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Forma di governo

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Forme di governo nel mondo:

     Repubblica parlamentare

     Repubblica parlamentare mista[1]

     Repubblica presidenziale

     Repubblica direttoriale oppure Repubblica presidenziale mista[2]

     Repubblica semipresidenziale

     Teocrazia

     Monarchia parlamentare[3]

     Monarchia costituzionale[4]

     Monarchia assoluta

     Monopartitismo

     Giunta militare

     Ordinamento frammentato, incerto o provvisorio (es. Governo provvisorio)

     Territori dipendenti e/o non autonomi o ancora senza stato

La forma di governo è il modello organizzativo che uno Stato assume per esercitare il potere sovrano. Più in generale può intendersi come la modalità con cui viene allocato il potere tra gli organi portanti dello Stato: parlamento, governo e capo di Stato; la forma di governo quindi attiene ai rapporti che si vengono a instaurare fra di essi e alle modalità con cui vengono ripartite e condivise le rispettive competenze.

Sin dagli albori, il pensiero politico ha individuato diverse tipologie di forme di governo, costruite in base ad alcuni principi fondamentali – essenzialmente due: la sovranità ("chi governa") e la modalità di esercizio del potere ("come governa"). Il primo popolo a costruire un sistema classificatorio delle forme di governo furono gli antichi Greci.[5]

Antica Grecia

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Il primo ad introdurre una schematizzazione delle forme di governo (in greco Politeía) fu Erodoto, che nel libro III delle Storie riporta, tramite un dialogo tra tre nobili persiani, le definizioni delle tre forme "classiche": monarchia, aristocrazia e democrazia, il cosiddetto logos tripolitikòs. Alla base di questa tripartizione sta la distribuzione del potere rispettivamente in una persona (monarchia), in una minoranza (aristocrazia) e nella moltitudine (democrazia).[6]

Platone riprenderà nel Politico questa tripartizione, suddividendo però tra forme di governo rette e forme degenerate. Alla monarchia (basiléia) dunque fa contraltare la tirannide, all'aristocrazia l'oligarchia e, senza pur trovare un termine adatto, anche la democrazia ha la propria forma corrotta. Platone quindi introdusse il tema della corruzione delle forme di governo, poi ripreso successivamente da altri pensatori.[6]

Fu però Aristotele a presentare i principi teorici che influenzeranno la riflessione politica fino alle soglie della modernità e oltre.[7] Nella sua Politica fornì, partendo dal logos tripolitikòs di Erodoto, una comparazione sistematica delle forme di governo dei suoi tempi. Anche Aristotele individuava così tre forme giuste (monarchia, aristocrazia e politeía) e le rispettive forme degenerate (tirannide, oligarchia e democrazia). Tuttavia questo schema stava solo alla base di una più ampia classificazione delle diverse forme di governo esistenti, introducendo tre variabili esplicative: la prima "sociologica", in quanto basata sull'analisi delle diverse classi sociali al potere; la seconda riguardante la partecipazione politica; l'ultima infine fondata sul principio del nómos basiléus, ovvero il rispetto delle leggi.[6]

Aristotele giunse alla conclusione che la miglior forma di governo, che chiama politeía, fosse un misto di oligarchia e democrazia. Inoltre, fu sempre Aristotele il primo a distinguere tra tirannide e dispotismo. La prima rimaneva comunque una forma di governo delle poleis greche, mentre il dispotismo era inteso come tipico dei barbari d'Oriente; da questo momento, verrà spesso attribuita una componente dispotica ai governi orientali, in antitesi alle libertà garantite nel mondo occidentale.[6][8]

Schema della teoria dell'anaciclosi

Polibio, analizzando la potenza emergente della Repubblica romana, recuperò da Platone il concetto di costituzione mista (mikté politeía): secondo lo storico greco, nello Stato romano i consoli rappresentavano l'elemento monarchico, il Senato l'elemento aristocratico, mentre il popolo esercitava il proprio potere nei comizi. A fianco di questa descrizione, Polibio elaborò una precisa teoria della storia, l'anaciclosi: riprendendo la tipologia classica delle forme di governo, le inserì in un ciclo storico per cui ad ogni forma retta ne consegue per forza una corrotta. In questo modo, alla monarchia succede la tirannide, l'aristocrazia degenera in oligarchia, e la democrazia si trasforma in oclocrazia (il governo delle masse). A questo schema ciclico sfugge la potenza di Roma proprio perché il suo governo misto contiene tutti e tre gli aspetti delle forme di governo, bilanciandosi l'un l'altro.[9]

Deriva dalla Repubblica romana anche la prima formulazione del concetto di Repubblica; il termine, com'è noto, proviene dalla locuzione latina Res publica (ovvero "cosa pubblica") che indicava il regime politico instaurato dopo la cacciata dell'ultimo re di Roma, Tarquinio il Superbo. Essenza della Res publica era la libertas: i cittadini (cives) godevano dei pieni diritti civili e politici, al contrario dei sudditi di un regnum. Marco Tullio Cicerone nel suo De re publica definì la Res publica come "affare del popolo", laddove il popolo (la cittadinanza) è "la moltitudine degli uomini unita dall'osservanza del diritto e dalla comunanza di interessi".[9]

In realtà il termine "repubblica" poteva genericamente indicare qualsiasi forma di governo (al pari del greco politeía), e solo in senso stretto designava le formazioni politiche contrapposte alle monarchie; questo uso parzialmente ambiguo rimase per tutto il medioevo fino al XVIII secolo.[10]

L'intera riflessione teorica medievale mantenne come principale riferimento la dottrina aristotelica sulle forme di governo. Influenzati dalla teologia cristiana, i pensatori medievali si limitarono a riproporre la classica tripartizione in status regalis (regale), optimatorum (aristocratico) e popularis (popolare), incentrandosi invece sull'aspetto della legittimazione del potere. Tommaso d'Aquino definì il tiranno come quel tipo di sovrano che viòla la legge, in particolare il diritto consuetudinario delle comunità. Altre riflessioni prenderanno invece in considerazione la figura del despota. Ad esempio Coluccio Salutati distinse tre forme di principato: quello regius, dove il re governa come il padre sui figli; quello politicus, dove governa come il marito sulla moglie, e infine quello despoticus, in cui governa come il padrone sugli schiavi.[9]

In età moderna fu Niccolò Machiavelli il primo ad introdurre nuove categorie nell'analisi delle forme di governo. Innanzitutto fece distinzione, come usiamo ancor oggi, tra repubbliche e principati (monarchie); di entrambi poi individuò i principali sottotipi, a seconda dell'origine o dell'organizzazione del potere o di altri fattori. Va notato come accanto a questa dicotomia Machiavelli riconosca ancora il "dispotismo" come forma di governo caratteristica dei paesi orientali – nella sua epoca il riferimento era l'Impero ottomano.[11][12]

Anche Montesquieu riprese la concezione del dispotismo come forma di governo tipicamente orientale, ma la inserì in una nuova tripartizione, distinguendola in tutto dalla monarchia e affiancandola alla repubblica. Se infatti il governo dispotico è caratterizzato dall'esercizio del potere arbitrario e immoderato, le monarchie sono rette seguendo le leggi e garantendo le libertà ai propri sudditi. A ciascuna forma di governo è associato uno specifico "principio": per i dispotismi è la paura, per le monarchie l'onore e le repubbliche sono contrassegnate dalla virtù; inoltre, secondo Montesquieu, le repubbliche sono possibili solo in piccoli stati, mentre le monarchie sono stati di media dimensione e i dispotismi prevalgono nei grandi stati.[11][13]

Gli altri autori di teoria politica, come Thomas Hobbes o John Locke, non furono altrettanto interessati alla classificazione delle forme di governo, essendo più interessati al concetto di sovranità e concentrando le proprie riflessioni sull'analisi delle monarchie europee dell'epoca. Solitamente veniva riconosciuta la tradizionale tripartizione aristotelica e poco altro venne aggiunto al già consolidato logos tripolitikòs dei greci.[10] In particolare, fu Jean Bodin ne I sei libri della Repubblica il primo a distinguere tra Stato e Governo.[14]

Solo verso la fine del Settecento l'antico logos tripolitikòs entrò definitivamente in crisi: la tipologia aristotelica delle forme di governo non rispondeva più alla realtà dei fatti. La Rivoluzione americana aveva portato alla fondazione degli Stati Uniti d'America, che si proclamò sin da subito una "Repubblica" – contrariamente al dettame di Montesquieu; La Rivoluzione francese invece approfondì il divario tra monarchie e repubbliche, rendendo necessarie distinzioni più radicali.[15]

Forme di governo

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La distinzione tra forme di Stato e forme di governo, entrata nell'uso nel corso dell'Ottocento, ha portato a restringere l'accezione di governo al solo potere esecutivo; di conseguenza, le scienze politiche contemporanee individuano per gli Stati democratico-liberali diverse forme di governo: parlamentari, presidenziali, semipresidenziali e direttoriali.[16]

Lo stesso argomento in dettaglio: Monarchia.

L'accentramento monarchico nelle grandi monarchie nazionali come la Francia e la Spagna, portò alla formazione della monarchia assoluta, caratterizzata dal totale accentramento del potere sovrano nelle mani del Re. L'avvento dello stato liberale comportò la stabile apertura di parlamenti nazionali con cui il Re doveva condividere la gestione del paese. Nasce la monarchia costituzionale in cui il Re è ancora il titolare del potere esecutivo, ma perde temporaneamente e non del tutto il potere legislativo affidato al Parlamento, ed il potere giudiziario esercitato da una magistratura indipendente che agisce in nome del monarca.

La possibilità di condizionare il governo da parte di un monarca ereditario, era limitata da uno Statuto concesso dal sovrano, e non emanato da un parlamento o assemblea costituente, è comunque incompatibile con le nuove istanze democratiche affermatesi all'inizio del Novecento e oltre. Il Re cominciò dunque a perdere de facto ogni voce in capitolo se non nominalmente (ma di fatto) nella scelta del Primo ministro e nella determinazione dell'agenda del governo, che veniva ora affidata al giudizio insindacabile, delle forze politiche presenti in Parlamento ed elette dal popolo con un suffragio che poteva essere limitato al censo, all'età o universale.

Monarchia costituzionale

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La monarchia costituzionale è una forma di governo in cui a capo dello Stato c'è un sovrano che esercita i poteri secondo una costituzione approvata dal parlamento. A differenza di una monarchia assoluta in cui il sovrano detiene il potere assoluto; i poteri dei monarchi costituzionali sono limitati dalla costituzione. In alcuni stati monarchici, la Costituzione conferisce al sovrano il potere esecutivo attraverso l'indicazione del primo ministro, in altri, detti monarchie parlamentari solo poteri formali come lo scioglimento del Parlamento, mentre in altri il monarca non ha alcuna autorità, neanche formale, a parte quella di rappresentare l'unità nazionale.

Monarchia assoluta

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Tutti i poteri sono esercitati direttamente o indirettamente dal sovrano, non esistono altri organi costituzionali. Il sovrano governa e controlla a suo arbitrio tutta la macchina statale, compiendo quindi tutte le decisioni politiche, amministrative, finanziarie, economiche senza la consultazione di altri organi, con anche i giudici di nomina regia.

Lo stesso argomento in dettaglio: Repubblica.

L'abolizione del regime monarchico in alcuni stati o la proclamazione di indipendenza di un territorio porta spesso alla proclamazione della repubblica. Attualmente nel mondo sono individuabili tre tipi principali di forma di governo repubblicana:

Repubblica parlamentare

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Lo stesso argomento in dettaglio: Repubblica parlamentare.

Nella repubblica parlamentare il governo necessita del sostegno costante di una maggioranza parlamentare che approvi le linee della politica del Governo; sostanzialmente uguale alla monarchia parlamentare, tale forma di governo viene definita monista in quanto i cittadini hanno nelle elezioni parlamentari l'unico momento in cui possono decidere delle sorti del governo del paese, sicché il Parlamento è l'unico organo che gode di una legittimazione popolare. Il governo entra in carica grazie ad un voto di fiducia concesso da una coalizione maggioritaria dei deputati.

Per risolvere il dramma dell'instabilità cronica di tale sistema, sono state ideate "forme razionalizzate" di parlamentarismi (dotate costituzionalmente di mezzi idonei) per determinare una maggiore stabilità, la più famosa delle quali è il Cancellierato tedesco.

  • Sempre con l'intenzione di moderare l'instabilità del governo parlamentare, ma non allontanandosi troppo da esso, nasce la repubblica semipresidenziale, caratterizzata dall'assegnazione al capo dello stato di importanti funzioni politiche. In tale sistema, il governo viene a dipendere sia dalla fiducia della maggioranza parlamentare, ma contemporaneamente anche dalla volontà politica del Presidente della Repubblica, eletto dal popolo. Si tratta dunque di una forma di governo dualistica, in quanto il voto popolare investe sia il Parlamento che il Capo dello Stato. Significativa, per evitare di marcare la differenza dal parlamentarismo, è l'incompatibilità fra la carica di ministro e quella di deputato.
  • Di natura storica diversa è invece la repubblica presidenziale che non nasce da una progressiva evoluzione dalla monarchia, ma dalla creazione ex novo di un neocostituito ordinamento giuridico, che prevede due distinte consultazioni elettorali per l'elezione del capo dello Stato e per il Parlamento. Si tratta di una elaborazione dei rivoluzionari americani. Tale forma di governo si fonda sui principi di Montesquieu di una radicale divisione dei poteri pubblici. In tale ordinamento il governo è nelle esclusive mani del Presidente della Repubblica, eletto direttamente dai cittadini. Egli non ha tuttavia alcuna possibilità giuridica di influenzare la formazione delle leggi, che è di esclusivo appannaggio del parlamento. Anche la funzione giudiziaria è indipendente dagli altri due poteri.

Repubblica direttoriale

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Lo stesso argomento in dettaglio: Repubblica direttoriale.

Un caso particolare è quello della repubblica direttoriale. Affine al sistema presidenzialista per quanto riguarda la divisione dei poteri, se ne discosta per il semplice fatto che non esiste un capo dello stato monocratico, ma le sue funzioni vengono svolte collegialmente da un collegio ristretto, il Direttorio, nominato dal parlamento ma in seguito da esso totalmente indipendente sino al successivo appuntamento elettorale. Tale forma di stato si trova attualmente vigente in Svizzera, caso isolato nel mondo.

Repubblica islamica

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Lo stesso argomento in dettaglio: Repubblica islamica.

Una tipologia di repubblica diffusa in alcuni paesi a maggioranza musulmana è la repubblica islamica. Attualmente le repubbliche che si definiscono islamiche sono quattro: Afghanistan, Iran, Mauritania e Pakistan . Il Pakistan ha adottato per la prima volta questo titolo con la costituzione del 1956; la Mauritania lo adottò il 28 novembre 1958; l'Iran l'ha adottato dopo la Rivoluzione iraniana del 1979 e l'Afghanistan lo ha adottato nel 2004 dopo la caduta del governo talebano.

Le repubbliche islamiche presentano numerose differenze tra loro ma è possibile definire una repubblica islamica come uno stato sotto una particolare forma di governo islamico dove le leggi rispettano la Sharia, la legge sacra islamica. In Iran la Repubblica Islamica è una repubblica guidata da un presidente (eletto direttamente dal popolo) e supervisionata da una "Guida Suprema" non ereditaria.

Lista alfabetica

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Lo stesso argomento in dettaglio: Lista delle forme di governo.

Di seguito è riportata è una lista alfabetica non esaustiva. È da notare che è possibile combinare tra di loro più forme di governo.

Queste forme di governo danno uno schema generale della variabilità della struttura di potere racchiusa all'interno del governo di una nazione. Comunque, ogni governo è unico, così come ogni nazione e la sua costituzione - le leggi fondamentali che descrivono la forma di governo dello Stato in dettaglio.

Tali linee guida sono una descrizione insufficiente per le funzioni complete di ogni governo. Come tali, le autorità politiche spesso distribuiscono e strutturano il potere e la responsabilità in maniera più ampia di quanto detti la forma di governo. Una democrazia rappresentativa come quella Italiana, ad esempio, comprende misure per un certo livello di democrazia diretta, in forma di referendum o per la democrazia deliberativa, in forma di un elaborato processo che possa portare a una modifica della costituzione, oltre a comitati e commissioni d'inchiesta (non sempre guidate dai deputati).

Socialismo, comunismo e fascismo, ebbero origine come movimenti socio-economici e furono trasformati in governo da specifici partiti, che presero il nome dal movimento stesso. La lunga esperienza di questi movimenti con il potere, e i forti legami di ogni ideologia con il controllo governativo e politico, hanno fatto sì che alcuni di questi si guadagnassero il riconoscimento come forme di governo in sé.

L'Islam come movimento politico, è anch'esso spesso incluso nella lista di movimenti che hanno profonde implicazioni per la forma di governo, ma nella pratica viene applicato in maniera così differente, che ha poco senso trattare tutte le applicazioni come un'unica categoria astratta. Molte nazioni del mondo islamico si autodefiniscono islamiche e spesso il termine si trova all'interno del nome dello Stato, ma in pratica, questi governi spesso sfruttano meccanismi di potere (come debito e nazionalismo) che non hanno radici, e talvolta molta opposizione, nell'Islam come religione e come pratica politica.

  1. ^ Sistemi in cui un Presidente ampiamente esecutivo viene eletto dal parlamento e dipende da esso.
  2. ^ Sistemi dove l'esecutivo viene eletto dal parlamento, ma non dipende da esso.
  3. ^ Secondo alcuni commentatori, che danno più accento all’ “auto-limitazione” del sovrano stesso (spesso derivante da una Costituzione), Monarchia costituzionale con una figura sovrana cerimoniale.
  4. ^ Secondo alcuni commentatori, che danno più accento alla più blanda “auto-limitazione” del sovrano (spesso dovuta alla formulazione della Costituzione), “Monarchia semi-costituzionale” come sottospecie della costituzionale, in quanto c’è una figura sovranacapo di stato cerimoniale in molti casi, ma spesso e potenzialmente interventista nel governo o dotata, ciononostante di rilevanti poteri esecutivi.
  5. ^ Matteucci, Cap. Premessa.
  6. ^ a b c d Matteucci, Cap. La pólis.
  7. ^ Panebianco, p. 98.
  8. ^ Panebianco, pp. 98-99.
  9. ^ a b c Matteucci, Cap. Dalla res publica agli imperi.
  10. ^ a b Matteucci, Cap. Le repubbliche dei moderni.
  11. ^ a b Matteucci, Cap. Un nuovo logos tripolitikòs.
  12. ^ Panebianco, pp. 100-101.
  13. ^ Panebianco, pp. 105-106.
  14. ^ Panebianco, p. 105.
  15. ^ Matteucci, Capp. La crisi della tipologia greca ed Epilogo.
  16. ^ Matteucci, Cap. Epilogo.

Voci correlate

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Altri progetti

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