. All'altro estremo, i flussi molto rapidi, i sedimenti fluidificati accompagnano generalmente gli idrocarburi e gli altri fluidi che arrivano sul fondo marino. Ne derivano vulcani di fango e colate di fango. Tra questi due estremi si trovano le condizioni che supportano comunità densamente popolate e diversificate di organismi chemiosintetici (biofilm, vermi siboglinidi, bivalvi Bathymodiolus, Lucinidae e Vesicomyidae e altri organismi associati). Queste aree sono spesso collegate a depositi di idrati gassosi superficiali o vicini alla superficie. Presentano anche aree localizzate di fondali litificati, generalmente carbonati autigeni, ma a volte sono presenti minerali più particolari come la barite[20].

Le comunità chemiosintetiche nella parte settentrionale del Golfo del Messico intorno alle infiltrazioni fredde descritte nel 2006 comprendono più di 50 comunità.

La diffusione delle comunità chemiosintetiche del Golfo del Messico è stata documentata per la prima volta durante le indagini condotte dal Geological and Environmental Research Group (GERG) della Texas A&M University per conto dell'Offshore Operators Committee[20][27] Questa indagine rimane la più ampia e completa, anche se da allora sono state documentate numerose altre biocenosi simili[20]. L'esplorazione industriale delle riserve energetiche nel Golfo del Messico ha inoltre documentato numerose nuove comunità in un'ampia fascia batimetrica, tra le quali la più profonda conosciuta nel Golfo del Messico centrale, nell'Alaminos Canyon Block 818, a una profondità di 2750 m[20]. La presenza di organismi chemiosintetici dipendenti dall'infiltrazione di idrocarburi è stata documentata in acque profonde da 290 m[28] fino a 2744 m[20]. Questo intervallo di profondità colloca le comunità chemiosintetiche nelle acque profonde del Golfo del Messico, che sono definite come le zone situate a profondità superiori a 305 m[20].

Le comunità chemiosintetiche non si trovano sulla piattaforma continentale, anche se nella documentazione fossile compaiono in acque a profondità minori di 200 m[20]. Una possibile spiegazione di questo fatto è che la pressione da predazione sia variata in modo sostanziale nel corso del tempo[20][29]. Sebbene non sia stata condotta un'indagine sistematica per identificare tutte le comunità chemiosintetiche del Golfo del Messico, vi sono prove che indicano che potrebbero esistere molte altre comunità di questo tipo. I limiti di profondità delle biocenosi scoperte finora riflettono probabilmente i limiti dell'esplorazione (carenza di sommergibili in grado di raggiungere profondità superiori a 1000 m)[20].

MacDonald et al. hanno analizzato immagini di telerilevamento dallo spazio che rivelano la presenza di chiazze di petrolio di origine naturale nel Golfo del Messico centro-settentrionale[20][30][31]. I risultati hanno confermato un'estesa infiltrazione naturale di petrolio nel Golfo del Messico, soprattutto in acque profonde più di 1000 metri. Sono state documentate altre 58 località potenziali in cui i fondali marini sono in grado di produrre infiltrazioni di petrolio a carattere permanente[31]. I tassi di infiltrazione stimati variavano da 0,64 m³ al giorno a 11 m³ al giorno, rispetto a meno di 0,016 al giorno per gli scarichi dalle navi. Questa osservazione aumenta notevolmente l'area in cui ci si può aspettare la presenza di comunità chemiosintetiche dipendenti dall'infiltrazione di idrocarburi[20].

Le aggregazioni più dense di organismi chemiosintetici sono state trovate a profondità di circa 500 m e oltre. La più nota di queste comunità è stata chiamata Bush Hill dai ricercatori che l'hanno descritta per la prima volta[32]. Si tratta di una comunità sorprendentemente vasta e densa di vermi tubcoli chemiosintetici e bivalvi in un sito di infiltrazione naturale di petrolio e gas su un diapiro salino nel blocco 185 del Green Canyon. Il sito di infiltrazione è una piccola sporgenza che si eleva di circa 40 m sopra il fondale marino circostante, a circa 580 m di profondità[20].

Secondo Sassen (1997) il ruolo degli idrati nelle comunità chemiosintetiche è stato molto sottovalutato.[20] L'alterazione biologica degli idrati gassosi congelati è stata scoperta per la prima volta durante lo studio del Minerals Management Service intitolato "Stability and Change in Gulf of Mexico Chemosynthetic Communities"[33]. Si ipotizza[32] che la dinamica dell'alterazione degli idrati possa svolgere un ruolo importante come meccanismo di regolazione del rilascio di idrocarburi gassosi per alimentare i processi biogeochimici e possa anche avere un ruolo sostanziale nella stabilità delle comunità. Si ritiene che le escursioni termiche di diversi gradi registrate nell'acqua di fondo in alcune aree, come il sito di Bush Hill (4-5 °C a 500 m di profondità), provochino la dissociazione degli idrati, con conseguente aumento dei flussi gasosi[34]. Sebbene non siano così distruttivi come il vulcanismo nei siti di emissione delle dorsali medio-oceaniche, i meccanismi di formazione e movimento degli idrati superficiali influenzeranno certamente gli animali sessili che costituiscono una parte della barriera di infiltrazione. Esiste il rischio di un evento catastrofico in cui l'intero strato di idrati superficiali potrebbe staccarsi dal fondo e influenzare in modo considerevole le comunità locali di fauna chemosintetica.[20] A profondità maggiori di 1000 metri la temperatura dell'acqua sul fondale è di circa 3 °C minore e subisce minori fluttuazioni. La formazione di idrati più stabili e probabilmente posti più in profondità influenza il flusso di gas di idrocarburi leggeri verso la superficie dei sedimenti, influenzando così la morfologia superficiale e le caratteristiche delle biocenosi chemosintetiche. All'interno di comunità complesse come quella di Bush Hill, il petrolio sembra avere un'importanza minore rispetto a quanto si pensasse in precedenza.[20][33]

Alcuni siti hanno mantenuto un habitat ottimale nel corso della scala dei tempi geologici. Powell ha portato prove della persistenza di comunità di bivalvi negli stessi siti per 500-4000 anni. Powell ha anche scoperto che sia la composizione di specie che la stratificazione trofica delle comunità che vivono nelle infiltrazioni di idrocarburi tendono ad essere abbastanza costanti nel tempo, con variazioni temporali solo nell'abbondanza numerica. Ha riscontrato pochi casi in cui a cambiare è stato il tipo di comunità o in cui la biocenosi è scomparsa completamente. Non è stata osservata alcuna successione faunistica. Sorprendentemente quando si è verificato un recupero dopo un evento distruttivo passato hanno rioccupato il sito le stesse specie chemosintetiche. Sono state trovate scarse prove di eventi catastrofici di seppellimento, ma sono stati individuati due casi nelle comunità di bivalvi nel Green Canyon Block 234. L'osservazione più notevole riportata da Powell (1995) era l'unicità di ogni sito di comunità chemosintetica.[20]

La precipitazione di carbonati autigenici e altri eventi geologici altereranno senza dubbio i modelli di infiltrazione superficiale nel lungo periodo anche se attraverso l'osservazione diretta non sono stati rilevati cambiamenti nella distribuzione o nella composizione della fauna chemosintetica in sette siti di studio separati[35]. Un periodo leggermente più lungo (19 anni) può essere preso come riferimento nel caso di Bush Hill, la prima comunità del Golfo del Messico centrale ad essere descritta in situ nel 1986. Nel corso dei 19 anni di ricerca in questo sito non sono state osservate mortalità di massa o cambiamenti su larga scala nella composizione faunistica.[20]

Tutte le comunità chemosintetiche si trovano in acque profonde al riparo dagli effetti delle tempeste più violente, compresi gli uragani, e non si crede che possano subire alcuna alterazione a causa delle tempeste superficiali.[20]

La specie di bivalve Bathymodiolus childressi è la specie dominante nelle infiltrazioni fredde del tipo a mitili del golfo del Messico.

MacDonald et al.[36] ha descritto quattro tipi principali di comunità. Si tratta di comunità dominate dai vermi tubicoli Siboglinidae (Lamellibrachia cfr.barhami e Escarpia spp.), Mytilidae (Seep Mytilid Ia, Ib e III, e altri), Vesicomyidae (Vesicomya cordata e Calyptogena ponderosa), e bivalvi infaunali Lucinidae o Thyasiridae (Lucinoma sp. o Thyasira sp.). Sono presenti tappeti batterici in tutti i siti visitati fino ad oggi. Questi gruppi faunistici tendono a mostrare caratteristiche distintive in termini di modalità di aggregazione, dimensioni degli aggregati, proprietà geologiche e chimiche degli habitat in cui si trovano e, in una certa misura, della fauna eterotrofa che li accompagna. Molte delle specie rinvenute in queste comunità di sorgente fredda nel Golfo del Messico sono nuove per la scienza e non sono state ancora descritte.[20]

I singoli vermi tubicoli del genere Lamellibrachia, il più lungo fra i due taxa della famiglia presenti nelle sorgenti sottomarine, possono raggiungere una lunghezza di 3 m e vivere centinaia di anni[37][38]. I tassi di crescita della popolazione determinati dai vermi siboglinidi marcati recuperati sono stati variabili, andando da una crescita nulla di 13 individui misurati in un anno a una crescita massima di 9,6 cm/anno in un individuo del genere Lamellibrachia. Il tasso di crescita medio era di 2,19 cm/anno per le specie simili a Escarpia e di 2,92 cm/anno per Lamellibrachia. Si tratta di tassi di crescita inferiori rispetto a quelli dei taxa affini viventi nelle sorgenti idrotermali, ma gli esemplari di Lamellibrachia possono raggiungere una lunghezza 2-3 volte superiore a quelle delle specie più grandi conosciute che vivono nelle sorgenti idrotermali.[20] Esemplari di Lamellibrachia sp. di lunghezza superiore a 3 m sono stati raccolti in diverse occasioni, il che indica un'età probabile superiore ai 400 anni[20]. La riproduzione dei vermi siboglinidi non è stagionale e il reclutamento è episodico.[20]

I vermi tubiformi hanno sessi separati. Una scoperta del 2005 mostra esiste una stretta associazione fra le femmine di Lamellibrachia e il grande bivalve Acesta bullisi, che vive permanentemente adeso all'apertura anteriore del tubo del verme e si nutre delle uova periodicamente rilasciate[39]. Questa stretta associazione tra i bivalvi e i vermi è stata scoperta nel 1984[40], ma non è stata ancora spiegata completamente. Praticamente tutti gli esemplari maturi di Acesta si trovano sui vermi tubiformi femmina ma non su quelli maschi. Questo indizio e altri esperimenti condotti da Järnegren et al. (2005)[39] sembrano aver risolto questo mistero.[20]

I tassi di crescita dei bivalvi Mytilidae nei siti di infiltrazione fredda sono risultati relativamente elevati[20]. I tassi di crescita dei bivalvi adulti erano simili a quelli dei molluschi viventi in ambiente litorale a temperature simili. Si è anche scoperto che i bivalvi giovani presenti nelle infiltrazioni di idrocarburi inizialmente crescono rapidamente, ma poi il tasso di crescita diminuisce notevolmente negli adulti. La taglia corrispondente alla maturità sessuale viene raggiunta molto rapidamente. Sia gli individui che le comunità sembrano avere una vita molto lunga. Questi molluschi legati alle infiltrazioni di metano hanno esigenze chimiche molto rigide che li legano alle aree di fuoriuscita più attive del Golfo del Messico. Grazie ai loro rapidi tassi di crescita, la ricolonizzazione dei bivalvi in un sito di fuoriuscita disturbato potrebbe avvenire in tempi relativamente brevi. Esistono alcune prove che indicano che i mitilidi hanno bisogno anche di un substrato duro e che potrebbero crescere di numero in caso di aumento dell'estensione del substrato adatto sul fondo marino. Due specie associate si trovano sempre in associazione con i banchi di cozze: il gasteropode Bathynerita naticoidea e i gamberetti della famiglia Alvinocarididae, il che suggerisce che queste specie endemiche abbiano eccellenti capacità di dispersione e che possano tollerare un'ampia gamma di condizioni.[20]

A differenza dei banchi di mitilidi, i banchi di bivalvi chemosintetici non sessili della famiglia Vesicomyidae possono persistere come fenomeno visibile in superficie per un lungo periodo senza l'apporto di nuovi individui viventi, a causa dei bassi tassi di dissoluzione e sedimentazione. La maggior parte dei banchi di bivalvi studiati da Powell[41] erano inattivi. Raramente sono stati rinvenuti individui viventi. Powell ha riferito che, in un arco di tempo di 50 anni, le estinzioni locali e la ricolonizzazione dovrebbero essere graduali ed estremamente rare. In contrasto con questi banchi inattivi, la prima comunità scoperta nel Golfo del Messico centrale era costituita da numerosi individui viventi. Le immagini ottenute di questa comunità sono state utilizzate per sviluppare indici di lunghezza/frequenza e di individui vivi/morti, nonché modelli spaziali.[20][42]

In tutti i siti di fuoriuscita di idrocarburi sono evidenti anche estesi biofilm costituiti da batteri liberi. Questi batteri possono competere con la fauna pluricellulare per le fonti energetiche costituite da solfuri e metano e possono anche contribuire in modo sostanziale alla produzione complessiva. I biofilm bianchi, non pigmentati, sono stati identificati come una specie di batteri solforici autotrofi Beggiatoa, mentre i biofilm di colore arancione possedevano un metabolismo non chemosintetico non identificato.[20]

Le specie eterotrofe presenti nei siti di fuoriuscita sono un insieme di specie uniche di tali siti (in particolare i molluschi e i crostacei) e specie che costituiscono una componente comune dell'ambiente circostante. Carney (1993) ha segnalato per primo un potenziale squilibrio che potrebbe verificarsi a seguito di un disturbo di lunga durata. A causa del reclutamento che avviene in modo irregolare, i predatori potrebbero acquisire un vantaggio, con conseguente distruzione delle popolazioni locali di mitilidi. È chiaro che le infiltrazioni interagiscono con la fauna bentonica, non si hanno dati chiari sul grado di predazione effettiva su alcuni componenti specifici della comunità, come i vermi tubicoli. Il risultato più sorprendente è il motivo per cui le specie bentoniche non sfruttano in modo esclusivo la produzione dovuta alle infiltrazioni. Infatti, i consumatori associati alle sorgenti, come i crostacei Galatheidae e i gasteropodi Neritidae, presentavano firme isotopiche che indicavano che la loro dieta era una miscela di produzione delle sorgenti e di risorse bentoniche ordinarie. In alcuni siti, gli invertebrati endemici delle fuoriuscite, che ci si sarebbe aspettati ottenessero gran parte, se non tutta, la loro dieta dalla produzione delle infiltrazioni, in realtà ricavavano fino al 50% della loro dieta dall'ambiente circostante.[20]

Nell'oceano Atlantico

[modifica | modifica wikitesto]
Mappa delle infitrazioni fredde nella fascia equatoriale dell'Atlantico.
BR – diapiro di Blake Ridge
BT – fossa di Barbados
OR – settori dell'Orinoco
EP – settore di El Pilar
NIG – scarpata della Nigeria
GUI – area Guiness
REG – Regab pockmark.

Le comunità dei cold seep nell'Oceano Atlantico occidentale sono state descritte anche grazie ad alcune immersioni su vulcani di fango e diapiri tra 1000 e 5000 m di profondità nella zona del prisma di accrezione di Barbados e dal diapiro Blake Ridge al largo della Carolina del Nord. Più recentemente, comunità simili sono state individuate nell'Atlantico orientale, in un gigantesco gruppo di "pockmark" (depressioni sottomarine dovute all'emissione di gas) nel Golfo di Guinea vicino al canale sottomarino scavato del Congo, e anche su altri gruppi di pockmarks del margine continentale del Congo, del margine del Gabon e del margine della Nigeria e nel Golfo di Cadice.[12]

La presenza di un biota chemosimbiontico nei campi di vulcani di fango del golfo di Cadice è stata segnalata per la prima volta nel 2003.[43] I molluschi bivalvi chemosimbionti raccolti dai vulcani di fango del Golfo di Cadice sono stati esaminati nel 2011.[5]

Le infiltrazioni fredde sono note anche nell'Oceano Atlantico settentrionale,[2] e si trovano persino nell'Oceano Artico, al largo del Canada e della Norvegia.[14]

È stato condotto un estso campionamento faunistico a partire da 400 metri di profondità nella cintura equatoriale atlantica dal Golfo del Messico al Golfo di Guinea, compreso il prisma di accrescimento delle Barbados, il diapiro di Blake Ridge e nell'Atlantico orientale dai margini continentali del Congo e del Gabon e dal margine della Nigeria recentemente esplorato durante il progetto Census of Marine Life. Dei 72 taxa identificati a livello di specie, un totale di 9 specie o complessi di specie sono stati identificati come anfatlantici.[12]

La struttura della comunità macrofaunistica della fascia equatoriale atlantica è influenzata più dalla profondità che dalla distanza geografica. Le specie o i complessi di specie di bivalvi Bathymodiolinae (sottofamiglia di Mytilidae) sono i più diffusi nell'Atlantico. Il complesso di specie Bathymodiolus boomerang si trova sulla scarpata continentale della Florida, nel diapiro di Blake Ridge, nel prisma delle Barbados e nel sito di Regab in Congo. Il complesso Bathymodiolus childressi è ampiamente diffuso anche lungo la fascia equatoriale atlantica dal Golfo del Messico al margine continentale nigeriano, ma non nei siti di Regab o Blake Ridge. Il polichete Polynoidae commensale Branchipolynoe seepensis è presente nel Golfo del Messico, nel Golfo di Guinea e alle Barbados. Altre specie con distribuzione che estesa dall'Atlantico orientale a quello occidentale sono: il gasteropode Phymorhynchus cingulatus e Cordesia provannoides, il gamberetto Alvinocaris muricola, i galateidi Munidopsis geyeri e Munidopsis livida e probabilmente l'oloturia Chiridota heheva.[12]

Sono state trovate infiltrazioni fredde anche nelle acque profonde antistanti il ventaglio di foce del Rio delle Amazzoni. I profili sismici ad alta risoluzione nei pressi del margine della piattaforma continentale mostrano tracce di crolli e faglie 20-50 metri nel sottosuolo e concentrazioni (circa 500 m2) di gas metano. Diverse ricerche (come l'Ocean Drilling Program) indicano che vi sono prove di fuoriuscite di gas sulla scarpata continentale al largo del conoide amazzonico, sulla base dell'esistenza di riflessioni che simulano il fondo (BSR), vulcani di fango, pockmark, gas nei sedimenti e presenza di idrocarburi più in profondità. In questa regione è stata mappata la presenza di metano a profondità relativamente basse e di vaste aree di idrati di gas. Inoltre, grazie allo scavo di pozzi esplorativi, sono stati segnalati camini di metano, accumuli di gas non di interesse commerciale e pockmark lungo i piani di faglia. Una solida conoscenza geologica e geofisica del bacino di Foz do Amazonas è già disponibile e utilizzata dalle compagnie energetiche.[44].

Nel Mediterraneo

[modifica | modifica wikitesto]

La prima prova biologica della presenza di ambienti riducenti nel Mar Mediterraneo è stata la presenza di bivalvi delle famiglie Lucinidae e Vesicomyidae prelevate dalla cima del vulcano di fango noto come "Napoli" (33°43′52″N 24°40′52″E; "Napoli" è solo il nome di una montagna sottomarina. Si trova in realtà a sud di Creta), situato a 1.900 m di profondità sulla dorsale mediterranea nella zona di subduzione della placca africana. A ciò ha fatto seguito la descrizione di una nuova specie di bivalve Lucinidae, Lucinoma kazani, associata a endosimbionti batterici. Nel Mediterraneo sud-orientale sono state trovate anche comunità di policheti e bivalvi associate a sorgenti fredde ricche di carbonati vicino all'Egitto e alla Striscia di Gaza a profondità comprese tra 500 e 800 m, ma non vi è stata raccolta alcun organismo vivente. Le prime osservazioni in situ di estese comunità chemosintetiche viventi nel Mar Mediterraneo orientale hanno stimolato la cooperazione tra biologi, geochimici e geologi. Durante le immersioni con sommergibili, sono state osservate comunità composte da vaste estensioni di piccoli bivalvi (morti e vivi), grandi vermi tubicoli siboglinidi, isolati o che formavano dense aggregazioni, grandi spugne e fauna endemica associata a vari habitat di infiltrazioni fredde associati a croste carbonatiche a 1700-2000 m di profondità. Sono stati esplorati per la prima volta due campi di vulcani di fango, uno lungo la dorsale mediterranea, dove la maggior parte di essi era parzialmente (vulcani di fango di Napoli e Milano) o totalmente (vulcani di fango di Urania e Maidstone) interessata da salamoie, e l'altro sugli Anaximander mounds a sud della Turchia. Quest'ultima area comprende il grande vulcano di fango di Amsterdam, che è stato colpito da recenti colate di fango, e i vulcani di fango più piccoli di Kazan o Kula. Sono stati prelevati campioni di idrati di gas dai vulcani di fango di Amsterdam e Kazan e sono stati registrati alti livelli di metano sopra il fondo marino. Recentemente sono state esplorate diverse aree del ventaglio sottomarino del Nilo. Queste includono una fuoriuscita di salamoia molto attiva denominata caldera di Menes nella parte orientale tra i 2500 e i 3000 m, i crateri nella zona centrale lungo le scarpate continentali medie e inferiori e i vulcani di fango nella zona orientale, oltre a uno nella scarpata centrale superiore (area di North Alex) a 500 m di profondità.[45]

Nel corso di queste prime immersioni esplorative, sono stati campionati e identificati taxa simbionti simili a quelli osservati nei campi di fango di Olimpi e Anaximander. Questa somiglianza non è sorprendente, poiché la maggior parte di questi taxa è stata originariamente descritta da campionamenti nel conoide del Nilo.[45] Fino a cinque specie di bivalvi che ospitano simbionti batterici hanno colonizzato questi ambienti ricchi di metano e solfuro. Una nuova specie di polichete Siboglinidae, Lamellibrachia anaximandri, un verme tubicolo che colonizza le fuoriuscite fredde dalla dorsale mediterranea presso il ventaglio sottomarino del Nilo, è stata descritta nel 2010.[45][46]. Inoltre, lo studio delle simbiosi ha rivelato associazioni con batteri chemiotrofici solfo ossidanti nei bivalvi Vesicomyidae e Lucinidae e nei vermi tubicoli Siboglinidae, ed ha evidenziato l'eccezionale diversità dei batteri che vivono in simbiosi con i bivalvi Mytilidae. Le infiltrazioni fredde mediterranee sembrano rappresentare un habitat ricco caratterizzato da un'elevata ricchezza di specie di grandi dimensioni (ad esempio, gasteropodi) o dalle dimensioni eccezionali di alcune specie come le spugne (Rhizaxinella pyrifera) e i granchi (Chaceon mediterraneus), rispetto ad altri ambienti. Ciò contrasta con la scarsa abbondanza e diversità della macrofauna e della megafauna di profondità nel Mediterraneo orientale. Le comunità delle sorgenti marine nel Mediterraneo, che includono specie chemosintetiche endemiche e fauna associata, differiscono dalle altre comunità di sorgenti marine conosciute nel mondo non solo a livello di specie, ma anche per l'assenza dei generi di bivalvi di grandi dimensioni come Calyptogena o Bathymodiolus. L'isolamento dei cold vent mediterranei da quelli dell'Oceano Atlantico dopo la crisi di salinità del Messiniano ha portato allo sviluppo di comunità uniche, che probabilmente differiscono per composizione e struttura da quelle dell'Oceano Atlantico. Ulteriori spedizioni hanno condotto campionamenti quantitativi di habitat in diverse aree dalla dorsale mediterranea al ventaglio sottomarino orientale del Nilo.[45] Sorgenti fredde scoperte nel Mar di Marmara nel 2008[47] hanno rivelato comunità basate sulla chemosintesi che mostravano una notevole somiglianza con la fauna simbiotica delle sorgenti fredde del Mediterraneo orientale.[45]

Nell'oceano Indiano

[modifica | modifica wikitesto]

Nella Fossa di Makran, una zona di subduzione lungo il margine nord-orientale del Golfo dll'Oman adiacente alla costa sud-occidentale del Pakistan e alla costa sud-orientale dell'Iran, la compressione di un cuneo di accrescimento ha portato alla formazione di sorgenti fredde e vulcani di fango.[48]

Nell'oceano Pacifico occidentale

[modifica | modifica wikitesto]

Alluminio nativo è stato segnalato nelle infiltrazioni fredde del versante continentale nord-orientale del Mar Cinese Meridionale. Chen et al. (2011)[49] hanno proposto una teoria sulla sua origine come risultato della riduzione da tetraidrossoalluminato Al(OH)4 ad alluminio metallico da parte dei batteri.[49]

Comunità chemosintetiche nei mari giapponesi[50]
Infiltrazione fredda
Sorgente idrotermale
Cadaveri di cetaceo

Le comunità marine profonde del Giappone sono studiate principalmente dall'Agenzia giapponese per le scienze marine e terrestri (JAMSTEC). Il DSV Shinkai 6500, il Kaiko e altri ROV hanno scoperto molti siti.

Le comunità che vivono nelle zone di emissione di metano in Giappone sono distribuite lungo le aree di convergenza a causa dell'attività tettonica che le accompagna. Molte infiltrazioni sono state individuate nella Fossa del Giappone, nella Fossa di Nankai, nella Fossa delle Ryūkyū, nella Baia di Sagami, nella Baia di Suruga e nel Mar del Giappone.[51]

I membri delle comunità dei cold seep sono simili ad altre regioni in termini di famiglia o genere, come Lamellibrachia, Solemyidae, Bathymodiolus, Thyasiridae, Calyptogena eccetera.[50] Molte delle specie presenti nelle sorgenti fredde giapponesi sono endemiche.[51]

Nella baia di Kagoshima sono presenti fuoriuscite di gas metano chiamate "tagiri" (bollitura). La specie Lamellibrachia satsuma vive in questa zona. La profondità di questo sito è di soli 80 m, il punto meno profondo in cui è nota la presenza dei vermi tubiformi Siboglinidae. L. satsuma può essere allevata in acquario per lunghi periodi a 1 atmosfera di pressione. Due acquari in Giappone conservano ed espongono L. satsuma. È in fase di sviluppo un metodo di osservazione che prevede l'introduzione in un tubo di vinile trasparente.[52]

Il ROV DSV Shinkai 6500

Il ROV DSV Shinkai 6500 ha scoperto comunità di bivalvi Vesicomyidae nell'arco meridionale delle Marianne. Queste comunità dipendono dal metano, che si origina dalla serpentinite. Altre comunità chemosintetiche dipendono dalle sostanze organiche di origine idrocarburica presenti nella crosta terrestre e dal metano proveniente da sostanze inorganiche del mantello.[53][54]

Nel 2011, l'area prossima alla fossa del Giappone è stata colpita dal terremoto del Tōhoku. Sono state osservate crepe, fuoriuscite di metano e biofilm batterici, probabilmente causati dal terremoto.[55][56]

In Nuova Zelanda

[modifica | modifica wikitesto]

Al largo della costa continentale della Nuova Zelanda, l'instabilità del bordo della piattaforma continentale è aumentata in alcune località da infiltrazioni fredde di fluidi ricchi di metano che alimentano anch'essi faune chemosintetiche e concrezioni carbonatiche.[57][58][59][60] La fauna dominante è composta da vermi tubiformi della famiglia Siboglinidae e da molluschi bivalvi delle famiglie Vesicomyidae e Mytilidae (‘’Bathymodiolus‘’). Molte delle specie sembrano essere endemiche. La pesca a strascico in acque profonde ha gravemente danneggiato le comunità dei cold seep, mettendo a rischio questi ecosistemi. Le sorgenti fredde si trovano a profondità fino a 2000 m e la complessità topografica e chimica degli habitat non è ancora stata mappata. La possibilità di scoprire nuove specie in questi ecosistemi poco studiati o inesplorati è probabilmente elevata.[57][60]

Nell'oceano Pacifico orientale

[modifica | modifica wikitesto]
Il Monterey Bay Aquarium Research Institute ha utilizzato il ROV "Ventana" nella ricerca sulle infiltrazioni fredde della baia di Monterey

Il progetto COMARGE ha studiato i modelli di biodiversità nelle profondità marine lungo e attraverso il margine continentale cileno mappando il complesso mosaico di ecosistemi quali fuoriuscite di metano e zone a ossigenazione minima, segnalando che tale eterogeneità dell'habitat può influenzare i modelli di biodiversità della fauna locale.[44][61][62][63] La fauna delle infiltrazioni comprende molluschi bivalvi delle famiglie Lucinidae, Thyasiridae, Solemyidae (Acharax sp.), Vesicomyidae (Calyptogena gallardoi) e policheti (Lamellibrachia sp. e altre due specie).[62] Inoltre, nei sedimenti molli ridotti al di sotto della zona di minima ossigenazione al largo della costa cilena, è presente una comunità microbica diversificata composta da una varietà di grandi procarioti (principalmente grandi "megabatteri" filamentosi multicellulari dei generi Thioploca e Beggiatoa e di "macrobatteri" che includono una varietà di fenotipi), protisti (ciliati, flagellati e foraminiferi), nonché piccoli metazoi (principalmente nematodi e policheti).[44][64] Gallardo et al. (2007)[64] sostengono che il probabile metabolismo chemolitotrofico della maggior parte di questi mega- e macrobatteri offra una spiegazione alternativa ai ritrovamenti fossili, in particolare a quelli di evidente origine non litoranea, suggerendo che le ipotesi tradizionali sull'origine cianobatterica di alcuni fossili potrebbero dover essere riviste.[44]

I pockmark (depressioni circolari sul fondale) legati a infiltrazioni fredde sono noti anche a profondità di soli 130 m nello Stretto di Hecate, Columbia Britannica, Canada.[65] In questa zona è stata rinvenuta una fauna inusuale (anche per gli ambienti di infiltrazione fredda), con le seguenti specie dominanti: il gasteropode Fusitriton oregonensis, l'anemone Metridium giganteum, spugne incrostanti e il bivalve Solemya reidi.[65]

Le infiltrazioni fredde con comunità chemosintetiche lungo la costa pacifica degli Stati Uniti si incontrano nel Canyon Monterey, appena al largo della Baia di Monterey, in California, su un vulcano di fango[66] Sono state trovate, ad esempio, bivalvi Calyptogena (Calyptogena kilmeri e Calyptogena pacifica)[67] e il foraminifero Spiroplectammina biformis.[68] Inoltre, sono state scoperte infiltrazioni al largo della costa meridionale della California, nella zona interna delle California Borderlands, lungo diversi sistemi di faglie, tra cui la faglia di San Clemente,[69] la faglia di San Pedro,[70] e il sistema di faglie di San Diego.[71] Il flusso dei fluidi nelle infiltrazioni lungo le faglie di San Pedro e San Diego Trough sembra essere controllato da curve di contenimento localizzate nelle faglie.[71]

La prima infiltrazione fredda dall'Oceano Antartico è stata segnalata nel 2005.[15] Le relativamente poche ricerche condotte sulle profondità marine antartiche hanno evidenziato la presenza di habitat di acque profonde, tra cui sorgenti idrotermali, infiltrazioni fredde e vulcani di fango.[72] A parte le spedizioni dell'"Antarctic Benthic Deep-Sea Biodiversity Project" (ANDEEP), sono stati condotti pochi studi su questi ambienti.[72] Ci sono ancora molte specie in attesa di essere descritte.[72]

Grazie all'esperienza acquisita, in particolare sulla scarpata continentale superiore del Golfo del Messico, la previsione della presenza di comunità di vermi tubiformi continua a migliorare; tuttavia, le comunità chemosintetiche non possono essere rilevate in modo affidabile utilizzando direttamente tecniche geofisiche. Le fuoriuscite di idrocarburi che consentono l'esistenza di comunità chemosintetiche (ad esempio nel Bacino di Guaymas) modificano le caratteristiche geologiche in modi che possono essere rilevati a distanza, ma i tempi di coesistenza tra fuoriuscite attive e presenza di comunità viventi sono sempre incerti. Queste modifiche dei sedimenti conosciute includono (1) la precipitazione di carbonato autigenico sotto forma di micronoduli, noduli o masse rocciose; (2) la formazione di idrati di gas; (3) la modifica della composizione dei sedimenti attraverso la concentrazione di resti di organismi chemosintetici duri (come frammenti di conchiglie); (4) la formazione di bolle di gas interstiziali o idrocarburi; e (5) la formazione di depressioni o crateri da espulsione di gas (pockmarks). Queste caratteristiche danno origine a effetti acustici rilevabili con la sismica a riflessione quali zone con assenza di echi, echi fortemente riflettenti, punti luminosi (strati ad elevata riflessione) o strati riverberanti. Le potenziali ubicazioni della maggior parte delle comunità possono essere determinate mediante un'attenta interpretazione di queste alterazioni geofisiche, ma ad oggi il processo rimane imperfetto e la conferma delle comunità viventi richiede tecniche di osservazione diretta.[20]

Testimonianze fossili

[modifica | modifica wikitesto]
Deposito da infiltrazione fredda del tardo Cretaceo nello scisto di Pierre, nel sudovest del Dakota del Sud

I depositi da infiltrazione le ere fredda sono presenti in tutte le ere geologiche del Fanerozoico, specialmente nel tardo Mesozoico e nel Cenozoico. Esempi significativi si trovano nel Permiano del Tibet,[73] nel Cretaceo del Colorado[74] e di Hokkaido,[75] nel Paleogene di Honshu,[76] nel Neogene dell'Italia settentrionale,[77] e nel Pleistocene della California.[78] Questi fossili di infiltrazioni fredde sono caratterizzati da una struttura cumuliforme (dove conservata), carbonati a cristalli grossolani e abbondanti molluschi e brachiopodi fossilizzati.

Impatti ambientali

[modifica | modifica wikitesto]

Le principali minacce che oggi incombono sugli ecosistemi delle sorgenti fredde e sulle loro comunità sono i rifiuti sul fondo marino, i contaminanti chimici e i cambiamenti climatici. I rifiuti sul fondo marino alterano l'habitat fornendo un substrato duro dove prima non era disponibile o ricoprendo i sedimenti, inibendo così lo scambio di gas e interferendo con gli organismi bentonici. Gli studi sui rifiuti marini nel Mediterraneo includono ricerche sui rifiuti presenti sul fondo della piattaforma continentale, sulla scarpata e sul piano batiale.[79][80] Nella maggior parte degli studi, gli oggetti di plastica rappresentavano gran parte dei detriti, talvolta fino al 90% o più del totale, a causa del loro uso diffuso e della scarsa degradabilità.

Anche armi e bombe sono state scaricate in mare, e il loro abbandono in acque aperte contribuisce alla contaminazione dei fondali marini. Un'altra grave minaccia per la fauna bentonica è rappresentata dalla presenza di attrezzi da pesca smarriti, come reti e palangari, noti come reti fantasma che possono danneggiare ecosistemi fragili come i coralli d'acqua fredda.

Anche contaminanti chimici quali inquinanti organici persistenti, metalli tossici (ad esempio Hg, Cd, Pb, Ni), sostanze radioattive, pesticidi, erbicidi e prodotti farmaceutici si stanno accumulando nei sedimenti oceanici profondi.[81] La topografia (come i canyon) e l'idrografia (come gli eventi a cascata) svolgono un ruolo importante nel trasporto e nell'accumulo di queste sostanze chimiche dalla costa e dalla piattaforma continentale ai bacini profondi, influenzando la fauna locale. Studi recenti hanno rilevato la presenza di livelli significativi di diossine nelle popolazioni mediterranee del gambero commercialmente importante Aristeus antennatus.[82] e livelli significativi di inquinanti organici persistenti nei cefalopodi mesopelagici e batipelagici.[83]

I processi determinati dal clima e dai cambiamenti climatici influenzeranno la frequenza e l'intensità dei fenomeni a cascata, con effetti sconosciuti sulla fauna bentonica. Un altro potenziale effetto dei cambiamenti climatici è legato al trasporto di energia dalle acque superficiali al fondale marino.[84] La produzione primaria cambierà negli strati superficiali in base all'esposizione al sole, alla temperatura dell'acqua, alla stratificazione delle masse d'acqua e ad altri effetti, e ciò influenzerà la catena alimentare fino ai fondali profondi, che saranno soggetti a differenze nella quantità, nella qualità e nella tempistica dell'apporto di materia organica. Man mano che la pesca commerciale si sposta in acque più profonde, tutti questi effetti influenzeranno le comunità e le popolazioni di organismi presenti nelle sorgenti fredde e nel mare profondo in generale.

Questa voce cita le seguenti opere del governo degli Stati Uniti pubblicati nel pubblico dominio:[3][20], con licenza CC-BY-2.5[2][4][6][12][44][45][51][57][72] e CC-BY-3.0[5]

  1. ^ Fujikura K., Okutani T. e Maruyama T., Deep-sea life: biological observations using research submersibles [Sensui chōsasen ga mita shinkai seibutsu : shinkai seibutsu kenkyū no genzai], Tokai University Press, 2008, ISBN 978-4-486-01787-5. p. 20.
  2. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q (EN) A. Vanreusel, A. De Groote, S. Gollner e M. Bright, Ecology and Biogeography of Free-Living Nematodes Associated with Chemosynthetic Environments in the Deep Sea: A Review, in PLoS ONE, vol. 5, n. 8, 2010, p. e12449, DOI:10.1371/journal.pone.0012449, PMID 20805986.
  3. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y Hsing P.-Y. (19 October 2010). "Gas-powered Circle of Life – Succession in a Deep-sea Ecosystem". NOAA Ocean Explorer | Lophelia II 2010: Oil Seeps and Deep Reefs | 18 October Log. accesso 25 January 2011.
  4. ^ a b c d e f g h (EN) A. F. Bernardino, L. A. Levin, A. R. Thurber e C. R. Smith, Comparative Composition, Diversity and Trophic Ecology of Sediment Macrofauna at Vents, Seeps and Organic Falls, in PLOS ONE, vol. 7, n. 4, 2012, p. e33515, DOI:10.1371/journal.pone.0033515, PMID 22496753.
  5. ^ a b c (EN) G. Oliver, C Rodrigues e M. R. Cunha, Chemosymbiotic bivalves from the mud volcanoes of the Gulf of Cadiz, NE Atlantic, with descriptions of new species of Solemyidae, Lucinidae and Vesicomyidae, in ZooKeys, n. 113, 2011, pp. 1–38, DOI:10.3897/ZooKeys.113.1402, PMID 21976991.
  6. ^ a b (EN) A Boetius, Microfauna–Macrofauna Interaction in the Seafloor: Lessons from the Tubeworm, in PLOS Biology, vol. 3, n. 3, 2005, p. e102, DOI:10.1371/journal.pbio.0030102, PMID 15760275.
  7. ^ a b c d (EN) Sommer S., Pfannkuche O., Linke P., Luff R., Greinert J., Drews M., Gubsch S., Pieper M., Poser M. e Viergutz T., Efficiency of the benthic filter: Biological control of the emission of dissolved methane from sediments containing shallow gas hydrates at Hydrate Ridge: BIOLOGICAL CONTROL OF EMISSION OF DISSOLVED METHANE, in Global Biogeochemical Cycles, vol. 20, n. 2, June 2006, DOI:10.1029/2004GB002389.
  8. ^ a b c d (EN) Boetius A. e Wenzhöfer F., Seafloor oxygen consumption fuelled by methane from cold seeps, in Nature Geoscience, vol. 6, n. 9, 2013, pp. 725–734, DOI:10.1038/ngeo1926.
  9. ^ Hovland M. e Thomsen E., Cold-water corals—are they hydrocarbon seep related?, in Marine Geology, vol. 137, 1–2, 1997, pp. 159–164, DOI:10.1016/S0025-3227(96)00086-2.
  10. ^ Hovland M. (2008). Deep-water coral reefs: unique biodiversity hot-spots. 8.10 Summary and re-iteration of the hydraulic theory. Springer, 278 pp. ISBN 978-1-4020-8461-4. Pages 204-205.
  11. ^ Paull C.K., Hecker B., Commeau R., Freeman-Lynde R., Neumann C., Corso W., Golubic S., Hook J.E., Sikes E.L. e Curray J.R., Biological communities at the Florida escarpment resemble hydrothermal vent taxa, in Science, vol. 226, n. 4677, 1984, pp. 965–967, DOI:10.1126/science.226.4677.965.
  12. ^ a b c d e (EN) K. Olu, E. E. Cordes, C. R. Fisher, J. M. Brooks, M. Sibuet e D. Desbruyères, Biogeography and Potential Exchanges Among the Atlantic Equatorial Belt Cold-Seep Faunas, in PLoS ONE, vol. 5, n. 8, 2010, p. e11967, DOI:10.1371/journal.pone.0011967, PMID 20700528.
  13. ^ Demise of Antarctic Ice Shelf Reveals New Life, su nsf.gov, National Science Foundation, 2007. URL consultato il 14 febbraio 2008.
  14. ^ a b c d Levin L.A., Ecology of cold seep sediments: Interactions if fauna with flow, chemistry and microbes, in Gibson R.N., Atkinson R.J.A. e Gordon J.D.M. (a cura di), Oceanography and Marine Biology: An Annual Review, vol. 43, 2005, pp. 1–46, ISBN 9780849335976.
  15. ^ a b Domack E., Ishman S., Leventer A., Sylva S. e Willmott V., A chemotrophic ecosystem found beneath Antarctic Ice Shelf, in Eos, Transactions American Geophysical Union, vol. 86, n. 29, 2005, pp. 269–276, DOI:10.1029/2005EO290001.
  16. ^ (EN) Jessen G.L., Pantoja S., Gutierréz M.H., Quiñones R.A., González R.R., Sellanes J., Kellermanns M.Y. e Hinrichs K.U., Methane in shallow cold seeps at Mocha Island off central Chile, in Continental Shelf Research, vol. 31, n. 6, 2011, pp. 574–581, DOI:10.1016/j.csr.2010.12.012.
  17. ^ Red List – Submarine structures made by leaking gases (PDF), su helcom.fi, HELCOM, 2013. URL consultato il 16 giugno 2017.
  18. ^ Fujikura K., Kojima S., Tamaki K., Maki Y., Hunt J. e Okutani T., The deepest chemosynthesis-based community yet discovered from the hadal zone, 7326 m deep, in the Japan Trench, in Marine Ecology Progress Series, vol. 190, 1999, pp. 17–26, DOI:10.3354/meps190017.
  19. ^ Campbell K.A., Farmer J.D. e Des Marais D., Ancient hydrocarbon seeps from the Mesozoic convergent margin of California: carbonate geochemistry, fluids and paleoenvironments, in Geofluids, vol. 2, n. 2, 2002, pp. 63-94, DOI:10.1046/j.1468-8123.2002.00022.x.
  20. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z aa ab ac ad ae af ag ah ai aj ak al Gulf of Mexico OCS Oil and Gas Lease Sales: 2007–2012. Western Planning Area Sales 204, 207, 210, 215, and 218. Central Planning Area Sales 205, 206, 208, 213, 216, and 222. Draft Environmental Impact Statement. Volume I: Chapters 1–8 and Appendices (PDF), su Minerals Management Service Gulf of Mexico OCS Region, New Orleans, U.S. Department of the Interior, novembre 2006, pp. 3–27, 3–31 (archiviato dall'url originale il 26 marzo 2009).
  21. ^ Pauli C.K., Hecker B., Commeau R., Freeman-Lynde R., Neumann C., Corso W., Golubic S., Hook J.E., Sikes E.L. e Curray J.R., Biological Communities at the Florida Escarpment Resemble Hydrothermal Vent Taxa, in Science, vol. 226, n. 4677, 1984, pp. 965-967, DOI:10.1126/science.226.4677.965.
  22. ^ Kennicutt M., Brooks J., Bidigare R.R., Fay R.R., Wade T.L. e McDonald T.J., Vent-type taxa in a hydrocarbon seep region on the Louisiana slope, in Nature, vol. 317, n. 6035, 1985, pp. 351-353, DOI:10.1038/317351a0.
  23. ^ Rosman I., Boland G.S. e Baker J.S., Epifaunal aggregations of Vesicomyidae on the continental slope off Louisiana, in Deep Sea Research Part A Oceanographic Research Papers, vol. 34, n. 11, 1987, pp. 1811-1820, DOI:10.1016/0198-0149(87)90055-0.
  24. ^ MacDonald I.R., Boland G.S., Baker J.S., Brooks J.M., Kennicutt M.C. e Bidigare R.R., Gulf of Mexico hydrocarbon seep communities II Spatial distribution of seep organisms and hydrocarbons at Bush Hill, in Marine Biology, vol. 101, 1989, pp. 235-247.
  25. ^ a b Sassen R., Roberts H., Aharon P., Larkin J., Chinn E.W. e Carney R.S., Chemosynthetic bacterial mats at cold hydrocarbon seeps, Gulf of Mexico continental slope, in Organic Geochemistry, vol. 20, n. 1, 1993, pp. 77–89, DOI:10.1016/0146-6380(93)90083-N.
  26. ^ H. H. Roberts, Fluid and gas expulsion on the northern Gulf of Mexico continental slope: Mud-prone to mineral-prone responses, in Natural Gas Hydrates, collana Geophysical Monograph Series, vol. 124, American Geophysical Union, 2001, pp. 145–161, DOI:10.1029/GM124p0145, ISBN 9781118668412. URL consultato il 26 marzo 2012 (archiviato dall'url originale il 28 ottobre 2012).
  27. ^ Brooks J., Cox H.B., Bryant W., Kennicutt M., Mann R.G. e McDonald T.J., Association of Gas Hydrates and Oil Seepage in the Gulf-of-Mexico, in Organic Geochemistry, vol. 10, n. 1-3, 1986, pp. 221-234, DOI:10.1016/0146-6380(86)90025-2.
  28. ^ Roberts H., Aharon P., Carney R.S., Larkin J. e Sassen R., Sea floor responses to hydrocarbon seeps, Louisiana continental slope, in Geo-Marine Letters, vol. 10, n. 4, 1990, pp. 232-243, DOI:10.1007/BF02431070.
  29. ^ Callender W. R. e Powell E. N., Why did ancient chemosynthetic seep and vent assemblages occur in shallower water than they do today?, in International Journal of Earth Sciences, vol. 88, n. 3, 1999, pp. 377–391, DOI:10.1007/s005310050273.
  30. ^ MacDonald I. R., Guinasso N. L., Ackleson S. G., Amos J. F., Duckworth R., Sassen e Brooks J. M., Natural oil slicks in the Gulf of Mexico visible from space, in Journal of Geophysical Research, vol. 98, C9, 1993, pp. 16351, DOI:10.1029/93JC01289.
  31. ^ a b MacDonald I.R., J.F. Reilly Jr., W.E. Best, R. Vnkataramaiah, R. Sassen, N.S. Guinasso Jr. e J. Amos, Remote sensing inventory of active oil seeps and chemosynthetic communities in the northern, in Gulf of Mexico. In: Schumacher, D. and M.A. Abrams, eds. Hydrocarbon migration and its nearsurface expression. American Association of Petroleum Geologists Memoir 6, Amer Association of Petroleum Geologists, 1996, pp. 27–37, ISBN 978-0-89181-345-3.
  32. ^ a b I. R. MacDonald, G. S. Boland, J. S. Baker, J. M. Brooks, M. C. Kennicutt II e R. R. Bidigare, Gulf of Mexico hydrocarbon seep communities: II. Spatial distribution of seep organisms and hydrocarbons at Bush Hill, in Marine Biology, vol. 101, 1989, pp. 235-247.
  33. ^ a b I. R. McDonald (a cura di), Stability and Change in Gulf of Mexico Chemosynthetic Communities (PDF), su data.boem.gov, U.S. Department of the Interior: OCS Study MMS 98-0034: Prepared by the Geochemical and Environmental Research Group: Texas A&M University, 1998. URL consultato il 17 luglio 2016 (archiviato dall'url originale il 29 dicembre 2016).
  34. ^ (EN) MacDonald I.R., Guinasso N., Sassen R., Brooks J., Lee L. e Scott K.T., Gas Hydrate That Breaches the Sea-Floor on the Continental-Slope of the Gulf-of-Mexico (PDF), in Geology, vol. 22, n. 8, 1994, pp. 699-702, DOI:10.1130/0091-7613(1994)022<0699:Ghtbts>2.3.Co;2.
  35. ^ MacDonald I.R., Sager W., Lee C., Schroeder W.W. e Kennicutt M., Chemosynthetic ecosystems study. Final report. Volume 1. Executive summary, No. PB-96-185780/XAB, Texas A and M Univ., College Station, TX (United States). Geochemical and Environmental Research Group, 1995.
  36. ^ (EN) MacDonald I.R., Guinasso N., Reilly J.F., Brooks J., Russell Callender W. e Gabrielle S.G., Gulf of Mexico hydrocarbon seep communities: VI. Patterns in community structure and habitat, in Geo-Marine Letters, vol. 10, n. 4, 1990, pp. 244-252, DOI:10.1007/BF02431071.
  37. ^ (EN) Fisher C.R., Urcuyo I.A., SimpKins M.A. e Nix E., Life in the Slow Lane: Growth and Longevity of Cold‐seep Vestimentiferans, in Marine Ecology, vol. 18, n. 1, 1997, pp. 83-84, DOI:10.1111/j.1439-0485.1997.tb00428.x.
  38. ^ (EN) Bergquist D.C., Williams F.M. e Fisher C.R., Longevity record for deep-sea invertebrate, in Nature, vol. 403, n. 6769, 2000, pp. 499-500, DOI:10.1038/35000647.
  39. ^ a b (EN) Järnegren J., Tobias C.R., Macko S.A. e Young C.M., Egg Predation Fuels Unique Species Association at Deep-Sea Hydrocarbon Seeps (PDF), in Biological Bulletin, vol. 209, n. 2, 2005, pp. 87-93, DOI:10.2307/3593126.
  40. ^ (EN) Boland G.S., Discovery of co-occurring bivalve Acesta sp. and chemosynthetic tube worms Lamellibrachia sp, in Nature, vol. 323, 1986, pp. 759.
  41. ^ (EN) Powell E.N. e Stanton Junior J.R., The application of guild and tier structure and energy flow in paleoecologic analysis: An example using parautochthonous death assemblages from a variable salinity bay, in Ichnos, vol. 10, n. 4, 1995, pp. 281-327, DOI:10.1080/10292389509380527.
  42. ^ (EN) Rosman I., Boland G.S. e Baker J.S., Epifaunal aggregations of Vesicomyidae on the continental slope off Louisiana, in Deep Sea Research Part A Oceanographic Research Papers, vol. 34, n. 11, 1987, pp. 1811-1820, DOI:10.1016/0198-0149(87)90055-0.
  43. ^ L. M. Pinheiro, M. K. Ivanov, A. Sautkin, G. Akhamanov, V. H. Magalhães, A. Volkonskaya, J. H. Monteiro, L. Somoza, J. Gardner, N. Hamouni e M. R. Cunha, Mud volcanoes in the Gulf of Cadiz: results from the TTR-10 cruise, in Marine Geology, vol. 195, 1–4, 2003, pp. 131–151, DOI:10.1016/S0025-3227(02)00685-0.
  44. ^ a b c d e Miloslavich P., Klein E., Díaz J. M., Hernández C. E. e Bigatti G., Marine Biodiversity in the Atlantic and Pacific Coasts of South America: Knowledge and Gaps, in PLoS ONE, vol. 6, n. 1, 2011, p. e14631, DOI:10.1371/journal.pone.0014631.
  45. ^ a b c d e f (EN) R. Danovaro, J. B. Company, C. Corinaldesi, G. D'Onghia e B. Galil, Deep-Sea Biodiversity in the Mediterranean Sea: The Known, the Unknown, and the Unknowable, in PLoS ONE, vol. 5, n. 8, 2010, p. e11832, DOI:10.1371/journal.pone.0011832, PMID 20689848.
  46. ^ (EN) Southward E.C., Andersen A.C. e Hourdez S., Lamellibrachia anaximandri n. Sp., a new vestimentiferan tubeworm (Annelida) from the Mediterranean, with notes on frenulate tubeworms from the same habitat, in Zoosystema, vol. 33, n. 3, 2010, pp. 245-279, DOI:10.5252/z2011n3a1.
  47. ^ Zitter T. A. C, Henry P., Aloisi G., Delaygue G. e Çagatay M. N., Cold seeps along the main Marmara Fault in the Sea of Marmara (Turkey) (PDF), in Deep-Sea Research Part I: Oceanographic Research Papers, vol. 55, n. 4, 2008, pp. 552–570, DOI:10.1016/j.dsr.2008.01.002.
  48. ^ (EN) Fischer D., Bohrmann G., Zabel M. e Kasten S., Geochemical zonation and characteristics of cold seeps along the Makran continental margin off Pakistan, in EGU General Assembly Conference Abstracts, 2009.
  49. ^ a b Chen Z., Huang C.Y., Zhao M., Yan W., Chien C.W., Chen M., Yang H., Machiyama H. e Lin S., Characteristics and possible origin of native aluminum in cold seep sediments from the northeastern South China Sea, in Journal of Asian Earth Sciences, vol. 40, n. 1, 2011, pp. 363–370, DOI:10.1016/j.jseaes.2010.06.006.
  50. ^ a b Katsunori Fujikura, Sensui chōsasen ga mita shinkai seibutsu : shinkai seibutsu kenkyū no genzai = Deep-sea life : biological observations using research submersibles, Dai 1-han, Hadano-shi, Tōkai Daigaku Shuppankai, 2008, p. 450, ISBN 978-4-486-01787-5.
  51. ^ a b c (EN) K. Fujikura, D. Lindsay, H. Kitazato, S. Nishida e Y. Shirayama, Marine Biodiversity in Japanese Waters, in PLoS ONE, vol. 5, n. 8, 2010, p. e11836, DOI:10.1371/journal.pone.0011836, PMID 20689840.
  52. ^ Hiroshi Miyake, Jun Hashimoto e Shinji Tsuchida, Observation method of behaviour of vestimentifean tube-worm (Lamellibrachia satsuma) in its tube (PDF), su JAMSTEC深海研究. (16-I.生物学編), 2010. URL consultato il 30 marzo 2012.
  53. ^ マリアナ海溝、チャレンジャー海淵の近くにおいて、マントル物質から栄養を摂る生態系を発見~有人潜水調査船「しんかい6500」による成果~, su jamstec.go.jp, 7 febbraio 2012. URL consultato il 29 marzo 2012 (archiviato dall'url originale il 23 settembre 2012).
  54. ^ Yasuhiko Ohara, Mark K. Reagan, Katsunori Fujikura, Hiromi Watanabe, Katsuyoshi Michibayashi, Teruaki Ishii, Robert J. Stern, Ignacio Pujana, Fernando Martinez, Guillaume Girard, Julia Ribeiro, Maryjo Brounce, Naoaki Komori e Masashi Kino, A serpentinite-hosted ecosystem in the Southern Mariana Forearc, in Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, vol. 109, n. 8, 2012, pp. 2831–2835, DOI:10.1073/pnas.1112005109.
  55. ^ 東北地方太平洋沖地震震源海域での有人潜水調査船「しんかい6500」による潜航調査で得られた画像について(速報), su jamstec.go.jp, 海洋研究開発機構, 15 agosto 2011. URL consultato il 29 marzo 2012.
  56. ^ Shinsuke Kawagucci, Yukari T. Yoshida, Takuroh Noguchi, Makio C. Honda, Hiroshi Uchida, Hidenori Ishibashi, Fumiko Nakagawa, Urumu Tsunogai, Kei Okamura, Yoshihiro Takaki, Takuro Nunoura, Junichi Miyazaki, Miho Hirai, Weiren Lin, Hiroshi Kitazato e Ken Takai, Disturbance of deep-sea environments induced by the M9.0 Tohoku Earthquake, in Scientific Reports, vol. 2, 3 gennaio 2012, p. 270, DOI:10.1038/srep00270.
  57. ^ a b c (EN) D. P. Gordon, J. Beaumont, A. MacDiarmid, D. A. Robertson e S. T Ahyong, Marine Biodiversity of Aotearoa New Zealand, in PLoS ONE, vol. 5, n. 8, 2010, p. e10905, DOI:10.1371/journal.pone.0010905, PMID 20689846.
  58. ^ Lewis K. B. e Marshall B. A., Seep faunas and other indicators of methane-rich dewatering on New Zealand convergent margins, in New Zealand Journal of Geology and Geophysics, vol. 39, n. 2, 1996, pp. 181–200, DOI:10.1080/00288306.1996.9514704.
  59. ^ Orpin A. R., Dolomite chimneys as possible evidence of coastal fluid expulsion, uppermost Otago continental slope, southern New Zealand, in Marine Geology, vol. 138, 1–2, 1997, pp. 51–67, DOI:10.1016/S0025-3227(96)00101-6.
  60. ^ a b Baco A.R., Rowden A.A., Levin L.A., Smith C.R. e Bowden D., Initial characterization of cold seep faunal communities on the New Zealand margin, in Marine Geology, vol. 272, 1–4, 2009, pp. 251–259, DOI:10.1016/j.margeo.2009.06.015.
  61. ^ Sellanes J., Neira C., Quiroga E. e Teixido N., Diversity patterns along and across the Chilean margin: a continental slope encompassing oxygen gradients and methane seep benthic habitats, in Marine Ecology, vol. 31, n. 1, 2010, pp. 111–124, DOI:10.1111/j.1439-0485.2009.00332.x.
  62. ^ a b Sellanes J., Quiroga E. e Neira C., Megafauna community structure and trophic relationships at the recently discovered Concepción Methane Seep Area, Chile, ~36°S, in ICES Journal of Marine Science, vol. 65, n. 7, 2008, pp. 1102–1111, DOI:10.1093/icesjms/fsn099.
  63. ^ Sellanes J., Quiroga E. e Gallardo V.A., First direct evidence of methane seepage and associated chemosynthetic communities in the bathyal zone off Chile, in Journal of the Marine Biological Association of the UK, vol. 84, n. 5, 2004, pp. 1065–1066, DOI:10.1017/S0025315404010422h.
  64. ^ a b Gallardo V. A. e Espinoza C., Large multicellular filamentous bacteria under the oxygen minimum zone of the eastern South Pacific: a forgotten biosphere, in Richard B. Hoover, Gilbert V. Levin, Alexei Y. Rozanov e Paul C. W. Davies (a cura di), Proc. SPIE, supplemento di Instruments, Methods, and Missions for Astrobiology X, vol. 6694, 2007, pp. 66941H–11, DOI:10.1117/12.782209.
  65. ^ a b Barrie J. V., Cook S. e Conway K. W., Cold seeps and benthic habitat on the Pacific margin of Canada, in Continental Shelf Research, vol. 31, 2 Supplemento 1, 2010, pp. S85–S92, DOI:10.1016/j.csr.2010.02.013.
  66. ^ Lorenson T. D., Kvenvolden K. A., Hostettler F. D., Rosenbauer R. J., Martin J. B. & Orange D. L. (1999). "Hydrocarbons Associated with Fluid Venting Process in Monterey Bay, California". USGS Pacific Coastal & Marine Science Center.
  67. ^ Goffredi S. K. & Barry J. P. (2000). "Factors regulating productivity in chemoautotrophic symbioses; with emphasis on Calyptogena kilmeri and Calyptogena pacifica". Poster, Monterey Bay Aquarium Research Institute. accessed 3 February 2011. PDF.
  68. ^ Bernhard J. M., Buck K. R. e Barry J. P., Monterey Bay cold-seep biota: Assemblages, abundance, and ultrastructure of living foraminifera, in Deep-Sea Research Part I: Oceanographic Research Papers, vol. 48, n. 10, 2001, pp. 2233–2249, DOI:10.1016/S0967-0637(01)00017-6.
  69. ^ Lonsdale, P., A deep-sea hydrothermal site on a strike-slip fault, in Nature, vol. 281, n. 5732, 1979, pp. 531–534, DOI:10.1038/281531a0.
  70. ^ Paull, C. K., W. R. Normark, W. Ussler III, D. W. Caress e R. Keaten, Association among active seafloor deformation, mound formation, and gas hydrate growth and accumulation within the seafloor of the Santa Monica Basin, offshore California, in Marine Geology, vol. 250, 3–4, 2008, pp. 258–275, DOI:10.1016/j.margeo.2008.01.011.
  71. ^ a b Maloney J.M., Grupe B.M., Pasulka A.L., Dawson K.L., Case D.H. e Frieder C.A. autore7 = Levin L.A., Transpressional segment boundaries in strike-slip fault systems offshore southern California: Implications for fluid expulsion and cold-seep habitats (PDF), in Geophysical Research Letters, vol. 42, n. 10, 2015, pp. 4080–4088, DOI:10.1002/2015GL063778.
  72. ^ a b c d Griffiths H. J., Antarctic Marine Biodiversity – What Do We Know About the Distribution of Life in the Southern Ocean?, in PLoS ONE, vol. 5, n. 8, 2010, p. e11683, DOI:10.1371/journal.pone.0011683.
  73. ^ Liu Chao, An Xianyin, Algeo T.J., Munnecke Axel, Zhang Yujie e Zhu Tongxing, Hydrocarbon-seep deposits in the lower Permian Angie Formation, Central Lhasa Block, Tibet, in Gondwana Research, vol. 90, 2021, pp. 258–272, DOI:10.1016/j.gr.2020.10.017.
  74. ^ (EN) Scott Shapiro R., Recognition of Fossil Prokaryotes in Cretaceous Methane Seep Carbonates: Relevance to Astrobiology, in Astrobiology, vol. 4, n. 4, 2004, pp. 438–449, DOI:10.1089/ast.2004.4.438.
  75. ^ (EN) A. Kaim, R. Jenkins e A. Warén, Provannid and provannid-like gastropods from the Late Cretaceous cold seeps of Hokkaido (Japan) and the fossil record of the Provannidae (Gastropoda: Abyssochrysoidea), in Zoological Journal of the Linnean Society, vol. 154, n. 3, 2008, pp. 421–436, DOI:10.1111/j.1096-3642.2008.00431.x.
  76. ^ (EN) Kazutaka Amanu, Robert G. Jenkins, Yukio Sako, Masaaki Ohara e Steffen Kiel, A Paleogene deep-sea methane-seep community from Honshu, Japan, in Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology, vol. 387, 1º October 2013, pp. 126–133, DOI:10.1016/j.palaeo.2013.07.015. URL consultato il 16 novembre 2022.
  77. ^ (EN) S. Conti, C. Fioroni e D. Fontana, Correlating shelf carbonate evolutive phases with fluid eexpulsion episodes in the foredeep Miocene, northern Apennines, Italy, in Marine and Petroleum Geology, vol. 79, 2017, pp. 351–359, DOI:10.1016/j.marpetgeo.2016.11.003.
  78. ^ (EN) Magdalena N. Georgieva et al., Discovery of an Extensive Deep-Sea Fossil Serpulid Reef Associated With a Cold Seep, Santa Monica Basin, California, in Frontiers in Marine Science, vol. 6, 19 marzo 2019, pp. 1–21, DOI:10.3389/fmars.2019.00115.
  79. ^ (EN) Galil, B.S., Golik, A. e Turkay, M., Litter at the bottom of the sea: A sea bed survey in the Eastern Mediterranean, in Marine Pollution Bulletin, vol. 30, n. 1, 1995, pp. 22–24, DOI:10.1016/0025-326x(94)00103-g.
  80. ^ (EN) F. Galgani, S. Jaunet, A. Campillo, X. Guenegan e E. His, Distribution and abundance of debris on the continental shelf of the northwestern Mediterranean Sea, in Marine Pollution Bulletin, vol. 30, n. 11, 1995, pp. 713–717, DOI:10.1016/0025-326x(95)00055-r.
  81. ^ (EN) T.O. Richter, H.C. de Stigter, W. Boer, C.C. Jesus e T.C.E. van Weering, Dispersal of natural and anthropogenic lead through submarine canyons in the Portuguese margin, in Deep-Sea Research Part I, vol. 56, n. 2, 2009, pp. 267–282, DOI:10.1016/j.dsr.2008.09.006.
  82. ^ (EN) G. Rotllant, A.E. Holgado, F. Sarda, M. Abalos e J.B. Company, Dioxin compounds in the deep-sea rose shrimp Aristeus antennatus (Risso, 1816) throughout the Mediterranean Sea, in Deep-Sea Research Part I, vol. 53, n. 12, 2006, pp. 1895–1906, DOI:10.1016/j.dsr.2006.09.004.
  83. ^ (EN) MA Unger, E. Harvey, GG Vadas e M. Vecchione, Persistent pollutants in nine species of deep-sea cephalopods, in Marine Pollution Bulletin, vol. 56, n. 8, 2008, pp. 1486–1512, DOI:10.1016/j.marpolbul.2008.04.018, PMID 18501382.
  84. ^ (EN) K.L. Smith, H.A. Ruhl, B.J. Bett, D.S.M. Billet e R.S. Lampitt, Climate, carbon cycling, and deep ocean ecosystems, in PNAS, vol. 106, n. 46, 2009, pp. 19211–19218, DOI:10.1073/pnas.0908322106, PMID 19901326.

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]