Vai al contenuto

Gaio Fabio Pittore (artista)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Gaio Fabio Pittore nella Galleria della pittura antica al Nuovo Ermitage

Gaio Fabio Pittore (in latino Gaius Fabius Pictor; fl. IV secolo a.C.) è stato un artista romano dell'età repubblicana[1].

Gaio apparteneva alla gens Fabia, una delle più illustri di Roma antica.

Da una notizia si apprende che, sul finire del IV secolo a.C.,[2] egli avrebbe adornato con pitture il tempio di Salus sul Quirinale, su commissione di Gaio Giunio Bubulco Bruto, che era stato console nel 311 a.C., aveva votato il tempio come censore nel 307 a.C. e lo dedicò nel 302 a.C., anno in cui era stato eletto dittatore. Si tratta della più antica menzione di pittura romana esistente: per quanto riguarda i soggetti raffigurati, è probabile che i dipinti celebrassero le vittorie riportate da Bubulco nella seconda guerra sannitica. I quadri di Fabio sopravvissero fino all'età imperiale, quando andarono distrutti da un incendio ai tempi di Claudio. Ad ogni modo, benché noti a Plinio il Vecchio (che compose la sua Naturalis historia qualche decennio più tardi, in età flavia, ma che comunque avrebbe potuto vederli prima che andassero distrutti), egli non ne descrive i soggetti, né ne loda la tecnica.[3]

È in effetti possibile che, forse anche a causa di una mancanza di particolare raffinamento in un'arte che allora in Roma era ai suoi inizi, all'epoca la pittura non godesse di particolare considerazione presso i romani, e che il cognomen Pictor, che Gaio si guadagnò con la sua attività e trasmise ai suoi discendenti, non andasse considerato una distinzione d'onore, ma fosse piuttosto inteso a biasimare l'illustre personaggio che aveva svilito la sua dignità dedicandosi a un'arte allora tenuta in poco conto, anziché a occupazioni ritenute più meritevoli di un cittadino romano. Ciò parrebbe confermato dalla testimonianza di Cicerone.[4]

Nondimeno, ammesso che questa interpretazione corrisponda a realtà, ciò comunque non sembra aver avuto particolari ripercussioni sulla carriera politico-militare dei suoi figli, tanto che entrambi divennero consoli: il suo omonimo nel 269 a.C., e Numerio Fabio Pittore nel 266 a.C.

  1. ^ William Smith, Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology, 2, Boston: Little, Brown and Company, Vol. 3 p. 363 n. 2, su ancientlibrary.com (archiviato dall'url originale il 17 ottobre 2012).
  2. ^ Plinio il Vecchio afferma precisamente anno Urbis conditae CCCCL, ossia il 304 a.C.
  3. ^ Plinio il Vecchio parla di Fabio Pittore (Naturalis historia, XXXV, 7) dopo aver concluso la trattazione sulla pittura greca e passando a quella sulla pittura romana, di cui quindi Fabio è il primo esponente. Nonostante ciò, tutto ciò che Plinio scrive su di lui è: Apud Romanos quoque honos mature huic arti contigit, siquidem cognomina ex ea pictorum traxerunt Fabii clarissimae gentis, princepsque eius cognominis ipse aedem Salutis pinxit anno Urbis conditae CCCCL, quae pictura duravit ad nostram memoriam aede ea Claudi principatu exusta., prima di procedere oltre (da Marco Pacuvio in poi).
  4. ^ Cicerone, Tusculanae disputationes, I, 4: An censemus si Fabio nobilissimo homini laudatum esset quod pingeret, non multos etiam apud nos Polycletos et Parrhasios fuisse?

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]
Controllo di autoritàEuropeana agent/base/127821