Impero latino di Costantinopoli
L'Impero latino di Costantinopoli (1204-1261), detto anche Impero latino d'Oriente, fu il risultato della quarta crociata, indetta da papa Innocenzo III per la riconquista di Gerusalemme, ma conclusa con il saccheggio e la presa di Costantinopoli. Per la città e per l'impero fu un periodo di grande decadenza, terminato solo con la riscossa dell'imperatore bizantino Michele VIII Paleologo che riconquistò la capitale.
Tale impero veniva percepito dai crociati come uno Stato cattolico successore dell'Impero romano d'Oriente. Baldovino I, conte delle Fiandre, venne incoronato come primo Imperatore il 16 maggio 1204; al rivale Bonifacio del Monferrato venne affidato il regno di Tessalonica.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Contesto storico
[modifica | modifica wikitesto]L'impero bizantino alla fine del XII secolo si era indebolito a livello politico e militare, perdendo in sequenza la Serbia, la Croazia, la Dalmazia e la Bulgaria.[1][2] Al contempo, l'Europa occidentale si stava organizzando per compiere una nuova grande campagna nell'ambito delle crociate, con la speranza di riconquistare Gerusalemme, perduta nel 1187. I nobili perlopiù francesi e fiamminghi che provarono a organizzarla avevano bisogno di imbarcazioni per raggiungere la Terrasanta, motivo per cui decisero dopo attente riflessioni a rivolgersi alla repubblica di Venezia, la sola in grado di fornire gli aiuti indispensabili; fu così che nella città lagunare si radunarono le forze intenzionate a unirsi alla quarta crociata e imbarcarsi per la Terrasanta, che però erano prive dei fondi necessari a pagare l'esorbitante trasporto con le navi lagunari.[3] Il doge Enrico Dandolo ebbe allora la brillante idea di offrire loro il trasporto in cambio della conquista della città ribelle di Zara, che era uno degli scali lungo la rotta per la Terrasanta.[4] La decisione era motivata dal desiderio veneziano di ricondurre all'obbedienza gli zaratini, che avevano preferito accettare l'autorità dell'Ungheria.[4] Al netto di vari pareri avversi, numerosi crociati accettarono di collaborare con Venezia ed eseguirono nel 1202 l'assedio di Zara, ma il saccheggio e la devastazione arrecata ai danni di una città cristiana indignò la Santa Sede.[5] Papa Innocenzo III decise infatti di scomunicare i partecipanti, salvo poi limitare il provvedimento ai soli veneziani, nella speranza che la spedizione potesse proseguire senza ulteriori e gravi intoppi.[5]
Nel frattempo, le lotte tra il figlio del deposto imperatore Isacco Angelo (Alessio) e suo zio, il despota Alessio III innescarono conseguenze allora imprevedibili. Dopo essere stato imprigionato col padre, Alessio riuscì a fuggire, dirigendosi verso nord.[6] A Zara, Enrico Dandolo ricevette degli emissari del giovane bizantino, che domandava assistenza per rovesciare l'attuale imperatore che usurpava il trono.[7] Poiché in cambio aveva effettuato delle promesse mirabolanti in termini religiosi, economici, politici e militari per la prosecuzione della crociata, la ricomposizione dello Scisma d'Oriente e per la stipula di accordi commerciali, l'appello divenne assai allettante e spinse il doge e gli altri comandanti ad accettare la proposta.[8] Fu così che nel 1203 i veneziani e i crociati eseguirono un assedio di Costantinopoli, rovesciando Alessio III, restaurando Isacco e Alessio IV e insediandosi alle porte della capitale in attesa che le promesse sarebbero state garantite.[9] Oltre a essere oggettivamente impossibile adempiervi, le decisioni di Alessio erano ostacolate dalla potente aristocrazia bizantina, stanca delle prepotenze e delle ingerenze occidentali.[10] Quando divenne chiaro che sarebbe risultato impossibile mantenere fede a quanto giurato, i crociati eseguirono nel 1204 un secondo assedio, stavolta più brutale, in quanto culminato con una serie di efferati saccheggi e soprusi che causarono il crollo dell'impero bizantino.[11][12]
Nascita e dissoluzione
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La fisionomia del neonato impero latino fu conferita dalla Partitio terrarum imperii Romaniae ("divisione delle terre dell'impero di Romània),[nota 1] un trattato concluso dai crociati e dai veneziani nel marzo del 1204 a Costantinopoli.[13] Il doge Enrico Dandolo, ispiratore del patto di spartizione summenzionato, suggerì anzitutto di eleggere un imperatore della Romania, considerando tra i candidati il marchese Bonifacio I del Monferrato, prima comandante dell'esercito crociato e dalle spiccate capacità politiche, e il conte Baldovino IX di Fiandra, maggiormente gradito ai veneziani e anche per questo infine incoronato nel maggio del 1204 a Santa Sofia sovrano.[nota 2][13]
Quanto al destino delle terre bizantine, a Baldovino ne fu assegnato un terzo, corrispondente alla Tracia e alla porzione nord-occidentale dell'Anatolia, comprensiva delle due sponde del Bosforo e dell'Ellesponto, oltre a varie isole egee tra cui Lesbo, Chio e Samo.[14] Un altro terzo venne riservato ai capi crociati, a cui spettava il compito di dividerle con più precisione tra i cavalieri.[15] Bonifacio del Monferrato avrebbe dovuto ricevere qualcosa in Anatolia, ma preso dal rancore per non essere stato eletto imperatore, scatenò violente dispute e si chetò soltanto quando si ritagliò un possedimento nella regione europea, impadronendosi con la forza di Tessalonica dopo aver ceduto Creta ai lagunari e fondando un regno che includeva alcuni centri abitati alle porte della Macedonia e della Tessaglia.[13][16] I restanti domini andarono ai veneziani, coloro che trassero il massimo vantaggio dall'impresa e i cui avamposti erano dislocati tra importanti porti e numerose isole egee.[13][17] Pur avendo rinunciato al possesso dell'Epiro, dell'Acarnania, dell'Etolia e del Peloponneso, che le erano stati riservati, la repubblica marinara si insediò nei porti di Corone e Modone e più tardi anche di Durazzo e di Ragusa, sull'Adriatico.[18] Al doge andarono inoltre le isole Ionie, la già citata Creta, Negroponte, il grosso delle Cicladi, amministrativamente incorporate nel ducato dell'Arcipelago, e i più importanti porti dell'Ellesponto e del Mar di Marmara.[13][18] Anche la stessa Costantinopoli venne spartita, con Venezia che ne ottenne tre ottavi, mentre gli altri cinque restarono all'imperatore.[18] Ciò consentiva di fatto al doge di vantare il possesso di un solido impero coloniale in Oriente, così come delle principali rotte marittime tra Venezia e Costantinopoli.[15]
Sin dalla sua fondazione, l'impero latino soffriva una precarietà strutturale e politica tangibile. Presto l'impero entrò in uno stato di guerra costante con i suoi potenti vicini, ovvero la Bulgaria di Kalojan e le due neonate realtà che si proponevano di raccogliere l'eredità bizantini, l'impero di Nicea in Asia Minore e il despotato d'Epiro nei Balcani (una terza realtà nata dalle ceneri di Bisanzio, l'impero di Trebisonda, rimase estranea alle vicende che interessarono l'impero latino). La nomina Baldovino I, primo sovrano eletto, suscitò risentimento in Bonifacio I del Monferrato, che decise di ritagliarsi un proprio dominio largamente indipendente in Grecia, il regno di Tessalonica. Ciò acuì la fragilità dei latini, che sin dal 1205, dopo aver altezzosamente respinto gli atteggiamenti cordiali di Kalojan, lottarono contro i bulgari e, nel 1205, durante una di queste lotte, Baldovino I morì. Gli subentrò il fratello Enrico di Fiandra (r. 1206-1216), sotto cui l'impero visse il proprio apogeo grazie a una politica accorta, alla salvaguardia dei confini e alla decisione di rinsaldare i rapporti con l'aristocrazia dopo i primi atteggiamenti vessatori adottati nei primi tempi. In Anatolia, Enrico riportò brillanti vittorie militari ai danni dell'imperatore di Nicea Teodoro I Lascaris, assicurando per qualche anno il controllo latino delle coste asiatiche fino ad Adramittio.
Alla morte di Enrico, le lotte dinastiche e le rivalità locali indebolirono l'impero. Il legame con il regno di Tessalonica, retto dalla dinastia dei Monferrato, fu fonte di ulteriori attriti: dopo la morte di Bonifacio di Monferrato nel 1207, Enrico dovette domare le ribellioni dei feudatari lombardi e dei signori di Negroponte. Sebbene riuscisse a garantire la successione del giovane Demetrio del Monferrato, le tensioni riemersero quando l'imperatore Pietro II di Courtenay (r. 1216-1217) fu catturato lungo il tragitto verso Costantinopoli dall'ambizioso Teodoro Angelo Ducas d'Epiro, che nel 1224 conquistò Tessalonica e la pose sotto il proprio dominio. Teodoro giunse persino a considerare l'idea di aggredire Costantinopoli, ma il timore di un intervento del potente zar Ivan Asen II, sotto cui la Bulgaria visse una fase di grande splendore, gli impedì di completare la conquista.
Nel frattempo, l'impero di Nicea, sotto la capace gestione di Giovanni III Vatatze (r. 1221-1254), circoscrisse progressivamente la presenza latina in Anatolia fino alla sola Nicomedia. Invani si rivelarono gli sforzi dell'imperatore latino Roberto di Courtenay (r. 1219-1227) di richiamare l'attenzione dell'Occidente su quanto era chiamato ad amministrare. Le successive coalizioni tra Vatatze e Ivan Asen dal 1235 minacciarono gravemente la sopravvivenza dell'impero, ormai confinato a Costantinopoli e alle aree immediatamente circostanti. Malgrado la situazione disperata, grazie all'ausilio dei veneziani Costantinopoli resistette nel 1236 al più importante tentativo di assaltare la città mentre si trovava sotto i latini. L'invasione mongola della Bulgaria e della Serbia e la conseguente avanzata contro l'impero latino compromisero la stabilità dello Stato crociato, il quale tentava ormai di anno in anno invano di chiedere rinforzi all'Europa occidentale. Stridevano con questa fase di decadenza gli encomiabili risultati raggiunti da Vatatze, i quali consentirono al suo successore, Teodoro II Lascaris (r. 1254-1258), di consolidare la posizione dei niceni, ma la sua dissennata lotta con l'aristocrazia esasperò la situazione interna e portò all'estinzione della sua dinastia e all'ascesa di Michele VIII Paleologo.
Negli ultimi decenni in cui esistette, divenne evidente che la sopravvivenza del dominio latino dipendesse da fragili alleanze temporanee, dalla speranza che i contrasti tra i niceni, i bulgari o altre potenze esterne proseguissero e che il cronico deficit di risorse militari e finanziarie stava diventando incolmabile. Gli appelli del papato e le crociate proclamate per sostenere Costantinopoli sortirono risultati minimi, costringendo il disperato imperatore Baldovino II (r. 1237-1261) a recarsi frequentemente in Europa (1237-1239 e 1243-1248) in cerca di appoggio. Nel frattempo, i baroni latini ipotecarono persino la Corona di Spine, poi riscattata dal re di Francia Luigi IX nel 1238, e lo stesso Baldovino arrivò a dare in pegno il proprio figlio Filippo di Courtenay ai mercanti veneziani. Nel 1260, l'imperatore fu costretto a spogliare i palazzi della capitale del piombo dei tetti per finanziare la difesa.
Neppure la repubblica di Venezia, pur interessata economicamente alla sopravvivenza dell'impero, offrì un aiuto militare costante. Internamente, la lealtà dei sudditi greci venne meno, poiché molti preferirono sostenere i sovrani epiroti o niceni, percepiti come legittimi eredi bizantini. La situazione precipitò definitivamente quando nel 1261, quasi per caso, ebbe luogo la riconquista di Costantinopoli, che non fu impedita per via dell'impossibilità da parte dei latini di allestire una qualche difesa adeguata. Fu con Michele VIII Paleologo che ebbe luogo la restaurazione dell'impero bizantino e fu allora Baldovino II fuggì in Occidente, dove i suoi sforzi per ottenere appoggi e riconquistare la capitale rimasero vani, malgrado la costituzione di una coalizione anti-bizantina sembrò assai concretamente prendere forma per via dell'intervento di Carlo I d'Angiò.
Politica
[modifica | modifica wikitesto]L'imperatore latino
[modifica | modifica wikitesto]Il nome latino dell'imperatore era Imperator Romaniae, o Imperatore di Romània. Questo nome, che all'incirca significa "terra romana", non ha niente a che vedere con l'attuale e omonima nazione; piuttosto, era la forma latina del titolo del cosiddetto Imperatore romano d'Oriente, che l'Imperatore latino sperava di rimpiazzare. L'Impero bizantino non venne infatti mai definito come tale nel corso della sua esistenza: tale definizione è di natura storiografica a posteriori, infatti il titolo dell'imperatore era Basileus Rhomaion, ovvero Imperatore dei Romani, per via della diretta continuità con l'Impero romano dopo la suddivisione tra Oriente e Occidente del 395. L'Impero latino avanzò pretese su tutti i territori controllati dall'Impero bizantino fin dal momento in cui Costantinopoli venne conquistata, ed esercitò il controllo su parte della Grecia (gli Stati crociati: il Regno di Tessalonica, il Principato d'Acaia, il Ducato di Atene).
Gran parte del territorio rimase però nelle mani degli stati rivali guidati dagli aristocratici dell'ex-Impero, come il Despotato d'Epiro, l'Impero di Nicea, e l'Impero di Trebisonda, anche se i parenti di Baldovino, conte delle Fiandre, combatterono lungamente per assicurarsene il dominio. L'Impero latino ebbe termine il 25 luglio 1261, quando Michele VIII Paleologo riprese Costantinopoli, deponendo l'ultimo imperatore, Baldovino II.
Per circa un secolo a seguire gli eredi di Baldovino II continuarono comunque ad usare il titolo di Imperatore di Costantinopoli e vennero formalmente considerati dai sovrani occidentali come i legittimi sovrani dei restanti Stati Latini dell'Egeo, fino alla ripresa dei suddetti territori da parte della dinastia dei Paleologi (che dedicarono maggiore priorità alla riconquista delle province elleniche, condannando quelle anatoliche ad una precoce sottomissione agli Ottomani).
Quanto al funzionamento effettivo della sua corte, l'imperatore latino adottava molte delle tradizioni di stampo bizantino, come nel caso della realizzazione di documenti ufficiali, della procedura d'incoronazione o ancora della nomina di feudatari.[19] Questi ultimi, in particolare, dovevano giurare fedeltà alla corona, dovendo fornire aiuto militare in caso di bisogno.[20]
Imperatori latini di Costantinopoli (1204-1383)
[modifica | modifica wikitesto]- Effettivi, 1204-1261
- Baldovino I (1204 - 1205)
- Enrico di Fiandra (1206 - 1216)
- Pietro II di Courtenay (1217)
- Iolanda di Fiandra (1217 - 1219)
- Roberto di Courtenay (1218 - 1228)
- Maria di Courtenay (1222, 1228)
- Giovanni di Brienne (1228 - 1237)
- Baldovino II (1228 - 1261), morto nel 1273
- Titolari, 1261-1383
- Baldovino II (1261-1273)
- Filippo di Courtenay (1273-1283)
- Caterina I di Courtenay (1283-1308)
- Caterina II di Valois-Courtenay (1308-1346, dal 1313 al 1332 con il marito Filippo I di Taranto)
- Roberto di Taranto (1346-1364)
- Filippo II di Taranto (1364-1373)
- Margherita d'Angiò (1373-1380)
- Giacomo di Baux (1380-1383) (Giacomo cedette le sue pretese al titolo al duca Luigi I d'Angiò, pretendente anche al trono di Napoli, ma Luigi e i suoi discendenti non usarono mai il titolo).
Assetto amministrativo
[modifica | modifica wikitesto]La ripresa delle usanze bizantine riguardò anche campi quali la riscossione delle tasse, il cui complicato meccanismo dei decenni precedenti non subì alterazioni e fu anzi perfezionato dai funzionari greci attivi alla corte imperiale.[19] Altri ambiti, invece, soprattutto quelli relativi alla parcellizzazione delle terre, subirono un più tangibile influsso delle riforme apportate dagli occidentali, specie riguardo all'adozione del meccanismo del feudalesimo.[19]
L'ordinamento feudale era stato in particolare disposto dal già citato trattato noto come Partitio terrarum imperii Romaniae del 1204.[21] seppur ignoto come meccanismo in senso stretto, Bisanzio aveva da tempo perduto il proprio centralismo e la sua economia e società viravano ormai verso soluzioni simili al feudalesimo, circostanza la quale agevolò le politiche dei nuovi signori.[22] A giudizio di Georgij Ostrogorskij e di John Fine, si potrebbe addirittura affermare che non esisteva alcuna differenza tra la pronoia romea e il feudum occidentale, o che comunque non avvennero dei reali stravolgimenti.[22][23] Considerata l'importanza specifica dei pronoiari, gli occidentali si prodigarono presto per assecondare le loro volontà e, nella prassi, essi finirono per accettare i nuovi signori a patto di preservare le proprie terre.[22] Al contrario, Antonio Carile ha sostenuto che soltanto con il tempo i latini ridussero la portata delle sopraffazioni, preferendo venire a patti con l'élite locale.[24] A suo dire, «l'insediamento della feudalità occidentale nel tessuto sociale romeo provocò notevoli attriti, probabilmente accentuati dalla volontà dei cavalieri di accumulare in breve tempo somme notevoli a spese dei propri sudditi e forse con usurpazioni di terre».[25] Nella sostanza, i vari funzionari pubblici e comandanti militari regionali finirono soppiantati da una classe di feudatari, la cui ricompensa era costituita da donazioni terriere e manodopera contadina.[25] Al di là di queste categorie sociali privilegiate, le condizioni dei ceti più umili rimasero immutate e ciò rese estremamente dura la convivenza con i latini, detestati per la loro prepotenza e il differente credo religioso.[22][26]
Società
[modifica | modifica wikitesto]Nella «Nuova Francia», come la definì papa Onorio III, si concretizzò un interessante coacervo di cultura tra civiltà occidentale e orientale.[27] Nel quadro sociale dell'impero latino di Costantinopoli si incontravano e mescolavano elementi di origine e cultura diverse, potendosi infatti incontrare cavalieri francesi e signori bizantini, mercanti veneziani, minoranze armene ed ebraiche, membri del clero latino e del clero greco.[27] Una simile convivenza, tipica di una società coloniale, accentuava il cosmopolitismo già esistente in ambienti bizantini, ma che i nuovi dominatori occidentali esasperarono ulteriormente.[27]

Attorno all'imperatore si sviluppò una corte di impronta feudale, nella quale dominavano i grandi feudatari, le dame e i trovatori che discutevano di amor cortese e di ideali cavallereschi.[27] Sebbene il sistema feudale imposto dagli occidentali non giovasse alla popolazione greca soggetta, offrì ai signori latini la possibilità di condurre un'esistenza sontuosa, sostenuta dai proventi delle terre, dai tributi dei contadini, dagli affitti urbani e dalle tasse commerciali.[28] Parte di queste rendite veniva spesa nella costruzione di castelli e fortificazioni, il cui stile architettonico assecondava i gusti dell'Occidente, e le rovine ancora visibili in Grecia testimoniano la diffusione di tali opere.[29] La guerra costituiva, accanto alla caccia e ai tornei, l'altra grande fonte di attenzione dei cavalieri, in quanto foriera di bottini e di prestigio, malgrado anche causa di continue perdite che rendevano instabile la composizione della nobiltà locale.[29] Nelle province greche, la presenza dei cavalieri occidentali era capillare, tanto che nella Morea del XIII secolo, a eccezione delle zone montagnose più impervie, si è stimata la presenza di un cavaliere ogni sei chilometri quadrati circa, segno di una forte penetrazione feudale nel territorio.[30] Le numerose rovine di castelli che ancora oggi costellano la Messenia, l'Elide e la regione dell'Alfeo testimoniano quanto profondamente la cavalleria latina si fosse radicata nel paesaggio ellenico.[31]
All'interno di Costantinopoli, la comunità veneziana viveva in un quartiere autonomo, separato dal resto della città, e costituiva una sorta di entità parallela rispetto alla società feudale latina.[13] Accanto a loro, sin dal 1218, si stabilirono anche genovesi, pisani, amalfitani, anconetani e mercanti provenzali, che animarono il commercio e in parte ridussero il monopolio della Serenissima.[29] I mercanti veneziani, audaci e litigiosi, inseguivano la ricchezza attraverso una rete di traffici che univa le vie del Mediterraneo e dell'Egeo, sostenuta dalla flotta commerciale e militare più potente della cristianità.[29] Le angherie comunque non mancarono, poiché le prepotenze dei mercanti e coloni latini finirono per provocare nelle popolazioni locali «dei vari eccessi di xenofobia».[26]
Anche il mondo religioso rifletteva le tensioni di questa società mista, con palpabili riflessi nel dualismo fra clero latino e greco,[11] a cui spesso si aggiungevano conflitti interni al clero latino stesso, caratterizzato per esempio da dispute con francesi e fiamminghi da un lato e veneziani dall'altro, detentori del controllo patriarcale.[32] Steven Runciman, a tal proposito, ha sostenuto che tra la Chiesa d'Occidente e d'Oriente si generò un irricucibile strappo, il quale rese in futuro improponibile l'ipotesi che le due comunità religiose potesse tornare a riavvicinarsi.[33] Soltanto il piccolo clero greco resse con maggiore vigore in tale fase.[34]
Cultura
[modifica | modifica wikitesto]L'incontro culturale generò però anche degli effetti di scambio culturale di innegabile rilievo. La passione per le opere d'arte, le reliquie, l'oreficeria, i tessuti e i manoscritti bizantini suscitarono ampia curiosità in Europa occidentale, così come la lingua e la filosofia greca, rivalutate già tempo prima del periodo umanista.[34] Al contempo, la letteratura cavalleresca e cortese penetrò nella cultura greca, ispirando nuove forme di narrazione in volgare e favorendo un rinnovato interesse per la letteratura profana.[35]
Giudizio storiografico
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Sono numerose le cause analizzate dagli storiografi per spiegare la caduta di Costantinopoli. Si è anzitutto sostenuto che i nuovi signori occidentali non furono mai in grado di organizzare un vero e proprio Stato imperiale né un solido Stato feudale, con ripercussioni negative prevedibili.[15] Assai tranchant è stato il giudizio di Steven Runciman, secondo cui «l'impero di Romània [...] non aveva arrecato altro che danni all'Oriente cristiano».[36]
Nei due secoli successivi, peraltro, l'impero bizantino ne uscì talmente provato da sopravvivere soltanto come economia dominata dai mercanti stranieri, in primis veneziani e genovesi.[37] L'esperimento latino non funzionò anche perché le assegnazioni vantate sulla carta dagli occidentali non sempre coincidevano con le acquisizioni effettive, sia a causa degli accordi occasionalmente intervenuti fra i franchi, che modificarono talvolta le zone di influenza, sia anche a motivo della resistenza greca che spesso impedì ai latini di sottomettere alcune regioni.[38] Resta poi da tenere presente che, nonostante le innumerevoli campagne militari che videro protagonista l'impero latino, la capitale riuscì a resistere per così tanti decenni soprattutto per via di errori e contrasti tra gli avversari.[13]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- Esplicative
- ^ Il termine "Romània" fu adoperato dai latini per definire il proprio impero, retaggio di quello che era l'antico impero romano d'Oriente: Runciman (2005), p. 794.
- ^ Il termine "latino" risulta un riferimento ai creatori occidentali dell'impero e al rito religioso da essi praticato: Dall'Aglio (2025), min. 2:23-2:34.
- Bibliografiche
- ^ Ostrogorskij (2014), pp. 362-363.
- ^ Runciman (2005), p. 783.
- ^ Meschini (2004), pp. 64-65.
- ^ a b Meschini (2004), pp. 66-67.
- ^ a b Runciman (2005), p. 786.
- ^ Ostrogorskij (2014), pp. 367, 373.
- ^ Zorzi (2001), pp. 102-103.
- ^ Meschini (2004), pp. 78, 80.
- ^ Runciman (2005), pp. 789-790.
- ^ Ostrogorskij (2014), p. 374.
- ^ a b Cardini e Montesano (2019), p. 286.
- ^ Musarra (2020), p. 67.
- ^ a b c d e f g Ravegnani (1995).
- ^ Ostrogorskij (2014), pp. 388-389.
- ^ a b c Cardini e Montesano (2019), p. 280.
- ^ Jacoby (2019), p. 759.
- ^ Carile (1972), pp. 227-228.
- ^ a b c Ostrogorskij (2014), p. 389.
- ^ a b c Jacoby (2019), p. 765.
- ^ Jacoby (2019), p. 765-766.
- ^ Ravegnani (2019), p. 85.
- ^ a b c d Ostrogorskij (2014), p. 390.
- ^ Fine (1994), p. 73.
- ^ Carile (1972), p. 227.
- ^ a b Carile (1972), p. 213.
- ^ a b Cardini e Montesano (2019), p. 341.
- ^ a b c d Carile (1972), p. 258.
- ^ Carile (1972), pp. 258-259.
- ^ a b c d Carile (1972), p. 259.
- ^ Carile (1972), pp. 261-262.
- ^ Carile (1972), p. 262.
- ^ Carile (1972), pp. 259-260.
- ^ Runciman (2005), p. 799.
- ^ a b Carile (1972), p. 260.
- ^ Carile (1972), p. 261.
- ^ Runciman (2005), p. 928.
- ^ Cardini e Montesano (2019), p. 281.
- ^ Ravegnani (2019), p. 86.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Franco Cardini e Marina Montesano, Storia medievale, 2ª ed., Firenze, Le Monnier Università, 2019, ISBN 978-88-00-74815-5.
- Antonio Carile, Per una storia dell'impero latino di Costantinopoli (1204-1261), Bologna, Casa Editrice Pàtron, 1972.
- (EN) David Jacoby, After the Fourth Crusade: The Latin Empire of Constantinople and the Frankish States, in Jonathan Shepard, The Cambridge History of the Byzantine Empire c.500–1492, Cambridge University Press, 2019, pp. 759-778.
- Frederic C. Lane, Storia di Venezia, traduzione di Franco Salvatorelli, Torino, Einaudi, 1991, ISBN 88-06-12788-8.
- Marco Meschini, 1204: l'incompiuta. La quarta crociata e le conquiste di Costantinopoli, Milano, Ancora, 2004, ISBN 978-88-51-40183-2.
- Antonio Musarra, Il Grifo e il Leone: Genova e Venezia in lotta per il Mediterraneo, ed. eBook, Gius.Laterza & Figli Spa, 2020, ISBN 978-88-58-14202-8.
- Georgij Ostrogorskij, Storia dell'Impero bizantino, traduzione di Piero Leone, Torino, Einaudi, 2014, ISBN 978-88-06-22416-5.
- Giorgio Ravegnani, La Romània veneziana, su Storia di Venezia, Treccani, 1995. URL consultato il 19 ottobre 2025.
- Giorgio Ravegnani, Bisanzio e l'Occidente medievale, Il mulino, 2019, ISBN 978-88-15-28316-0.
- Steven Runciman, Storia delle crociate, traduzione di A. Comba e E. Bianchi, Einaudi, 2005, ISBN 978-88-06-17481-1.
- Alvise Zorzi, La Repubblica del Leone. Storia di Venezia, Milano, Tascabili Bompiani, 2001, ISBN 88-452-9136-7.
Voci correlate
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Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Impero latino
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- latino d'Oriente, impero, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.
- (EN) Latin Empire of Constantinople, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- (EN) Monete emesse dall'impero latino, su wildwinds.com. URL consultato il 4 gennaio 2009 (archiviato dall'url originale il 9 dicembre 2008).
| Controllo di autorità | VIAF (EN) 6565148574362524430002 · LCCN (EN) sh85074940 · J9U (EN, HE) 987007555778505171 |
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