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Felino (Italia)

Coordinate: 44°41′43.2″N 10°14′29.6″E
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Felino
comune
Felino – Stemma
Felino – Bandiera
Felino – Veduta
Felino – Veduta
Palazzo comunale
Localizzazione
StatoItalia (bandiera) Italia
Regione Emilia-Romagna
Provincia Parma
Amministrazione
SindacoFilippo Casolari (lista civica e centro-destra) dal 4-10-2021
Territorio
Coordinate44°41′43.2″N 10°14′29.6″E
Altitudine180 m s.l.m.
Superficie38,35 km²
Abitanti9 223[2] (31-7-2025)
Densità240,5 ab./km²
FrazioniBarbiano, Casale, Cevola, Poggio di Sant'Ilario Baganza, Sant'Ilario Baganza, San Michele Gatti, San Michele Tiorre, Soragnola.[1]
Comuni confinantiCalestano, Langhirano, Parma, Sala Baganza
Altre informazioni
Cod. postale43035
Prefisso0521
Fuso orarioUTC+1
Codice ISTAT034013
Cod. catastaleD526
TargaPR
Cl. sismicazona 3 (sismicità bassa)[3]
Cl. climaticazona E, 2 694 GG[4]
Nome abitantifelinesi
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Felino
Felino
Felino – Mappa
Felino – Mappa
Posizione del comune di Felino nella provincia di Parma
Sito istituzionale

Felino (Flén in dialetto parmigiano[5]) è un comune italiano di 9 223 abitanti[2] della provincia di Parma in Emilia-Romagna.

Situato sulla sponda destra del torrente Baganza alle pendici dei primi rilievi appenninici, è sede di numerose aziende del settore agroalimentare, specializzate in particolare nella produzione del salame omonimo e del prosciutto di Parma. Fa parte dell'Unione Pedemontana Parmense.

Geografia fisica

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Il territorio comunale si sviluppa quasi interamente in collina, a eccezione della porzione pianeggiante a nord e della fascia a ovest lungo il torrente Baganza, che segna il confine col comune di Sala Baganza.[6] A est è bagnato dal torrente Cinghio, che nel primo tratto lo divide dal comune di Langhirano, mentre nella zona collinare è percorso dal rio Sant'Ilario, affluente del Baganza, e dal rio Silano, che si immette nel Cinghio.[7] Il territorio è attraversato anche dall'antico canale del Vescovo, che, emissario sinistro del Baganza in territorio comunale di Terenzo, attraversando in tubazione l'alveo si immette sulla destra nel comune di Felino in località Ceretolo e successivamente bagna le frazioni di Poggio di Sant'Ilario Baganza e San Michele Gatti, prima di raggiungere il capoluogo e proseguire per Carignano.[8]

Il comune partecipa alla gestione del parco naturale regionale dei Boschi di Carrega, fondato nel 1982.[9]

Origini del nome

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L'etimologia del toponimo non è chiara. Secondo i principali studiosi, Felino deriverebbe dal latino figulinus (ossia "lavoratore della creta per vasi o laterizi"), in seguito contratto in figlinus, in riferimento all'antica presenza di fornaci per la produzione di mattoni e ceramiche; secondo altri il nome proverrebbe da Filinum, di origine prediale, da una gens romana assegnataria del territorio intorno al 190-183 a.C.; secondo altri ancora, il toponimo avrebbe origine dal greco phylàtto (ossia "custodisco"), in riferimento alla presunta esistenza in zona di un presidio bizantino.[10][11]

Il territorio felinese risultava abitato già durante l'età del bronzo, come testimoniato dal rinvenimento di tracce e reperti di una terramara in località Monte Leoni, a Barbiano.[10]

In epoca romana la zona era suddivisa in centurie; a tale periodo risalgono i resti di un'ampia villa, dotata di numerosi ambienti abitativi e agricoli e di una piccola fornace; il sito, risalente a un periodo compreso tra il I secolo a.C. e il IV secolo d.C., fu individuato nel 1981 durante alcuni lavori eseguiti nel quartiere artigianale del capoluogo.[12]

La più antica testimonianza certa dell'esistenza di un centro abitato a Felino risale al 948, quando il re d'Italia Lotario II concesse al conte di Parma Manfredo di Ugo i diritti sulla curtis Filinum e su altre quindici nel territorio.[13][14][N 1]

Il castello difensivo a protezione del territorio fu tuttavia costruito solo in seguito; le prime informazioni certe della sua esistenza sono datate 1140, quando la badessa Agnese di Sant'Alessandro di Parma riuscì a far valere i diritti del monastero sulle cappelle di San Pietro e di San Cristoforo, poste l'una all'interno e l'altra all'esterno del fortilizio.[13][15]

Nel 1186 il feudo di Felino, insieme alle terre di San Michele Gatti, Barbiano, Carignano e Paderno, fu assegnato dall'imperatore Federico Barbarossa al parmigiano Guido de' Ruggeri e ai suoi eredi, in segno di riconoscenza per la lealtà dimostrata.[14][16][17]

Nel 1325 le truppe del signore di Milano Azzone Visconti, alleate dei Pallavicino, attaccarono il Parmense, saccheggiando numerosi borghi, tra cui Felino, che fu dato alle fiamme; si salvò il castello, difeso strenuamente da Bonaccorso de' Ruggeri.[14][18]

Il 17 agosto 1345, in seguito alla vendita di Parma al marchese di Ferrara Obizzo III d'Este da parte dei da Correggio, le terre di Felino furono teatro di un'aspra battaglia tra le truppe del signore di Milano Luchino Visconti e quelle del governatore di Parma Francesco d'Este, conclusasi con la vittoria del secondo e la conquista del castello.[19] L'anno seguente il Visconti riconquistò la città di Parma, allontanando gli Estensi e consentendo ad Agnese de' Ruggeri di rientrare in possesso di Felino.[14]

Grazie a un'abile politica matrimoniale portata avanti dai Rossi, che per due generazioni sposarono le tre discendenti della famiglia de' Ruggeri, nel 1346 il feudo di Felino, con le terre di San Michele Gatti, Barbiano, Carignano e Paderno, fu lasciato in eredità da Bonaccorso de' Ruggeri ai due generi Giacomo de' Rossi, conte di San Secondo, e Ugolino de' Rossi, cugino di questi.[14][20][21]

Nel 1371, durante gli scontri tra Bernabò Visconti e Niccolò II d'Este, le milizie del primo, dirette da Pisa a Reggio sotto la guida di Anichino di Bongardo e Giovanni Acuto, saccheggiarono i borghi di Felino e Calestano.[22]

Stemma dei Rossi.

Negli anni seguenti, le due figlie di Ugolino de' Rossi sposarono i cugini Rolando e Bertrando, rispettivamente figlio e nipote di Giacomo, il cui ramo riuscì così ad accentrare tutte le proprietà della famiglia sparse nel Parmense; Felino, in particolare, divenne pertinenza di Bertrando, al quale nel 1368 Rodolfo Visconti concedette ampie esenzioni sul feudo e sulle sue pertinenze,[21][23] riconfermate nel 1387 da Gian Galeazzo Visconti.[24] A partire dal quel periodo Felino, grazie alla presenza di un fiorente mercato, accrebbe la sua importanza, tanto da divenire il centro più popoloso di tutti i possedimenti rossiani,[25] nonché, grazie alla sua collocazione al centro dei domini della casata, per oltre un secolo la sede della cancelleria signorile.[26]

Agli inizi del XV secolo il Parmense fu teatro di aspre lotte, che coinvolsero, ad alleanze talvolta alterne, tutte le principali famiglie del territorio. Nel 1403 i fratelli Giacomo e Pietro de' Rossi, eredi dei domini di famiglia, in vista di possibili scontri iniziarono a fortificare tutti i loro castelli e in modo particolare quelli di San Secondo e di Felino, il cui borgo, dopo un primo saccheggio per mano di Giacomo dalla Croce e Bartolomeo Gonzaga, alleati dei Terzi,[27] fu depredato e dato alle fiamme dagli uomini del Gonzaga, di Guido Torelli e di Bonifacio da Valle.[28] Nel maggio del 1404, in seguito all'ingresso a Parma di Ottobuono de' Terzi, Pietro de' Rossi scappò nel castello di Felino;[29] in risposta, dopo breve tempo Ottobuono saccheggiò il centro felinese e altre terre rossiane, per poi tornare all'attacco del maniero nell'agosto dello stesso anno, ma senza successo.[30] Felino e altre terre furono nuovamente saccheggiati dagli uomini del Terzi nel 1405.[31] Nel 1408, nel tentativo di difendere il castello di Grondola nel Pontremolese, Pietro fu imprigionato dalle truppe del cardinale Ludovico Fieschi; non appena ne fu informato, Ottobuono ne approfittò per depredare ancora Felino e altre terre rossiane.[14][32] Anche l'anno seguente il castello felinese, difeso dal vescovo Giacomo de' Rossi, fu assaltato dalle milizie del Terzi e del Fieschi, che devastarono il borgo:[14][33] la guarnigione di 4000 uomini posta a presidio e comandata da Michele Attendolo respinse l'assalto di Ottobuono, che fu colpito a un piede e costretto ad allontanarsi in fretta. Le sorti del conflitto si modificarono presto a vantaggio della fazione rossiana: il 27 marzo di quell'anno Ottobuono fu ucciso in un agguato a Rubiera,[14] mentre nei mesi seguenti la vedova e i fratelli, dopo gli ultimi tentativi di difendere i loro possedimenti, furono costretti alla resa;[34] inoltre, i Fieschi liberarono Pietro Maria,[35] mentre il marchese di Ferrara Niccolò III d'Este, alleato dei Rossi, divenne il nuovo Signore di Parma.[36]

Nel 1420 Guido Torelli, per conto del duca di Milano Filippo Maria Visconti, con l'aiuto dei Pallavicino conquistò Cavriago, depredò Parma e numerosi borghi del Parmense e mosse verso Reggio, costringendo l'Estense a rinunciare a Parma pur di mantenere Reggio;[37] il Duca restituì a Niccolò de' Terzi, il Guerriero le terre di famiglia perdute e, per evitare altri scontri, inviò alcuni armigeri a occupare temporaneamente Felino.[38]

Alla morte di Pietro nel 1438, tutte le sue proprietà passarono al figlio Pier Maria II.[39] In seguito alla dichiarazione di autonomia della città di Parma da Milano nel 1448, Pier Maria si alleò con Francesco Sforza e radunò le truppe rossiane e sforzesche, guidate da Alessandro Sforza, all'interno del castello di Felino; all'inizio del 1449 i Reggitori di Parma inviarono le truppe cittadine, guidate da Jacopo Piccinino, al maniero, ove si combatté un'aspra battaglia; l'assaltò si rivelò un fallimento e Parma perse l'autonomia.[39][40]

Tra il 1482 e il 1483, dopo la presa del potere a Milano da parte di Ludovico il Moro, il Parmense fu sconvolto dalla guerra dei Rossi, che contrappose lo Sforza, i Pallavicino, i Sanvitale e i Fieschi da una parte e i Rossi e i Torelli, finanziati dalla Repubblica di Venezia, dall'altra.[39][41] Nel maggio del 1482, in risposta a una scorribanda rossiana nei sobborghi di Porta San Michele di Parma, un manipolo di parmigiani guidato da Zanone della Vella assaltò e depredò il centro di Felino.[39][42] Il mese seguente, in reazione a una nuova incursione in città da parte degli uomini di Amuratte Torelli e Guido de' Rossi, figlio di Pier Maria, il borgo felinese fu devastato dalle truppe sforzesche, che razziarono e arsero numerosi edifici, ma dopo quattro giorni furono respinte con una sortita dal castello.[39][43]

Il 1º settembre Pier Maria morì e il feudo di Felino, insieme a quelli di San Secondo, di Bardone, di Berceto, di Neviano de' Rossi e di Noceto, come da testamento del 1464 passarono a Guido.[39][44] Dopo poco tempo il fratello Giovanni il "Diseredato" tentò di impadronirsi della fortificazione felinese, ma fu catturato e incarcerato nelle prigioni del castello, da cui fuggì durante la notte. Prese quindi il comando della guarnigione il fratello Giacomo, mentre Guido si spostò a San Secondo.[39][45] Nelle settimane seguenti numerosi castelli caddero nelle mani nemiche, tanto da indurre il 12 ottobre Guido alla sottoscrizione della pace con Ludovico il Moro, che gli avrebbe consentito di mantenere parte delle sue terre, perdendo però San Secondo, Felino e Torrechiara.[39][46]

Tuttavia, da un lato Giacomo si rifiutò di abbandonare il castello e dall'altro la guerra proseguì coi Pallavicino, perciò anche la fragile tregua tra Guido e Ludovico il Moro si ruppe nell'anno seguente.[47][48] Il 7 maggio lo Sforza si spinse a Felino con quaranta squadre di armigeri e si accampò ai piedi del maniero; dopo alcuni giorni di bombardamenti, i capitani a presidio si arresero e aprirono le porte al Moro, che fece immediatamente demolire tutte le fortificazioni del castello, prima di spostarsi a Torrechiara.[49][50] Guido fuggì dapprima a Genova[51] e successivamente a Venezia;[49] mentre la gran parte dei possedimenti rossiani fu suddivisa tra la Camera ducale, i Sanvitale, Gianfrancesco I Pallavicino e Pietro Francesco Visconti di Saliceto, gli importanti feudi di Felino, Torrechiara e San Secondo furono assegnati a Leone Sforza, figlio minore di Ludovico il Moro, che ne divenne amministratore.[52] Alla morte del giovane, avvenuta nel 1496, le rendite dei tre feudi passarono, per qualche tempo, alla duchessa Beatrice d'Este, sempre per donazione del marito Ludovico.[53]

Stemma dei Pallavicino

In seguito alla conquista del ducato di Milano da parte dei francesi nel 1499, il re Luigi XII investì Troilo I de' Rossi, figlio di Giovanni il "Diseredato", dei manieri di San Secondo, Felino e Torrechiara, ma il conte poté prendere possesso solo del primo;[49][54] infatti, alcuni abitanti dei due feudi, fedeli a Filippo Maria de' Rossi, figlio di Guido, si opposero all'ingresso di Troilo e fu necessario l'intervento di Gian Giacomo Trivulzio, che in settembre si recò a Felino e Torrechiara in veste di luogotenente regio intimando ai castellani di consegnare le rocche al legittimo proprietario. Tuttavia, in ottobre, nonostante le proteste di Troilo, il re assegnò Felino e Torrechiara al maresciallo Pietro di Rohan, signore di Giè.[49][55] L'anno seguente Filippo Maria, alleato dei veneziani e di Ludovico il Moro, quando quest'ultimo riuscì a rimpossessarsi di Milano, occupò con facilità i due manieri,[49][56] approfittando dell'assenza del maresciallo.[57] Tuttavia, dopo breve tempo i francesi rientrarono a Milano e Filippo Maria fuggì a Mantova; Luigi XII riassegnò i castelli di Felino e Torrechiara a Pietro di Rohan,[58][59] che nel 1502 li alienò per 15 000 scudi al marchese Galeazzo I Pallavicino di Busseto.[60]

Nel 1512 Filippo Maria pianificò di riconquistare i feudi di Felino, Torrechiara e Basilicanova, ma fu costretto a desistere;[61] l'anno seguente attaccò ed espugnò il castello felinese, ma dopo soli quattro giorni il Pallavicino riuscì a rimpossessarsene.[62][63]

Stemma degli Sforza di Santa Fiora

Nel 1545 la contessa di Santa Fiora Costanza Farnese acconsentì al matrimonio tra il figlio Sforza I Sforza e la marchesa Luisa Pallavicino, che portò in dote, tra gli altri, i feudi di Torrechiara[64] e Felino.[63]

Nel 1551, durante la guerra di Parma che oppose il duca di Parma Ottavio Farnese, appoggiato dal re di Francia Enrico II, e il papa Giulio III, aizzato dal governatore di Milano Ferrante I Gonzaga, alleato dell'imperatore del Sacro Romano Impero Carlo V d'Asburgo, il Gonzaga conquistò temporaneamente i due manieri sforzeschi.[65]

Nel 1600 il cardinale Francesco Sforza alienò il feudo di Felino al conte Cosimo Masi; tuttavia, nel 1612 il figlio Giovan Battista fu arrestato e giustiziato, insieme a numerosi altri nobili del Parmense, con l'accusa di aver partecipato alla presunta congiura dei feudatari ai danni del duca di Parma Ranuccio I Farnese, che confiscò tutti i loro beni.[62][66][67]

Nel 1632 Odoardo I nominò conte di Felino il generale Girolamo Rho; alla sua morte, nel 1645 il Duca investì dei diritti sul feudo il ministro Giacomo Gaufridi, marchese di Castelguelfo,[62][66][68] che li mantenne fino alla sua condanna a morte decretata da Ranuccio II Farnese nel 1650.[62][69] Il Duca elevò quindi il feudo felinese da contea a marchesato e lo assegnò al segretario di Stato Pier Giorgio Lampugnani; alla scomparsa, nel 1762, dell'ultimo dei Lampugnani, Camillo, Felino ritornò alla Camera ducale.[6][70]

Nel 1763 il duca Filippo di Borbone cedette i diritti di proprietà sul castello alla mensa vescovile della diocesi di Parma, in permuta con la contea dei Mezzani, mentre l'anno seguente assegnò i diritti feudali sul marchesato al primo ministro ducale Guillaume du Tillot, che li mantenne fino alla sua morte nel 1774; il 7 febbraio 1775 il feudo fu quindi definitivamente assorbito dalla Camera Ducale.[6][71]

Età contemporanea

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Alberto Pasini, Il castello di Felino, 1849, Museo Glauco Lombardi

Nel 1806, in epoca napoleonica, Felino divenne sede di comune (o mairie) e tra il 1808 e il 1814 fu annesso al dipartimento del Taro, insieme a gran parte dell'ex Ducato di Parma e Piacenza.[11]

Dopo il Congresso di Vienna e la ricostituzione del ducato sotto il governo di Maria Luigia, il Comune di Felino fu amministrato per alcuni decenni da un podestà e un consiglio degli Anziani, fino al plebiscito di annessione al Regno di Sardegna del 1860 e alla proclamazione del Regno d'Italia dell'anno seguente.[11]

Nel XX secolo il centro di Felino si sviluppò fortemente grazie all'insediamento nel territorio comunale e nei dintorni di numerosi stabilimenti industriali, molti dei quali legati alla produzione di insaccati, tra cui soprattutto il salame omonimo e il prosciutto di Parma.[11]

Stemma del Comune

Lo stemma del Comune di Felino è stato concesso con decreto del presidente della Repubblica del 2 marzo 2007.[72]

«Partito semitroncato: il primo, di azzurro, alla torre d'oro, murata di nero, coperta di rosso, finestrata di sei, di nero, cinque in fascia sotto il tetto, una nel corpo della torre, chiusa dello stesso, fondata sulla pianura di verde; il secondo, cinque punti di argento equipollenti a quattro di rosso; il terzo, di rosso, alla banda scaccata di argento e di azzurro di due file e di ventidue pezzi. Ornamenti esteriori da Comune.»

Il gonfalone è un drappo partito di rosso e di azzurro.

In precedenza era in uso uno stemma più complesso: troncato: nel 1°, ritroncato a) d'argento, alla banda bigliettata in fascia di nero e d'argento; b) bigliettato di rosso e d'argento su tre file orizzontali 2, 1; nel 2° d'azzurro, al leone d'argento, lampassato di rosso, tenente con la branca destra una rosa di rosso, bottonata d'oro, stelata e fogliata di verde, addestrato da una torre di rosso, munita di due merli alla ghibellina, aperta del campo, finestrata di nero. In questo emblema erano presenti elementi ripresi dai blasoni delle famiglie degli antichi feudatari: lo scaccato rosso e argento derivava dai Pallavicino, mentre il leone d'oro con la rosa rossa dagli Sforza di Santa Fiora; la torre rossa avrebbe dovuto alludere al feudo dei Rossi di San Secondo, mentre la banda di nero e argento potrebbe essere stata ripresa dalle armi di Guillaume du Tillot[73] oppure dallo stemma della famiglia Lampugnani, che però recava la banda scaccata di argento e di azzurro.[74]

Monumenti e luoghi d'interesse

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Architetture religiose

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Chiesa della Purificazione della Beata Vergine Maria

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Chiesa della Purificazione della Beata Vergine Maria

Menzionata per la prima volta nel 1230, la cappella romanica, dipendente dalla pieve di Barbiano, fu elevata a sede parrocchiale autonoma nel 1564; ristrutturata nel 1600 in forme rinascimentali, fu danneggiata nel 1896 da un fulmine che colpì il campanile medievale, successivamente ricostruito nella parte sommitale in stile neoromanico; danneggiata da un sisma nel 2008, fu in seguito sottoposta a un intervento di consolidamento strutturale. L'edificio, sviluppato su una pianta a navata unica affiancata da tre cappelle per lato, presenta una simmetrica facciata a salienti, al cui centro si apre il portale d'ingresso centrale neoclassico del 1802; all'interno l'aula è ornata sulla volta a botte lunettata con affreschi e sui fianchi con una serie di lesene doriche che si elevano tra le arcate delle cappelle; il luogo di culto accoglie varie opere di pregio, tra cui alcuni altari settecenteschi e numerose tele risalenti al XVII, XVIII e XIX secolo.[75][76][77]

Chiesa di Sant'Ilario a Sant'Ilario Baganza

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Lo stesso argomento in dettaglio: Chiesa di Sant'Ilario (Felino).
Chiesa di Sant'Ilario a Sant'Ilario Baganza

Edificata presumibilmente tra l'XI e il XII secolo, la cappella originaria di Sant'Ilario Baganza, menzionata per la prima volta nel 1230, fu ampliata nel 1322 con la sopraelevazione della navata e l'edificazione del nuovo presbiterio a pianta rettangolare; affiancata nel 1472 dal campanile e verso il 1564 da due cappelle, divenne allora sede parrocchiale autonoma; modificata internamente nel 1686 con la costruzione di un'ulteriore campata e delle volte a crociera sulla navata, fu arricchita nel corso del XVIII secolo di una facciata barocca, parzialmente modificata verso la fine del XIX secolo; restaurata nel 1970, fu ristrutturata nel 2005 e nuovamente dopo il terremoto del 23 dicembre 2008. La chiesa, sviluppata su un impianto a navata unica affiancata da una cappella per lato, presenta una simmetrica facciata barocca, scandita da un doppio ordine di quattro lesene e coronata da un frontone triangolare; i fianchi e il retro, rivestiti in pietra, conservano le decorazioni trecentesche. All'interno sono presenti due capitelli e due formelle romanici scolpiti, oltre all'antichissima "Pietra di Sant'Ilario", considerata per secoli taumaturgica; l'aula accoglie varie opere di pregio, tra cui alcuni dipinti settecenteschi e ottocenteschi, una nicchia tardo-quattrocentesca in terracotta e una serie di arredi del XVII e XVIII secolo.[78][79][80][81]

Pieve di Sant'Antonino Martire a Barbiano

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Lo stesso argomento in dettaglio: Pieve di Sant'Antonino Martire (Felino).
Pieve di Sant'Antonino a Barbiano

Costruita probabilmente nel X secolo, la pieve di Barbiano fu menzionata per la prima volta nel 1230; profondamente deteriorata da cedimenti del terreno intorno alla metà del XVIII secolo, fu demolita e riedificata nel 1775 in forme barocche, conservando solo la base dell'antico campanile; danneggiata dal terremoto del 1920, fu completamente ristrutturata, ricostruendo anche le volte a crociera della navata; restaurata nel 1987, fu nuovamente lesionata da un sisma nel 2008 e successivamente ristrutturata. La chiesa, sviluppata su un impianto a navata unica affiancata da una cappella per lato, presenta una simmetrica facciata a capanna rivestita in pietra e coronata da un frontone triangolare spezzato; l'interno, ornato con paraste doriche, conserva varie opere di pregio, tra cui la pala raffigurante la Madonna di Costantinopoli, dipinta da Gaetano Callani nel 1806.[82][83][84][85]

Chiesa di San Michele a San Michele Tiorre

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Lo stesso argomento in dettaglio: Chiesa di San Michele (Felino, San Michele Tiorre).
Chiesa di San Michele a San Michele Tiorre

Costruita originariamente entro l'XI secolo, la chiesa di San Michele Tiorre fu donata nel 1105 dal papa Pasquale II ai monaci dell'abbazia di San Benedetto in Polirone, che edificarono accanto al luogo di culto un piccolo monastero; quasi completamente ricostruita in stile barocco tra il 1699 e il 1700, fu gestita dai benedettini fino alla soppressione degli ordini religiosi sancita da Napoleone nel 1811; profondamente danneggiata dal terremoto del 15 luglio 1971, fu in seguito ristrutturata e modificata sia negli esterni che negli interni; lesionata dal sisma del 23 dicembre 2008, fu nuovamente restaurata nel 2014. Il luogo di culto, sviluppato su un impianto a navata unica affiancata da due cappelle per lato, presenta una simmetrica facciata a salienti e conserva nei prospetti alcuni elementi gotici sopravvissuti al rifacimento settecentesco; l'interno, decorato con una serie di lesene doriche, accoglie alcune opere di pregio, tra cui la pala cinquecentesca raffigurante la Vergine col Bambino e i santi Michele e Antonio, attribuita a Girolamo Mazzola Bedoli.[86][87][88]

Chiesa di San Michele a San Michele Gatti

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Lo stesso argomento in dettaglio: Chiesa di San Michele (Felino, San Michele Gatti).
Chiesa di San Michele a San Michele Gatti

Menzionata per la prima volta nel 1028, l'antica cappella di San Michele Gatti, elevata a sede parrocchiale autonoma entro il 1564, fu ricostruita in forme barocche tra il XVII e il XVIII secolo; decorata nel 1923 dal pittore Latino Barilli, fu restaurata intorno al 1950. L'edificio, sviluppato su una pianta a navata unica, presenta una simmetrica facciata a capanna rivestita in pietra; l'interno, decorato con paraste doriche e arcate in laterizio, ospita alcune opere di pregio, tra cui vari dipinti eseguiti tra il XVII e il XVIII secolo.[89][90][91]

Chiesa di San Giacomo a Cevola

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Lo stesso argomento in dettaglio: Chiesa di San Giacomo (Felino).
Chiesa di San Giacomo a Cevola

Costruita originariamente nel XIII secolo, la cappella di Cevola, riedificata agli inizi del XIV, fu sostituita nel 1564 da un nuovo luogo di culto a quota inferiore rispetto al precedente; elevata a sede parrocchiale autonoma nel 1564, la chiesa fu parzialmente modificata nel XVII secolo in stile barocco; affiancata da un campanile stabile nel 1968, fu restaurata e rinforzata sismicamente tra il 2010 e il 2012. Il piccolo edificio, sviluppato su impianto a navata unica, presenta una simmetrica facciata a capanna intonacata, delimitata da due lesene a sostegno del frontone triangolare di coronamento; all'interno l'aula è coperta da una volta a botte ribassata.[92][93][94]

Oratorio di San Rocco a Casale

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Lo stesso argomento in dettaglio: Oratorio di San Rocco (Felino).
Oratorio di San Rocco a Casale

Costruito in stile tardo-romanico con elementi gotici probabilmente tra il 1480 e il 1490, l'oratorio di Casale fu menzionato per la prima volta nel 1578; restaurato tra il XVII e il XVIII secolo, il luogo di culto privato, appartenente alla famiglia Cella, fu donato nel 1792 alla parrocchia di San Pietro Apostolo di Carignano; danneggiato dal terremoto del 9 novembre 1983, fu ristrutturato nel 1985. Il piccolo edificio, sviluppato su una pianta a navata unica, presenta una simmetrica facciata a capanna ornata con paraste, cornici, rosone e archetti pensili gotici in cotto, che proseguono anche lungo i prospetti laterali e l'abside poligonale; all'interno la navata, scandita da lesene doriche, conserva sulla parte sommitale della controfacciata un trittico affrescato tardo quattrocentesco, attribuito a Francesco Tacconi o Jacopo Loschi.[95][96][97]

Architetture militari

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Lo stesso argomento in dettaglio: Castello di Felino.
Facciata del castello
Corte interna del castello

Menzionato per la prima volta nel 1140, il castello fu assegnato nel 1186 a Guido de' Ruggeri; pervenuto ai Rossi per via matrimoniale nel 1346, resistette a vari attacchi agli inizi del XV secolo da parte dei Terzi e dei Fieschi; ampliato e fortificato per volere di Pier Maria II de' Rossi intorno alla metà del XV secolo, fu attaccato invano nel 1449 dalle truppe parmigiane guidate da Jacopo Piccinino, ma, al termine della guerra dei Rossi nel 1483, fu espugnato dalle milizie di Ludovico il Moro, che lo incamerò e fece immediatamente demolire tutte le fortificazioni e la cinta muraria esterna; destinato nel 1499 dal re di Francia Luigi XII a Troilo I de' Rossi, che però non riuscì a prenderne possesso a causa dell'ostilità dei felinesi, fu riassegnato pochi mesi dopo al maresciallo Pietro di Rohan, signore di Giè, che nel 1502 lo alienò al marchese di Busseto Galeazzo I Pallavicino; conquistato nel 1512 per soli quattro giorni da Filippo Maria de' Rossi, passò verso la metà del XV secolo a Sforza I Sforza per via matrimoniale; venduto nel 1600 dal cardinale Francesco Sforza al conte Cosimo Masi, nel 1612 fu confiscato dal duca di Parma Ranuccio I Farnese a Giovan Battista Masi, condannato per aver partecipato alla presunta congiura dei feudatari; assegnato nel 1632 al generale Girolamo Rho, alla sua morte nel 1645 fu ceduto al ministro Giacomo Gaufridi, condannato a morte nel 1650; riassegnato al segretario di Stato Pier Giorgio Lampugnani, fu recuperato dalla Camera ducale nel 1762 alla scomparse dell'ultimo dei Lampugnani; alienato nel 1763 alla mensa vescovile della diocesi di Parma in permuta con la contea dei Mezzani, l'edificio, seppur in rovina, divenne luogo di villeggiatura per l'episcopato parmigiano; venduto nel 1935 alla famiglia Brian, fu acquistato nel 1962 dalla famiglia Pianzola e dai conti Del Bono, che lo risistemarono parzialmente e lo trasformarono in struttura ricettiva; comprato nel 1974 da Sergio Alessandrini, fu completamente ristrutturato e adibito a ristorante, nonché, tra il il 2004 e il 2024, a sede del museo del salame di Felino. Il maniero in pietra e laterizio, sviluppato su una pianta rettangolare sulla cima di un colle panoramico sulla val Baganza, presenta quattro torrioni alle estremità e una torretta nel mezzo del lato sud-ovest a protezione del ponticello d'ingresso; circondato da un vasto fossato, l'edificio si erge su un alto basamento a scarpa ed è coronato da lunghi beccatelli con caditoie, su cui anticamente erano collocate le strutture difensive, interamente distrutte nel 1483; il mastio cinquecentesco a est, a differenza degli altri tre torrioni quattrocenteschi, si estende su una pianta a pentagono irregolare ed è sormontato da un dongione. All'interno la corte rettangolare è circondata su due lati da un porticato, retto da pilastri in mattoni e sormontato da un loggiato; l'ala nord-est conserva le tracce di una serie di arcate a tutto sesto su due livelli; la torre est accoglie il quattrocentesco oratorio di San Pietro Apostolo, coperto da una volta a ombrello e ornato sulle pareti con affreschi, tra cui la raffigurazione dello stemma del cardinale Francesco Sforza, attribuita a Cesare Baglione.[98][99]

Torrione

Costruito nel XIV secolo forse quale avamposto fortificato del castello oppure più probabilmente quale casatorre privata, il torrione fu fortificato nel 1313 dai nobili Dal Ferro, dopo l'alleanza con Cabrietto Scorza contro Giberto III da Correggio; non più menzionato nelle cronache dei secoli successivi, fu acquistato nel XIX secolo dal conte Federico Caumont Caimi, proprietario della vicina villa omonima, e fu alienato nel 1950 alla famiglia Adorni. L'edificio, sviluppato su una pianta quadrata in adiacenza ad altri fabbricati, si eleva su quattro livelli fuori terra; rivestito in pietra, presenta nella facciata sud una bifora alla base e due in sommità, scandite da colonnine centrali.[100][101][102]

Gabella del sale

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Costruita nel XIV secolo probabilmente quale barriera daziaria insieme ad altre torri successivamente demolite, la struttura fu infine acquistata dalla famiglia Cavalieri. L'edificio, sviluppato su una pianta rettangolare in adiacenza ad altri fabbricati, si eleva su tre livelli fuori terra; rivestito in pietra, presenta alla base della facciata nord un'ampia arcata cieca a tutto sesto in mattoni, sormontata da una finestra parzialmente murata d'epoca medievale.[101]

Architetture civili

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Villa Caumont Caimi

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Lo stesso argomento in dettaglio: Villa Caumont Caimi.
Cancellata a emiciclo e stalla di villa Caomunt Caimi
Casa del Rigoletto, nata come portineria di villa Caumont Caimi

Edificata originariamente forse nella prima metà del XVII secolo per volere dei conti Bajardi, la villa fu probabilmente ristrutturata intorno al 1780; alienata nel 1821 all'impresario edile Amedeo Rosazza, nel 1831 fu acquistata dal conte Francesco Caimi, che nel 1839 incaricò l'architetto Giuseppe Rizzardi Polini della ricostruzione dei prospetti dell'edificio in stile neoclassico e avviò la risistemazione dell'ampio parco; ceduta nel 1854 al genero Henri Caumont, fu esternamente modificata dal 1867 con l'aggiunta di stucchi neobarocchi e della balaustra in sommità; arricchita con la costruzione nel 1875 della stalla neogotica e della Casa del Rigoletto a opera di Ludovico Tagliavini, fu ereditata dal figlio Federico, che aggiunse al proprio il cognome materno. La villa, sviluppata su una pianta rettangolare, si eleva su tre livelli principali fuori terra; la simmetrica facciata, tripartita per la presenza di un corpo centrale più alto e coronato da una balaustra, è caratterizzata dal porticato centrale a quattro arcate a tutto sesto chiuse da vetrate; a est si erge la stalla neogotica, affiancata dalla cancellata d'ingresso a emiciclo, mentre a nord, al termine di via Caumont Caimi, si innalza la neomedievale Casa del Rigoletto, originariamente destinata a portineria. L'ampio parco circostante, interamente cintato da un muro eretto a partire dal 1683, si estende in parte in piano e in parte sui primi rilievi collinari; l'area è caratterizzata dall'alternanza di aree a prato a gruppi di alberi monumentali e a zone boschive, al cui interno si ergono alcune conifere esotiche piantate nella seconda metà del XIX secolo.[101][103][104]

Villa Guidorossi

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Edificata probabilmente per volere dei nobili Guidorossi, la villa appartenne per secoli alla famiglia; ereditata dai cugini degli ultimi discendenti diretti nel 1946, fu successivamente alienata a Bonfiglio Del Soldato e modificata negli interni e nel parco, che fu interamente lottizzato. La struttura, sviluppata su una pianta quadrata, si eleva su tre livelli principali fuori terra, oltre al sottotetto; le due identiche e simmetriche facciate a sud e nord presentano nel mezzo il portale d'ingresso ad arco a tutto sesto, sormontato dal balconcino del piano superiore. All'interno si accede all'androne passante, coperto da un soffitto a volta originariamente decorato con dipinti.[105]

Villa Branchi

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Costruita tra il 1815 e il 1820 per volere del nobile Vincenzo Cristiani, la villa passò alla sua morte nel 1840 al figlio Ulisse, che nel 1888 la alienò ad Anacleto Branchi; ereditata dal figlio Egisto e successivamente dal nipote Giacomo, fu nei decenni seguenti acquistata dalla famiglia Amoretti. La struttura, sviluppata su una pianta quadrata affiancata da due lunghe ali, presenta una simmetrica facciata elevata su tre livelli fuori terra, scanditi da fasce marcapiano; al centro è collocato l'ampio portale d'ingresso ad arco, delimitato da una cornice e sormontato da una portafinestra al primo piano; le basse ali laterali di servizio si uniscono al corpo principale attraverso portici ad arco ribassato. All'interno si accede all'androne passante, che si apre sulle sale adiacenti. Intorno si sviluppa un ampio parco interamente cintato, caratterizzato dalla presenza di numerosi alberi d'alto fusto, tra cui vari cedri dell'Himalaya secolari.[101][106]

Villa Gambara

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Costruita originariamente entro il 1750 per volere della famiglia Benelani, la villa fu acquistata nel XIX secolo dal canonino Francesco Cristiani, che tra il 1817 e il 1821 la ristrutturò completamente in stile neoclassico; ereditata nel 1840 dal nipote Venanzio Germano Cristiani, alla sua morte nel 1884 passò ai nipoti Luigi e Italo Gambara, figli di sua sorella Carolina; sopraelevata nel 1919 di un piano, nel 1944 pervenne a Lodovico, figlio del primo; ereditata dal figlio Luigi Gambara Thovazzi, fu restaurata verso la fine del XX secolo. La struttura, sviluppata su una pianta quadrata, si eleva su tre livelli fuori terra, scanditi da fasce marcapiano; la simmetrica facciata presenta nel mezzo l'ampio portale d'ingresso ad arco a tutto sesto, delimitato da una cornice e sormontato da una portafinestra al primo piano; in sommità si eleva nel mezzo del tetto una torretta, che si affaccia sulle quattro fronti attraverso aperture ad arco. All'interno si accede all'androne passante, coperto da una volta a botte e decorato con un fregio dipinto sulle pareti laterali, mentre nelle lunette alle due estremità si stagliano due stemmi dei nobili Cristiani; in adiacenza si aprono le sale laterali, tra cui il salone chiuso superiormente da una volta a padiglione dipinta. Intorno si sviluppa il parco, riccamente piantumato.[101][107][108]

Costruita agli inizi del XIX secolo probabilmente per volere di François Calloud, la villa neorinascimentale fu venduta dopo il 1820 al conte Camillo Garimberti; comprata nel 1881 da Alfredo Brian, fu trasformata nella sede di un'ampia azienda agricola, estesa su tutte le colline circostanti di mano in mano acquistate dall'imprenditore; ampliata nel 1913 con l'aggiunta di un'ala a nord-ovest, fu ereditata nel 1916 dal figlio Andrea, al quale nel 1935 la mensa vescovile di Parma alienò anche il castello di Felino, rivenduto nel 1962 alla famiglia Pianzola e ai conti Del Bono. La struttura, sviluppata su una pianta a L in posizione panoramica sulla cima di uno dei primi rilievi a sud del capoluogo, si eleva su tre livelli fuori terra, con ammezzato centrale; le facciate sono caratterizzate dalla ricchezza delle decorazioni in cotto; nel mezzo del simmetrico corpo principale, preceduto da una scalinata, è collocato un piccolo portico, retto da due pilastri, al cui interno si apre l'ampio portale d'ingresso ad arco a tutto sesto; ai lati le finestre sono delimitate da cornici, mentre gli spigoli sono arricchiti da decorazioni a finto bugnato; al primo piano il balcone è circondato da una balaustra, mentre le finestre sono arricchite da frontoni; a coronamento corre sotto il cornicione un fregio. All'interno si accede al salone centrale, coperto da una volta a botte; sui fianchi si aprono le sale laterali, coperte da soffitti piani in seguito alla realizzazione del piano ammezzato. Intorno si sviluppa il parco, raggiungibile attraverso due opposti viali; il giardino, punteggiato da una serie di statue, accoglie alcuni edifici di servizio, tra cui l'antica cappella trasformata in studio.[109][110][111]

Corte rurale medievale

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Corte rurale medievale

Costruiti forse già tra l'XI e il XII secolo, i due edifici rustici originari, in parte occupati da una stalla e un fienile, furono uniti verso la fine del XIV secolo; la struttura accorpata, ampliata negli ultimi anni del XV secolo e modificata alla fine del XVIII, divenne al piano terra sede di locali artigianali e commerciali; trasformata in osteria, nel XX secolo accolse la farmacia di Felino e alcuni negozi; completamente restaurata, fu adibita nel 2024 a sede del museo del salame di Felino. Il fabbricato, sviluppato su una pianta rettangolare, si eleva su tre livelli fuori terra, interamente rivestiti in pietra, e presenta una lunga e irregolare facciata a capanna; sul fianco est si apre sul retro un portico.[101][112]

Edificato nella parte centrale nel XIV secolo forse quale avamposto di guardia, passò nel XX secolo alla famiglia Branchi, che lo rivendette, insieme alle terre annesse, a Luigi Bocchialini; acquistato dalla famiglia Ughi, fu completamente ristrutturato e trasformato in edificio residenziale. La struttura, sviluppata su una pianta rettangolare, è dominata dal torrione centrale trecentesco in pietra.[101]

Mulino Boschi

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Menzionato per la prima volta il 23 agosto 1662, il mulino appartenne nel XIX secolo alla mensa vescovile di Parma; denominato Molino di Sotto nel 1888, fu successivamente abbandonato. L'edificio in pietra, sviluppato lungo il corso del canale del Vescovo, accoglieva in origine quattro coppie di macine.[113]

Aree archeologiche

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Villa rustica romana

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Resti della villa rustica romana

Rinvenuti nel 1981 durante gli scavi per la realizzazione di un salumificio, i resti della villa rustica romana in pietra di fiume sono databili a due fasi costruttive distinte, risalenti rispettivamente al I secolo a.C. e al IV secolo d.C.; la struttura riportata alla luce, sorta sulla sponda del torrente Baganza, apparteneva molto probabilmente alla sola porzione produttiva della villa, costituita da una serie di magazzini, un cortile centrale circondato da un portico destinato a ospitare alcune attività, una fornace per laterizi e un pozzo.[11][114]

Evoluzione demografica

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Abitanti censiti[115]

Etnie e minoranze straniere

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Al 1 gennaio 2023 la popolazione straniera a Felino era pari a 1200, ovvero all'11,5% dei residenti.[116]

Nel capoluogo hanno sede una scuola dell'infanzia, una scuola primaria e una scuola secondaria; inoltre, nella frazione di San Michele Tiorre è presente una scuola dell'infanzia.[117]

Lo stesso argomento in dettaglio: Museo del salame di Felino.
Museo del salame di Felino

Inaugurato nel 2004 dall'Associazione dei Musei del Cibo della Provincia di Parma nelle cantine del castello di Felino, il museo fu spostato nel 2024 all'interno della corte rurale medievale in via Giosué Carducci 11, nel centro del capoluogo. Il percorso espositivo illustra, attraverso una serie di pannelli e alcuni antichi oggetti e strumenti, l'evoluzione dell'intero processo produttivo del salame Felino dalle sue remote origini fino ai moderni stabilimenti, con particolare attenzione al XIX e XX secolo.[118][119]

Lo stesso argomento in dettaglio: Salame Felino.
Salame Felino

Il capoluogo è noto per la produzione del salame Felino, insignito nel 2013 della certificazione IGP dall'Unione europea; il salume, probabilmente preparato in zona già a partire dall'epoca romana, è protetto da un consorzio di tutela e può essere realizzato sull'intero territorio della provincia di Parma, nel rispetto di un apposito disciplinare.[120]

Nei quattro giorni a cavallo del 15 agosto si svolge la fiera annuale denominata Ferragosto felinese, accompagnata da mercatini di prodotti artigianali, attività sportive, serate musicali e degustazioni di prodotti tipici.[121]

Durante il mese di dicembre, nel weekend precedente la festività di santa Lucia o il giorno 8 dicembre, per le vie del paese si svolge annualmente la festa di Santa Lucia, accompagnata da un mercatino e dall'esibizione di bande musicali.[122]

Felino basa la propria economia soprattutto sul settore agroalimentare, oltre che su varie attività artigianali. Nel capoluogo e nelle frazioni situate lungo il torrente Baganza sono presenti vari salumifici dedicati alla lavorazione della carne di maiale, per la produzione del salame Felino e del prosciutto di Parma. Il territorio comunale accoglie inoltre numerose aziende di piccole e medie dimensioni, specializzate in particolar modo nel campo agricolo, oltre che nel settore terziario.[123][124]

Infrastrutture e trasporti

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Il territorio comunale è percorso da alcune strade provinciali. La strada provinciale 15 della Val Baganza, proveniente da Sala Baganza, valica il torrente immediatamente a nord del capoluogo, ove si incrocia con la strada provinciale Montanara, avente origine a Parma a nord, e con la strada provinciale 121 R Nuova Pedemontana, diretta verso est evitando l'attraversamento di Felino e di San Michele Tiorre; la provinciale 15, dopo aver superato il capoluogo, prosegue verso Calestano a sud, incontrando le frazioni di San Michele Gatti e Poggio di Sant'Ilario Baganza.[125] Nel 2019 fu presentato dall'amministrazione provinciale un progetto di fattibilità tecnica ed economica di una nuova strada che, attraversando il torrente a nord del capoluogo, consentisse di collegare le strade provinciali 15 e 121 R evitando il centro abitato di Sala Baganza.[126]

Tra il 1910 e il 1954 Felino fu servita dalla tranvia Parma-Marzolara,[127] successivamente sostituita da una linea di autobus extraurbani.[128]

A sud del capoluogo, le frazioni di Poggio di Sant'Ilario e, in territorio salese, San Vitale Baganza sono unite da una passerella pedonale sul Baganza denominata "La Ponticella", costruita tra il 1914 e il 1922 e ristrutturata nel 2020.[129]

Amministrazione

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Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune.

Periodo Primo cittadino Partito Carica Note
7 ottobre 1985 6 luglio 1990 Giordano Baldi Partito Comunista Italiano Sindaco [130]
19 luglio 1990 24 aprile 1995 Giordano Baldi Partito Comunista Italiano-Partito Democratico della Sinistra Sindaco [130]
24 aprile 1995 14 giugno 1999 Maurizio Tanzi Partito Democratico della Sinistra-Democratici di Sinistra Sindaco [130]
14 giugno 1999 14 giugno 2004 Maurizio Tanzi Democratici di Sinistra Sindaco [130]
14 giugno 2004 8 giugno 2009 Barbara Lori Democratici di Sinistra-Partito Democratico Sindaco [130]
8 giugno 2009 26 maggio 2014 Barbara Lori Partito Democratico Sindaco [130]
16 giugno 2014 14 settembre 2015 Maurizio Bertani Partito Democratico Sindaco deceduto durante il mandato[131]
14 settembre 2015 5 giugno 2016 Elisa Leoni lista civica di centro-sinistra "Insieme per Felino" Vicesindaco reggente
6 giugno 2016 3 ottobre 2021 Elisa Leoni lista di centro-sinistra "Insieme per Felino il centro sinistra" Sindaco [130]
4 ottobre 2021 in carica Filippo Casolari lista civica di centro-destra "Impegno e Cambiamento Filippo Casolari sindaco" Sindaco [130]

A Felino ha sede nel centro sportivo "Ninetto Bonfanti", dotato di tre campi da calcio a 11 e due campi polivalenti, la squadra calcistica GS Felino, nata nel 1966 come GS Industrie Felino e approdata in serie D nel 1974.[132][133]

Il 4 giugno 1991 Felino fu sede di arrivo di tappa del Giro d'Italia, che si concluse con la vittoria di Massimo Ghirotto.[134]

  1. ^ La curtis Felini nominata nel diploma dell'870 dell'imperatore del Sacro Romano Impero Ludovico II il Giovane, per lungo tempo confusa con Felino, è invece identificabile con Felina, nei pressi di Bismantova, così come la corte Felinis menzionata nell'890 nel diploma di conferma dei diritti al marchese Unrico, figlio di Suppone III, da parte del re d'Italia Berengario del Friuli.[13]

Bibliografiche

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