Colori nazionali dell'Italia
I colori nazionali dell'Italia sono il verde, il bianco e il rosso[1], collettivamente chiamati il Tricolore[N 1]. I tre colori nazionali italiani comparvero per la prima volta a Genova il 21 agosto 1789 su una coccarda tricolore circa un mese dopo lo scoppio della Rivoluzione francese, mentre l'11 ottobre 1796 comparvero per la prima volta su uno stendardo militare a Milano[2]. Infine, il 7 gennaio 1797 a Reggio Emilia, apparirono per la prima volta su una bandiera[2].
Nello sport italiano è diffusamente utilizzato il Blu Savoia, tonalità cromatica che è stata adottata per la prima volta nel 1910 sulle divise della Nazionale maschile di calcio dell'Italia e che deve il suo nome al fatto di essere il colore di Casa Savoia, dinastia regnante in Italia dal 1861 al 1946. Divenuto colore nazionale con l'unità d'Italia (1861), il suo uso è continuato anche dopo la nascita della Repubblica Italiana (1946) con il nome di "azzurro italiano".
Il Blu Savoia è utilizzato per il bordo dello stendardo presidenziale italiano (il blu, in araldica, significa "legge" e "comando") ed è il colore dominante delle bandiere istituzionali di alcune importanti cariche pubbliche (presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana, ministro e sottosegretari della difesa, alti gradi della Marina e dell'Aeronautica Militare). Nell'automobilismo il colore usato per contraddistinguere le vetture italiane è invece il rosso corsa, mentre in altre discipline come il ciclismo e gli sport invernali, la tonalità utilizzata sulle divise degli atleti italiani è spesso il bianco.
Le ipotesi rigettate dagli storici sull'origine del tricolore
[modifica | modifica wikitesto]Il presunto uso medievale e rinascimentale del tricolore
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Spesso nella ricerca storica finalizzata allo studio dell'origine del tricolore italiano si è considerata l'ipotesi che il verde, il bianco e il rosso siano stati utilizzati come colori nazionali fin dall'epoca medievale, volendo far così risalire la creazione della bandiera italiana a epoche remote: in realtà queste congetture sull'origine del vessillo, che vorrebbero collegare il presunto tricolore medievale a quello nato in età napoleonica, sono storicamente da rifiutare, vista la totale assenza di fonti che comprovino questo legame[3].
In epoca medievale i tre colori sono stati forzatamente riconosciuti in alcuni eventi della storia d'Italia, come sul pennone del Carroccio durante la battaglia di Legnano, sugli stendardi dei guelfi toscani, il cui stemma era formato da un'aquila rossa su campo bianco sopra un serpente verde, blasone che venne concesso da papa Clemente IV[N 2], sull'insegna della contrada senese dell'Oca, sulle divise tricolori dei servitori della duchessa di Milano Valentina Visconti; in epoca rinascimentale i colori nazionali italiani sono stati immaginati sui tappeti che accolsero Renata di Francia, andata poi in sposa a Ercole I d'Este, al suo arrivo a Ferrara, sulle uniformi tricolori dell'esercito di Borso d'Este e sulla bandiera verde, bianca e rossa che iniziò a garrire dal Duomo di Milano in occasione dell'ingresso nella capitale meneghina di Francesco I di Francia dopo la sua vittoria nella battaglia di Marignano[3][4][5].
Altri studiosi hanno ipotizzato la prefigurazione del tricolore italiano in opere pittoriche; sono infatti verdi, bianchi e rossi gli abiti di alcuni personaggi affrescati sulle pareti di Palazzo Schifanoia di Ferrara, che risalgono al Medioevo[6]. Anche tali ipotesi, basate questa volta su raffigurazioni artistiche, sono da scartare perché non basate su riscontri storici[6]. Il motivo dell'inconsistenza storica dell'ipotetica presenza del tricolore in eventi storici e in opere artistiche precedenti all'era moderna risiede nel fatto che all'epoca non era ancora avvenuta la presa di coscienza nazionale italiana, che comparve secoli dopo[7].

I tre colori della bandiera italiana sono citati, nella letteratura, in alcuni versi della Divina Commedia, e ciò ha alimentato teorie che vorrebbero la nascita del tricolore collegata a Dante Alighieri: anch'esse sono ritenute infondate dagli studiosi[8], in quanto Dante in questi versi non pensava all'Italia politicamente unita, ma alle virtù teologali, ovvero alla carità, alla speranza e alla fede, con le ultime due che si vollero poi metaforicamente simboleggiate, come già accennato, nella bandiera italiana[9]. I versi della Divina Commedia che hanno dato origine a questa ipotesi appartengono al canto XXIX del Purgatorio[10]:
venian danzando; l'una tanto rossa
ch'a pena fora dentro al foco nota;
l'altr'era come se le carni e l'ossa
fossero state di smeraldo fatte;
la terza parea neve testé mossa. [...]»
In questi versi le virtù teologali sono allegoricamente rappresentate da tre donne che indossano, rispettivamente, un vestito verde (che simboleggia la speranza), un abito bianco (la fede) e un indumento rosso (la carità)[11]. Altri passi della Divina Commedia dove sono citati due dei tre colori della bandiera italiana sono i versi del canto XXX del Purgatorio, in cui Dante descrive Beatrice:
donna m'apparve, sotto verde manto
vestita di color di fiamma viva. [...]»
Anche in questo caso, i tre colori simboleggiano le virtù teologali cristiane: il verde la speranza, il bianco la fede e il rosso la carità[N 3].
L'improbabile origine massonica dei tre colori nazionali italiani
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Nel 1865 il marchese Francesco Cusani, nella sua opera Storia di Milano dall'origine ai giorni nostri, propose la tesi per la quale la bandiera italiana avrebbe avuto origine massonica, precisamente dal Rito egiziano creato da Cagliostro[12]. Questa sua convinzione nacque da un libretto anonimo (Il Cagliostrismo svelato) pubblicato a Venezia nel 1791, che riportava il seguente stralcio[13]:
Dalla presenza delle tre ali – per parte – della benda[N 5], paragonabili metaforicamente ai tre colori nazionali italiani, e dal fatto che il nuovo tricolore verde, bianco e rosso fosse stato stranamente accolto senza commenti od opposizioni trasformandosi in breve tempo da coccarda a vessillo militare, venendo poi adottato come bandiera nazionale da vari Stati italiani senza tentennamenti, come se la sua nascita fosse stata guidata su binari precisi, Francesco Cusani ipotizzò l'origine massonica del tricolore italiano[13]. Tra l'altro Cagliostro, durante il suo tentativo di introdurre il Rito egiziano, soggiornò poco in Italia e riuscì a fondare una sola loggia, a Rovereto: il suo rito ebbe quindi pochissima influenza sullo sviluppo della massoneria italiana[14].

Inoltre Francesco Cusani non è molto accurato nelle sue descrizioni, dato che fa confusione tra le varie cerimonie massoniche, compresa quella della benda[16]. Inoltre l'affermazione di Francesco Cusani sul fatto che l'unico collegamento tra le repubbliche napoleoniche italiane da poco costituite fosse la massoneria, è difficilmente condivisibile, dato che in questo modo si attribuisce a quest'ultima, esagerandone l'importanza e l'influenza, la responsabilità degli effetti della Rivoluzione francese[14]. Questa tesi, rilevatasi poi infondata, era all'epoca molto diffusa, specie negli anni seguenti alla caduta del Primo Impero francese[14]. Altro punto a sfavore di questa ipotesi è il fatto che il verde, il bianco e il rosso non abbiano rivestito particolare importanza nelle cerimonie massoniche (compaiono infatti solo in quella di Cagliostro), con il colore principale della benda, il nero, che è completamente ignorato nell'iconografia patriottica italiana[17].
Infine, una spiegazione ermeneutica dei colori, che si presta quindi a interpretazioni, difficilmente avrebbe fatto presa sul popolo, principale "destinatario" della nuova bandiera[4]. Questo ultimo aspetto a sfavore dell'ipotesi che vorrebbe l'origine massonica dei tre colori nazionali è legato alle caratteristiche del tricolore e a quelle dei simboli massonici, la cui forma intrinseca è antitetica per definizione: se la coccarda tricolore identificava in modo palese e immediato l'appartenenza politica della persona che la indossava (discorso analogo si potrebbe fare per la bandiera tricolore), i simboli massonici hanno caratteristiche esattamente opposte, visto che sono notoriamente contraddistinti da un significato criptico, misterioso e difficile da decifrare[18].
Anche l'intellettuale francese René Guénon, nel suo saggio intitolato L'esoterismo di Dante, allude a un'origine massonica per i tre colori della bandiera italiana:
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Le origini storiche del tricolore italiano
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La bandiera della Repubblica Cispadana



Il tricolore verde, bianco e rosso è stato uno dei simboli più importanti e diffusi del Risorgimento, che ha poi portato all'unità d'Italia. La prima traccia documentata dell'uso dei colori nazionali italiani è datata 21 agosto 1789: negli archivi storici della Repubblica di Genova è riportato che testimoni oculari avessero visto aggirarsi per la città alcuni manifestanti con apposta sui vestiti una coccarda rosso, bianco e verde[2]:
Le gazzette italiane dell'epoca avevano creato confusione sugli eventi delle sommosse francesi, riportando l'erronea notizia che il tricolore francese fosse verde, bianco e rosso (il tricolore francese è invece blu, bianco e rosso)[19]. Il verde venne poi mantenuto dai giacobini italiani perché rappresentava la natura e quindi – metaforicamente – anche i diritti naturali, ovvero l'uguaglianza e la libertà, entrambi principi cari ai rivoluzionari dell'epoca[20].
Chiarito infatti l'errore delle testate giornalistiche sui colori della coccarda tricolore francese, e assunti di conseguenza i connotati dell'unicità, il verde, il bianco e il rosso furono adottati dai patrioti risorgimentali come uno dei simboli più importanti della lotta, insurrezionale e politica, finalizzata al compimento dell'unità nazionale prendendo il nome di "tricolore italiano"[7]. Il verde, bianco e rosso, acquisì quindi una forte valenza patriottica trasformandosi in uno dei simboli della presa di coscienza nazionale, mutamento che lo portò progressivamente a entrare nell'immaginario collettivo degli italiani[7].
Nel settembre del 1794 Luigi Zamboni e Giovanni Battista De Rolandis realizzarono una coccarda unendo il bianco e il rosso della bandiera di Bologna al verde con l'obiettivo di creare un simbolo di libertà[21]. Altro loro obiettivo era quello di coinvolgere la popolazione italiana in una rivoluzione che sarebbe iniziata a Bologna e che sarebbe stata finalizzata a scacciare lo Stato Pontificio, all'epoca dominatore di parte dell'Italia centrale[22].
La coccarda, simbolo rivoluzionario per eccellenza, è stata protagonista dei moti che hanno caratterizzato il Risorgimento, venendo appuntata sulla giacca o sui cappelli nella sua forma tricolore dai molti patrioti che erano protagonisti di questo periodo della storia italiana – durante il quale la Penisola conseguì la propria unità nazionale – che culminò il 17 marzo 1861 con la proclamazione del Regno d'Italia[23]. Il 14 giugno 1848 ha sostituito la coccarda azzurra sabauda sulle divise di alcuni reparti della Regia Armata Sarda, mentre il 1º gennaio 1948, con la nascita della Repubblica Italiana, ne ha preso il posto come ornamento nazionale[24].
La coccarda trova impiego nella simbologia istituzionale repubblicana, civile e militare. È tradizionalmente indossata dalle massime cariche dello Stato, appuntata sulla giacca, durante la parata militare della Festa della Repubblica Italiana, celebrata il 2 giugno.[25] È uno dei simboli dell'Aeronautica Militare Italiana ed è utilizzata su tutti gli aeromobili statali italiani, sia civili, sia militari[26]; funge da base nel fregio da parata dei bersaglieri, dei reggimenti di cavalleria, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza[27][28][29]. Infine, è riprodotta sulle maglie delle squadre sportive detentrici delle Coppe Italia che si organizzano in diversi sport di squadra[30].
L'uso del tricolore italiano non si limitò alla presenza del verde, del bianco e del rosso su una coccarda: quest'ultima, essendo nata il 21 agosto 1789, preannunciò di sette anni il primo stendardo militare tricolore, che venne scelto dalla Legione Lombarda l'11 ottobre 1796[31], cui è associata la prima approvazione ufficiale dei colori nazionali italiani da parte delle autorità, in questo caso napoleoniche, e di otto anni l'adozione della bandiera d'Italia, che invece nacque il 7 gennaio 1797, quando assunse per la prima volta il ruolo di vessillo nazionale di uno Stato italiano sovrano, la Repubblica Cispadana (1796-1797)[32]. Il tricolore italiano fu poi utilizzato anche sulle bandiere della Repubblica Italiana napoleonica (1802–1805) e del Regno d'Italia napoleonico (1805–1814), precursori del moderno stato italiano.
La traccia documentata più antica che cita la bandiera tricolore italiana è legata alla prima discesa di Napoleone Bonaparte nella penisola italiana. Con l'avvio della prima campagna d'Italia, in molti luoghi i giacobini della penisola insorsero contribuendo, insieme ai soldati italiani inquadrati nell'esercito francese, alle vittorie transalpine[33][34].
Questo rinnovamento fu accettato dagli italiani nonostante fosse legato alle convenienze della Francia napoleonica, che aveva forti tendenze imperialistiche, perché la nuova situazione politica era migliore di quella precedente: il legame a doppio filo con la Francia era infatti molto più accettabile dei secoli passati nell'assolutismo[35].
Durante la prima campagna d'Italia, Napoleone Bonaparte, al comando dell'Armata d'Italia, conquistò gli Stati in cui era divisa la penisola italiana fondando nuovi organismi statali repubblicani che si ispiravano agli ideali rivoluzionari francesi[36]. Il primo territorio a essere conquistato da Napoleone fu il Piemonte; nell'archivio storico del comune piemontese di Cherasco è conservato un documento che attesta, il 13 maggio 1796, in occasione dell'omonimo armistizio tra Napoleone e le truppe austro-piemontesi (con cui Vittorio Emanuele I di Savoia cedette Nizza e la Savoia alla Francia per porre fine alla guerra[37]), il primo accenno al tricolore italiano, riferendosi a stendardi comunali issati su tre torri del centro storico[38]:
Sul documento il termine «verde» è stato successivamente barrato e sostituito da «bleu», cioè dal colore che forma — insieme al bianco e al rosso — la bandiera francese[39].
A Reggio Emilia, il 27 dicembre 1796, in un'assemblea tenutasi in un salone del municipio della città (in seguito all'uopo ribattezzato Sala del Tricolore) 110 delegati presieduti da Carlo Facci approvarono la carta costituzionale della Repubblica Cispadana, comprendente i territori di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia[40].
In riunioni successive furono decretati e ufficializzati molti provvedimenti, tra cui la scelta dell'emblema della neonata repubblica[41]. Ad avanzare la proposta di adozione di una bandiera nazionale verde, bianca e rossa fu, in un'assemblea avvenuta il 7 gennaio, Giuseppe Compagnoni, che per questo è ricordato come il «padre del tricolore»[41][42][43]. Questo decreto di adozione recita[44][45]:
La decisione del congresso di adottare una bandiera tricolore verde, bianca e rossa fu poi salutata da un'atmosfera giubilante, tanto era l'entusiasmo dei delegati, e da scrosci di applausi[46]. La storica seduta del congresso non specificò le caratteristiche di questa bandiera con la determinazione della tonalità e della proporzione dei colori, e non precisò neppure la loro collocazione sul vessillo[47]. Sul verbale della riunione di sabato 7 gennaio 1797[48], avvenuta anch'essa nella futura Sala del Tricolore, si può leggere[49]:
[…] Fa pure mozione che si renda Universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di tre colori, Verde, Bianco e Rosso e che questi tre colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba portarsi da tutti. […]
[…] Dietro ad altra mozione di Compagnoni dopo qualche discussione, si decreta che l'Era della Repubblica Cispadana incominci dal primo giorno di gennaio del corrente anno 1797, e che questo si chiami Anno I della Repubblica Cispadana da segnarsi in tutti gli atti pubblici, aggiungendo, se si vuole, l'anno dell'Era volgare. Vien decretato. […]»
Per la prima volta il tricolore diventò ufficialmente bandiera nazionale di uno Stato italiano sovrano, sganciandosi dal significato militare e civico locale: con questa adozione la bandiera italiana assunse pertanto un'importante valenza politica[49][50]. Nella seduta del 21 gennaio, tenutasi questa volta a Modena, dove nel frattempo erano stati spostati i lavori congressuali, la decisione fu resa esecutiva:
L'adozione del verde, del bianco e del rosso da parte dei patrioti italiani fu esente da contrasti politici: in Francia successe invece l'opposto, dato che il tricolore francese diventò simbolo prima dai repubblicani e poi dai bonapartisti, che erano in contrapposizione politica con i monarchici e i cattolici, i quali avevano come simbolo di riferimento la bandiera bianca reale con il giglio di Francia[20].
Il tricolore italiano divenne poi anche la bandiera della Repubblica Cisalpina (1797-1802). La formazione della Repubblica Cisalpina fu decretata da Napoleone Bonaparte il 29 giugno 1797: il suo territorio consisteva nella maggior parte delle aree un tempo occupate dalla Repubblica Cispadana e dalla Repubblica Transpadana (1796-1797), a cui furono aggiunte le terre prima appartenenti alla Repubblica di Venezia[51].
Il tricolore in ambito politico
[modifica | modifica wikitesto]Dai moti del 1821 alle rivolte del 1848
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Con la caduta di Napoleone e la Restaurazione dei regimi monarchici assolutistici, il tricolore italiano entrò in clandestinità, diventando simbolo dei fermenti patriottici che iniziarono a serpeggiare in Italia, la cui stagione è conosciuta come Risorgimento[52][53]. Nel Regno Lombardo-Veneto, Stato dipendente dall'Impero austriaco nato dopo la caduta di Napoleone, per chi esponeva il tricolore italiano era prevista la pena di morte[54]. L'obiettivo degli austriaci era infatti, citando le testuali parole dell'imperatore Francesco Giuseppe I d'Austria, di "fare dimenticare di essere italiani"[55].
L'11 marzo 1821, durante i moti piemontesi, il tricolore italiano sventolò per la prima volta nella storia risorgimentale alla cittadella di Alessandria dopo l'oblio causato dalla Restaurazione[56][57].
Rievocando l'episodio, Giosuè Carducci vi dedicò questi versi[58]:
quei che a Sfacteria dorme e in Alessandria
diè a l'aure primo il tricolor, Santorre
di Santarosa[N 6]»
Non tutte le fonti sono però concordi; alcune di esse documentano il fatto che la bandiera che garriva ad Alessandria fosse in realtà costituita da altri colori: il vessillo del Regno di Sardegna oppure il tricolore nero, rosso e blu della carboneria[59].
La bandiera verde, bianca e rossa riapparve nel corso dei moti del 1830-1831[56], soprattutto grazie a Ciro Menotti, il patriota che diede inizio alla ribellione in Italia[60][61]. Nel 1831 Giuseppe Mazzini lo scelse come emblema della Giovine Italia[62][63][64][65], movimento politico il cui obiettivo era l'unificazione della penisola italiana; a partire dal 1833-1834, proprio grazie all'opera di Mazzini, il simbolismo del tricolore si diffuse sempre di più lungo la penisola[66] a iniziare dall'Italia settentrionale e centrale[56].

Nel 1834 fu adottato dai rivoltosi che tentarono di invadere la Savoia[64][67], mentre un vessillo tricolore della Giovine Italia fu portato nel 1835 in America meridionale da Giuseppe Garibaldi durante il proprio esilio[68]. La bandiera italiana si diffuse anche tra gli esiliati politici, divenendone il simbolo della lotta per l'indipendenza e della pretesa di avere costituzioni più liberali[68].
Il tricolore italiano fu sventolato anche durante le insurrezioni del 1837 in Sicilia, del 1841 in Abruzzo e del 1843 in Romagna[56][69]. Nel 1844 un tricolore della Giovine Italia accompagnò i fratelli Bandiera nel loro fallito tentativo di sollevare le popolazioni del Regno delle Due Sicilie[66][67][69].
Tricolori italiani sventolarono, sfidando le autorità, che ne avevano decretato il divieto, anche in occasione della commemorazione della rivolta del quartiere genovese di Portoria contro gli occupanti asburgici durante la guerra di successione austriaca. Nel corso di tale manifestazione, che avvenne il 10 dicembre 1847 a Genova sul piazzale del santuario della Nostra Signora di Loreto del quartiere di Oregina, esordì, eseguito dalla Filarmonica Sestrese, Il Canto degli Italiani di Goffredo Mameli e Michele Novaro, inno nazionale italiano dal 1946[67][70]. Il Canto degli Italiani, in una strofa, cita la bandiera italiana:
Bandiera, una speme:
di fonderci insieme,
già l'ora suonò.»
Questo passaggio, che si legge nella seconda strofa, richiama alla speranza ("la speme") che l'Italia, ancora divisa negli Stati preunitari, si fonda finalmente in un'unica nazione raccogliendosi sotto una sola bandiera: il tricolore[70].
I moti del 1848 e la prima guerra d'indipendenza
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La bandiera italiana fu poi protagonista della primavera dei popoli, ovvero dell'ondata di moti rivoluzionari che sconvolsero l'Europa dal 1848 al 1849.
Nel marzo del 1848 le Cinque giornate di Milano furono caratterizzate da una profusione di bandiere e coccarde tricolori[72][73]. L'abbandono della città da parte delle truppe austriache del feldmaresciallo Josef Radetzky, il 22 marzo, determinò l'immediata costituzione del Governo provvisorio di Milano presieduto dal podestà Gabrio Casati[74], che emise un proclama recitante:
Il giorno successivo il re di Sardegna Carlo Alberto di Savoia assicurò al Governo provvisorio della città lombarda che le sue truppe, pronte a venirgli in aiuto, avrebbero utilizzato come bandiera militare un tricolore con lo stemma sabaudo sovrapposto sul bianco[75][76]. In particolare, il proclama del re del 23 marzo 1848 ai lombardi e ai veneti, avente decisi connotati politici, recitava:
Il processo di trasformazione della bandiera d'Italia in uno dei simboli patri italiani fu completato, consolidandosi definitivamente, durante i moti milanesi[67]. Un tricolore di fortuna formato da camicie rosse, mostre verdi e un lenzuolo bianco, fu issato sul pennone della nave che riportava Giuseppe Garibaldi in Italia dall'America meridionale poco dopo l'inizio della prima guerra d'indipendenza[78].

La bandiera adottata da Carlo Alberto di Savoia nel 1848L'11 aprile 1848 il tricolore italiano divenne ufficialmente, tramite regio decreto, unica bandiera utilizzata sulle navi da guerra sabaude e sulla flotta mercantile del Regno di Sardegna, mentre il 28 aprile 1848, con analogo provvedimento, il vessillo verde, bianco e rosso diventò insegna ufficiale delle milizie comunali dello Stato sardo[79]. L'8 maggio 1848 il vessillo tricolore completò l'iter istituzionale, diventando bandiera nazionale ufficiale del Regno di Sardegna, quando fu innalzato per la prima volta su Palazzo Madama a Torino, sede del Senato Subalpino[80]. In un discorso pronunciato davanti al Parlamento del Regno di Sardegna il 9 giugno 1848, re Carlo Alberto dichiarò:
Leopoldo II d'Asburgo-Lorena, granduca di Toscana, nell'atto di concessione della costituzione (17 febbraio 1848) non cambiò il vessillo nazionale ("[…] Lo Stato conserva la sua bandiera e i suoi colori […]") ma accordò in seguito alle milizie toscane, tramite decreto, l'utilizzo di una sciarpa tricolore accanto ai simboli del Granducato (25 marzo 1848)[81]. Il granduca, in seguito alle pressioni dei patrioti toscani, il 17 aprile 1848 adottò poi la bandiera tricolore anche come vessillo di Stato e come stendardo militare per le truppe mandate in aiuto a Carlo Alberto di Savoia[78][82]. Il tricolore venne adottato anche a livello locale da alcune città, tra cui Viareggio[83]. Provvedimenti analoghi a quello del granduca furono adottati dal Ducato di Parma e Piacenza e dal Ducato di Modena e Reggio[84].
La svolta del Granducato durò fino alla fine della prima guerra d'indipendenza (1849), che terminò con la sconfitta dell'esercito piemontese di Carlo Alberto di Savoia: dopo di essa furono ripristinate le antiche bandiere[85]. Solo il Regno di Sardegna confermò il tricolore italiano come bandiera nazionale di Stato anche a primo conflitto risorgimentale terminato[85].

Bandiera del Regno di Sicilia (1848-1849)
Bandiera di guerra della Repubblica RomanaLa prima fase del pontificato di papa Pio IX fu caratterizzata da una progressiva apertura alle richieste liberali della popolazione[86]: all'inizio del 1848, in questo contesto, il sommo pontefice concesse l'utilizzo di cravatte tricolori annodate sui vessilli militari dell'esercito dello Stato della Chiesa[87][88]. Successivamente, a causa delle proteste dei cattolici di lingua tedesca, papa Pio IX cambiò atteggiamento, mettendosi contro i fermenti patriottici che pervadevano la penisola italiana[89]. La Repubblica Romana, costituitasi il 9 febbraio 1849 in seguito alla rivolta contro lo Stato Pontificio che detronizzò il papa, che nel frattempo aveva cambiato atteggiamento nei confronti dei patrioti, il 12 febbraio adottò come vessillo nazionale una bandiera verde, bianca e rossa con un'aquila romana repubblicana sulla punta dell'asta[90][91][92].
Ferdinando II di Borbone, re delle Due Sicilie, poco dopo lo scoppio delle rivolte, concesse prima la costituzione (10 febbraio 1848) e poi accordò (23 febbraio) l'utilizzo di sciarpe tricolore come ornamento della bandiera nazionale[93]. Il tricolore, nel Regno delle Due Sicilie, iniziò a sventolare il 12 gennaio nel corso della rivolta di Palermo contro il governo borbonico, che diede poi origine all'auto-proclamatosi Regno di Sicilia, durante la cui effimera esistenza i patrioti solevano cantare, in lingua siciliana, il brano popolare Lu dudici jnnaru 1848 (it. "Il dodici gennaio 1848")[87][90][94].

La bandiera adottata dalla Repubblica di San Marco dal 1848 al 1849Le rivolte però non si placarono[95] e il Regno di Sicilia, nel frattempo, decretò come bandiera nazionale un vessillo verde, bianco e rosso con una trinacria al centro[96][97]. In seguito ai tumulti scoppiati fuori dal neo insediato Parlamento napoletano (15 maggio), Ferdinando II decise di spedire le truppe borboniche a sedare le rivolte in tutto il Regno delle Due Sicilie, ritrattando nel contempo tutte le concessioni fatte poco tempo prima, costituzione e istituzione del parlamento compresi[95].
Il tricolore della Repubblica di San Marco, proclamatasi indipendente il 22 marzo 1848 dall'Impero austriaco, era invece caratterizzato da un Leone Alato[98][99] collocato in alto a sinistra[96]. Il tricolore sventolò anche sulle barricate delle Dieci giornate di Brescia[100] e in molti altri centri come Varese, Gallarate, Como, Melegnano, Cremona, Monza, Udine, Trento, Verona, Rovigo, Vicenza, Belluno e Padova[101].
Questa diffusione lungo tutta la penisola italiana fu la dimostrazione che la bandiera tricolore aveva ormai assunto un simbolismo consolidato e valido su tutto il territorio nazionale[102]. In precedenza erano comuni, tra i patrioti, anche i colori della carboneria, ovvero il rosso, l'azzurro e il nero, ma dal 1848 il ruolo di simbolo identificativo della lotta per l'indipendenza fu assunto univocamente dal tricolore verde, bianco e rosso[103]. L'iconografia della bandiera italiana iniziò poi a diffondersi, oltre che in ambito vessillologico e militare, anche in alcuni oggetti quotidiani come sciarpe e tessuti per abiti[104].
Dalla guerra di Crimea all'Unità d'Italia
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La bandiera del Regno di Sardegna (1851-1861), che poi diventò il vessillo del Regno d'Italia (1861-1946)Il 14 aprile 1855, prima della partenza per la guerra di Crimea, le bandiere tricolori italiane furono affidate solennemente ai soldati da re Vittorio Emanuele II di Savoia, succeduto nel 1849 al padre Carlo Alberto, con la seguente frase di commiato "[…] Difendetele e riportatele coronate di nuova gloria […]"[105][106][107]. Nel 1857 una bandiera italiana con l'asta sormontata da un berretto frigio e con archipendolo, simbolo di equilibrio sociale, fu protagonista della spedizione di Sapri, fallito tentativo di innescare una rivolta nel Regno delle Due Sicilie perpetrato da Carlo Pisacane[96][108]; questi, per non farsi catturare, si suicidò – secondo la leggenda – fasciato con una bandiera tricolore[109][110].
Durante la seconda guerra d'indipendenza le città che man mano venivano conquistate dal "re eletto"[N 7] Vittorio Emanuele II di Savoia e da Napoleone III di Francia salutavano i due sovrani come liberatori in un tripudio di bandiere e coccarde tricolori; anche i centri in procinto di chiedere l'annessione al Regno di Sardegna tramite plebisciti sottolineavano la loro volontà di far parte di un'Italia unita con lo sventolio del tricolore[111]. La bandiera italiana rifulgeva infatti in Toscana, in Emilia, nelle Marche e in Umbria, ma anche in città che avrebbero dovuto aspettare qualche tempo prima di essere annesse, come Roma e Napoli[112][113].
È proprio di questi anni il grande entusiasmo della popolazione nei confronti del tricolore: oltre che dall'esercito del Regno di Sardegna e dalle truppe di volontari che parteciparono alla seconda guerra d'indipendenza[102], la bandiera verde, bianca e rossa si diffuse capillarmente nelle regioni appena conquistate o annesse tramite plebiscito, comparendo sulle finestre delle case, nelle vetrine dei negozi e all'interno di locali pubblici come alberghi, taverne, osterie, eccetera[114].

Il tricolore accompagnò, sebbene non ufficialmente[115], anche i volontari della spedizione dei Mille guidata da Giuseppe Garibaldi[116]; l'Eroe dei due Mondi, in particolare, aveva una deferenza e un ossequio assoluto nei confronti della bandiera italiana[117]. Dopo un'iniziale prudenza[118], man mano che Garibaldi conquistava le città dell'Italia meridionale durante la sua risalita lungo la penisola, l'entusiasmo patriottico cresceva sempre di più, con le file dell'Esercito meridionale che si ingrossavano costantemente e con le bandiere tricolori che sventolavano ovunque[119][120].
A Palermo i cantastorie cantavano in lingua siciliana "Li tri colura spinci pr'ogni via", ovvero "alza il tricolore in ogni via"[121]. Poco dopo la perdita della Sicilia, il 25 giugno 1860, re Francesco II di Borbone, tentando di limitare i danni vista la crescente partecipazione della popolazione all'impresa di Garibaldi, decretò che la bandiera verde, bianca e rossa fosse anche il vessillo ufficiale del suo Regno, con lo stemma delle Due Sicilie sovrapposto sul bianco[122][123]. Per ironia della sorte, nella fase finale della spedizione dei Mille, il tricolore del Regno delle Due Sicilie garrì in antagonismo alla bandiera tricolore del Regno di Sardegna[124].

Bandiera del Regno delle Due Sicilie (1860-1861)Il 17 marzo 1861 fu proclamato il Regno d'Italia:
Il tricolore continuò a essere la bandiera nazionale anche del nuovo Stato, sebbene non ufficialmente riconosciuto da una legge specifica[126][127], ma regolamentato, per quanto riguarda la foggia dei vessilli militari, da un regio decreto del 25 marzo 1860 che rimase in vigore fino alla nascita della Repubblica Italiana (1946)[128][129][130].
Dopo l'Unità d'Italia
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Nel periodo del brigantaggio postunitario, Fulco Salvatore Ruffo di Calabria, IX principe di Scilla, uno dei membri della corte in esilio di Francesco II di Borbone, in una lettera raccomandò al generale spagnolo José Borjes, inviato nell'Italia meridionale per guadagnare alla causa legittimista i briganti, l'uso della bandiera tricolore[131].
Il tricolore, in questo contesto, aveva un significato universale, trasversale, condiviso sia da monarchici sia da repubblicani, dai progressisti e dai conservatori e dai guelfi come dai ghibellini: fu scelto come bandiera dell'Italia unita anche per tale motivo[122].
Nel 1868, due anni dopo la conclusione della terza guerra d'indipendenza italiana, che portò al passaggio del Veneto dall'Impero austro-ungarico al Regno d'Italia, la salma del patriota veneziano Daniele Manin fu trasferita nella sua città natale venendo onorata con un festa funebre[132]. Daniele Manin, che morì nel 1857 a Parigi, era stato acclamato presidente della Repubblica di San Marco dagli abitanti di Venezia dopo i moti del 1848[133][134]. La gondola che trasportava la sua bara era decorata con un arco "sormontato dal leone di San Marco, splendente d'oro", portava "lo stendardo veneziano velato di crêpe nero" e aveva "due statue colossali d'argento che sventolavano i colori nazionali d'Italia"[135]. Le statue, in particolare, rappresentavano l'annessione di Venezia all'Italia[136]. I resti di Daniele Manin furono poi solennemente sepolti nella Basilica di San Marco.
Durante la seconda guerra mondiale
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Bandiera del Comitato di Liberazione Nazionale
Bandiera di guerra della Repubblica Sociale ItalianaIl tricolore tornò prepotentemente sugli scudi dopo l'armistizio di Cassibile dell'8 settembre 1943, dove fu preso come simbolo dalle due parti che si affrontarono nella guerra civile italiana[137][138] nel tentativo di richiamare il Risorgimento e il suo bagaglio culturale[139]. In particolare, era utilizzato dai partigiani in quanto simbolo di lotta contro i tiranni ed emblema del sogno di un'Italia libera[138]: anche le brigate partigiane comuniste, che avevano come vessillo ufficiale la bandiera rossa, sventolavano sovente il tricolore italiano[140].
Bandiere tricolori erano anche i vessilli ufficiali delle Repubbliche partigiane e del Comitato di Liberazione Nazionale, così come dei loro antagonisti, i repubblichini[140]. Il tricolore fu infatti scelto come bandiera nazionale anche dalla Repubblica Sociale Italiana[141][142][143]: il vessillo civile della repubblica di Benito Mussolini era identico al tricolore dell'odierna Repubblica Italiana, mentre sulla bandiera di guerra era collocata centralmente un'aquila imperiale romana che regge un fascio littorio con l'aggiunta, in base alla forza armata che la esibiva, di una granata o di un'àncora[144]. Il tricolore italiano venne usato anche per propaganda: la Repubblica Sociale, ad esempio, lo utilizzò su un celebre manifesto raffigurante Goffredo Mameli con la spada sguainata e con un tricolore alle spalle, mentre si lancia verso un assalto[142]. Su questo manifesto sono riportate la scritte: "Fratelli d'Italia / L'Italia se desta!" e "1849-1944 Lo spirito di Goffredo Mameli / Difenderà la Repubblica Sociale"[142].
Con la Liberazione il tricolore comparve sulle torri dei municipi, sui campanili delle chiese, nelle fabbriche, ecc.[142]. A tal proposito Francesco Cossiga, all'epoca Presidente del Senato della Repubblica, in un discorso proferito il 28 giugno 1984, disse[142]:
Definizione cromatica
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Colori Pantone 2002-2004
Colori Pantone dal 2004I colori della bandiera tricolore sono indicati nell'articolo 12 della Costituzione della Repubblica Italiana, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana nº 298, edizione straordinaria, del 27 dicembre 1947 ed entrata in vigore il 1º gennaio 1948[146]:
Se la bandiera è esposta orizzontalmente la parte di colore verde va disposta vicino all'asta, con quella bianca in posizione centrale e quella rossa all'esterno, mentre se il vessillo è esposto verticalmente la sezione verde va collocata superiormente[147].
L'esigenza di definire con precisione le tonalità dei colori nacque da un evento che accadde presso il Palazzo Justus Lipsius, sede del Consiglio dell'Unione europea, del Consiglio europeo e del loro Segretariato: un europarlamentare italiano, nel 2002, notò che i colori della bandiera italiana erano irriconoscibili, per esempio il rosso aveva una tonalità che virava verso l'arancione. In seguito alla segnalazione di questo eurodeputato, il governo decise di definire specificatamente i colori della bandiera nazionale italiana[148].
Le tonalità del verde, del bianco e del rosso sono state specificate per la prima volta da questi documenti ufficiali[148][149]:
- circolare del sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei ministri del 18 settembre 2002;
- circolare del sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei ministri del 17 gennaio 2003;
verde: Pantone tessile 18-5642 TCX (Golf Green), chiamato nel testo "verde prato brillante";
bianco: Pantone tessile 11-4201 TCX (Cloud Dancer), chiamato nel testo "bianco latte";
rosso: Pantone tessile 18-1660 TCX (Tomato), chiamato nel testo "rosso pomodoro".
Nuovi documenti hanno poi sostituito i precedenti[149]:
- circolare della presidenza del Consiglio dei ministri nº UCE 3.3.1/14545/1 del 2 giugno 2004;
- decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 14 aprile 2006, "Disposizioni generali in materia di cerimoniale e di precedenza tra le cariche pubbliche":
verde: Pantone tessile 17-6153 TCX (Fern Green) ovvero verde felce;
bianco: Pantone tessile 11-0601 TCX (Bright White) ovvero bianco brillante;
rosso: Pantone tessile 18-1662 TCX (Flame Scarlet) ovvero rosso scarlatto.
I toni cromatici dei tre colori succitati, su tessuto stamina (fiocco) di poliestere, sono sanciti nel comma nº 1, dell'articolo nº 31 "Definizione cromatica dei colori della bandiera della Repubblica"[N 8], della Sezione V "Bandiera della Repubblica, Inno nazionale, Feste nazionali e Esequie di Stato", del Capo II "Delle disposizioni generali in materia di cerimoniale", dell'allegato "Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento del Cerimoniale di Stato", al decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 14 aprile 2006 "Disposizioni generali in materia di cerimoniale e di precedenza tra le cariche pubbliche", pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana nº 174 del 28 luglio 2006.
| Pantone tessile |
Approssimazione su video[150] | RAL[150] | |||
|---|---|---|---|---|---|
| HEX | RGB | CMYK | HSV | ||
17-6153 TCX Fern Green |
#008C45 | R:000 G:140 B:069 | C:100 M:000 Y:100 K:000 | H:149º S:100% V:057% | 6024 Traffic green |
11-0601 TCX Bright White |
#F4F9FF | R:244 G:249 B:255 | C:000 M:000 Y:000 K:005 | H:120º S:000% V:095% | 9003 Signal white |
18-1662 TCX Flame Scarlet |
#CD212A | R:205 G:033 B:042 | C:000 M:100 Y:100 K:000 | H:356º S:079% V:081% | 3020 Traffic red |
Usi del tricolore
[modifica | modifica wikitesto]In ambito istituzionale
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I colori nazionali dell'Italia sono specificati nella Costituzione della Repubblica Italiana nell'articolo 12, che definisce la bandiera d'Italia nella forma di un vessillo tricolore a tre bande verticali di eguali dimensioni di tonalità verde, bianca e rossa[152]. Questi colori vengono anche utilizzati sulla coccarda italiana tricolore, un altro dei simboli patri italiani, che per prima vide l'utilizzo dei colori nazionali italiani. Il primo stendardo presidenziale usato provvisoriamente fin dalla proclamazione ufficiale della Repubblica (12 giugno 1946[153]) fu la bandiera nazionale; in seguito, il 22 settembre 1965, fu deciso di istituire uno stendardo presidenziale specifico. Fu subito scartata l'idea iniziale di realizzare, come stendardo, la sovrapposizione dell'emblema della Repubblica con la bandiera nazionale a causa della somiglianza di questa ipotetica composizione con la bandiera messicana[154].
Lo stendardo presidenziale italiano è il vessillo distintivo della presenza del Presidente della Repubblica Italiana. Esso segue, pertanto, il Capo dello Stato ogni qual volta si allontani dal Palazzo del Quirinale, presso il quale è esposto durante la sua presenza.[155] Lo stendardo è esposto sui mezzi di trasporto a bordo dei quali sale il presidente, all'esterno delle prefetture quando il presidente è in visita ad una città e all'interno delle sale dove interviene in veste ufficiale.[155] Lo stendardo richiama i colori della Bandiera nazionale italiana, con particolare riferimento al vessillo della storica Repubblica Italiana del 1802-1805; la forma quadrata e la bordatura blu Savoia, il cui uso fu mantenuto anche in epoca repubblicana, era simboleggiano le forze armate italiane, che sono comandate dal presidente.[155].
Per ricordare la nascita della bandiera italiana il 31 dicembre 1996 è stata istituita la Giornata nazionale della bandiera, che è meglio conosciuta come Festa del Tricolore[156]. Si festeggia ogni anno il 7 gennaio, con le celebrazioni ufficiali che sono organizzate a Reggio nell'Emilia, città dove venne decretata la prima adozione ufficiale del tricolore come bandiera nazionale da parte di uno Stato italiano, la Repubblica Cispadana, che avvenne, come già accennato, il 7 gennaio 1797[157]. Per quanto riguarda il cerimoniale, nel giorno della Festa del Tricolore, presso il Palazzo del Quirinale a Roma, viene eseguito il cambio della Guardia d'onore in forma solenne con lo schieramento e la sfilata del Reggimento Corazzieri in uniforme di gala e della Fanfara del IV Reggimento Carabinieri a cavallo[158]. Questo rito solenne viene svolto solamente in altre due occasioni, durante le celebrazioni della Festa della Repubblica Italiana (2 giugno) e della Giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate (4 novembre)[158]. A Reggio Emilia, in piazza Prampolini, la Festa del Tricolore viene celebrata con la visita di una delle più alte cariche della Repubblica Italiana (il Presidente della Repubblica o il presidente di una delle camere), che assiste all'alzabandiera sulle note de Il Canto degli Italiani di Goffredo Mameli e Michele Novaro e che rende gli onori militari a una riproduzione della bandiera della Repubblica Cispadana[159]. Subito dopo un militare della Brigata paracadutisti "Folgore" che porta un Tricolore nelle mani plana in piazza Prampolini[159]. Alla celebrazione officiata dalle massime cariche dello Stato seguono poi varie iniziative culturali che coinvolgono anche le scuole di Reggio Emilia[159]. Come in altre date solenni, nel giorno della Festa del Tricolore la bandiera italiana deve essere esposta in tutti gli uffici pubblici e istituzionali[160].
Le Frecce Tricolori, il cui nome per esteso è Pattuglia Acrobatica Nazionale, costituente il 313º Gruppo Addestramento Acrobatico, sono la pattuglia acrobatica nazionale (PAN) dell'Aeronautica Militare Italiana, nate nel 1961 in seguito alla decisione dell'Aeronautica stessa di creare un gruppo permanente per l'addestramento all'acrobazia aerea collettiva dei suoi piloti. Sono così chiamate per le tracce di fumo verde, bianco e rosso emesse durante le esibizioni[161]. Fondata nel 1961 con sede presso l’aeroporto di Rivolto, in Friuli-Venezia Giulia, è considerata una delle principali formazioni acrobatiche aeree a livello internazionale e detiene il primato di numero di velivoli impiegati in volo. In Italia la prima scuola di volo acrobatico venne fondata nel 1930 all'Aeroporto di Udine-Campoformido per iniziativa del colonnello Rino Corso Fougier, comandante del 1º Stormo caccia: la prima formazione consisteva in cinque Fiat C.R.20 e già l'8 giugno 1930 alla prima manifestazione aerea, chiamata "Giornata dell'Ala", questi aerei si esibirono in una "bomba", una figura analoga alla bomba attuale.[162] Negli anni precedenti alla seconda guerra mondiale la "Pattuglia Folle" della Regia Aeronautica partecipò a varie manifestazioni (da notare è che nel 1932 si impiegarono apparecchi Breda Ba.19, nel 1934 Fiat C.R.30 e dal 1936 Fiat C.R.32), tra le quali nel 1938 l'inaugurazione dell'Aeroporto di Milano-Linate durante la quale il Capo Pattuglia fu la Medaglia d'argento al Valor Militare Bruno Sartori.[163]
Nello sport
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Negli sport di squadra, lo scudetto è un distintivo dalla forma di scudo: viene portato sulla divisa da gioco dalla squadra che nella stagione precedente ha vinto il campionato nazionale. Per estensione, il termine indica la vittoria stessa del campionato.
L'invenzione dello scudetto viene fatta risalire al poeta Gabriele D'Annunzio il quale, in occasione di un'amichevole disputata da una selezione italiana militare, fece apporre tale distintivo sulle maglie per la prima volta.[164]
In seguito, venne deciso che la squadra prima classificata apponesse sulla maglia, nella stagione successiva, uno scudetto con i colori della bandiera italiana, rappresentativo dell'unità nazionale a livello calcistico. Nella stagione 1924-25 il Genoa fu la prima squadra a cucire lo scudetto tricolore sulle proprie divise da gioco in quanto vincitrice del precedente campionato.[164]
Nello sport italiano la coccarda italiana tricolore è divenuta il simbolo distintivo dei successi nelle coppe nazionali, cucita sulla maglia della squadra detentrice di questo trofeo: le formazioni vincitrici nelle varie Coppe Italia possono infatti sfoggiare la coccarda italiana, nella forma schematica "a disco"[165], sulle proprie divise per l'intera stagione successiva alla vittoria[166].
La coccarda tricolore ha debuttato nel calcio nella stagione 1958-1959 sulle maglie della Lazio[167][N 9]. A partire dalla stagione 1985-1986, la coccarda utilizzata per le squadre detentrici della Coppa Italia subì una modifica: iniziò a essere utilizzata la versione con i colori invertiti, ovvero con il verde esterno e il rosso al centro[168][169].
Dalla stagione calcistica 2006-2007 è stata ripristinata la tipologia convenzionale, quella con il rosso all'esterno e il verde al centro[170][171]. Nel calcio la coccarda italiana è anche il simbolo, sempre nella forma "a disco"[165], delle vittorie nella Coppa Italia Serie D, nella Coppa Italia Dilettanti e – con sostanziali differenze stilistiche, visto che è rappresentata nella forma schematica "a circolo" oltre che con il verde all'esterno e il rosso all'interno[165] – nella Coppa Italia Serie C[172].
In ambito aeronautico
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Terminata la stagione risorgimentale, la coccarda tricolore continuò a essere adoperata in campo militare sui copricapi da parata dei sopracitati reparti delle forze armate italiane e fu introdotta, inoltre, nell'ambito aeronautico[173].
Dopo l'entrata del Regno d'Italia nella prima guerra mondiale, il Comando supremo militare italiano si rese conto dell'inadeguatezza dei contrassegni precedentemente utilizzati sugli aerei italiani: pertanto ordinò di verniciare l'impennaggio verticale con il tricolore e l'intradosso delle ali con sezioni verdi, bianche e rosse per il riconoscimento della nazionalità[174]. Molto più spesso la sezione centrale venne verniciata con colori diversi dal bianco, rimanendo del colore della tela[175]. Come ulteriore contrassegno, la coccarda tricolore, nella versione schematica "a disco" con il rosso esterno, il bianco centrale e il verde interno, fu istituita il 21 dicembre 1917, venendo posta ai lati della fusoliera e sopra l'ala superiore[176].
Nel periodo immediatamente successivo comparvero delle coccarde tricolori che avevano il perimetro verde e il disco centrale rosso – quindi con una posizione dei colori che era invertita rispetto a quella convenzionalmente utilizzata – sembra in seguito a lamentele provenienti dagli alleati[177], finalizzate a evitare che si facesse confusione con gli aerei del Royal Flying Corps britannico e con i velivoli dell'Aéronautique Militaire francese, che operavano nello stesso teatro di guerra e che avevano entrambe una coccarda che poteva essere confusa con quella italiana, visto che i colori che le differenziavano erano visivamente simili se osservati rapidamente[N 10] oppure se guardati in condizioni di bassa visibilità[173].
In ambito aeronautico, la coccarda italiana tricolore fu usata, in modo discontinuo, fino al 1927, quando venne sostituita da una coccarda raffigurante il fascio littorio, uno dei simboli più identificativi del fascismo[178]. La coccarda tricolore con il rosso verso l'esterno e il verde al centro è tornata in uso, senza più essere cambiata, nel 1943, durante la seconda guerra mondiale[173], in occasione della costituzione dell'Aeronautica Cobelligerante Italiana: dopo la caduta del fascismo, ci fu infatti l'immediata scomparsa di tutti i simboli a esso legati, fascio littorio compreso[178].
La coccarda tricolore ha sostituito il 1º gennaio 1948, quando è entrata in vigore la costituzione della Repubblica Italiana, in tutte le sedi ufficiali, la coccarda azzurra, ovvero la coccarda derivante dal blu Savoia, colore della casa regnante italiana dal 1861 al 1946. La coccarda tricolore, che è stata poi diffusamente utilizzata su tutti gli aeromobili statali italiani, sia civili, sia militari[26], è ancora oggi uno dei simboli dell'Aeronautica Militare Italiana[179]. Nel 1991 è stata introdotta la coccarda tricolore a bassa visibilità, che è caratterizzata dalla banda bianca più stretta rispetto alle altre due[180].
Alitalia[181] è stata la compagnia aerea di bandiera dell'Italia dal 1946 al 2021.[182] Aveva sede a Fiumicino presso il proprio hub principale, l'aeroporto di Roma-Fiumicino.[183][184] Il secondo hub era l'aeroporto di Milano Linate. Nel 1969 in concomitanza con il nuovo logo e l'entrata in flotta dei Boeing 747, venne presentata la livrea realizzata dalla californiana Landor Associates, che riprendeva i colori della bandiera italiana[185]. L'impennaggio verticale presentava un triangolo rosso, circondato da un sottile bordo bianco che a sua volta era circondato da uno spesso bordo verde, seguito nel bordo esterno da un altro sottile bordo bianco. Insieme, il triangolo rosso, il bordo bianco interno e lo spesso bordo verde, formavano la lettera "A", iniziale della parola "Alitalia", che divenne il logo della compagnia, facendo così sparire il logo della freccia alata. La fusoliera, di colore bianca, era caratterizzata da una linea verde scuro che scorreva all'altezza dei finestrini, per poi diventare sempre più sottile in corrispondenza della cabina di pilotaggio e terminare nella punta dell'ogiva, che era di colore nero; la linea verde scura faceva una leggera curva nella parte posteriore della fusoliera per dare senso di continuità con la "A" dell'impennaggio verticale; la scritta "Alitalia", che era di colore nero con eccezione il centro della "A" iniziale che era di colore rosso, era situata al di sopra della linea verde scura, al centro della metà anteriore della fusoliera. La scritta "Alitalia" era riportata anche a destra delle porte ed era di colore oro quando si trovava su sfondo verde scuro, o nera e rossa quando si trovava su sfondo bianco[185][186][187][188].
ITA Airways è la compagnia aerea di bandiera italiana.bDa gennaio 2025 parte del Gruppo Lufthansa,[189] è la più grande compagnia aerea italiana per flotta, voli e numero di destinazioni internazionali. L'attività di ITA Airways consiste nel trasporto aereo nazionale e internazionale di passeggeri e merci, servendo i principali aeroporti italiani, oltre a numerosi aeroporti esteri. L'hub principale della compagnia è Roma-Fiumicino, mentre quello secondario è Milano-Linate. Il 15 ottobre 2021 è stata presentata l'identità visiva della compagnia, comprendente il marchio e la livrea, con la fusoliera in colore metallizzato azzurro (colore storicamente associato all'Italia), il logo ITA Airways in bianco col dettaglio della lettera A in rosso nella parte anteriore, delle icone stilizzate ispirate al patrimonio artistico italiano nella parte posteriore e un tricolore all'estremità della deriva che si estende avvolgendo la coda. Il logo della compagnia è anche riportato nella parte inferiore della fusoliera.[190]
Il significato idealistico del tricolore
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Lo stendardo dei cacciatori a cavallo della Legione Lombarda. Un esemplare originale è conservato al Museo del Risorgimento di MilanoCi sono varie ipotesi che tentano di spiegare i significati metaforici e allegorici legati ai colori nazionali italiani, che sono cambiati rispetto al significato originario nel tricolore francese quando il verde, il bianco e il rosso hanno assunto la caratteristica dell'unicità trasformandosi in un simbolo patrio italiano[36]. In particolare, il tricolore francese è formato dal blu, dal bianco e dal rosso, dove il bianco era il colore della monarchia francese, mentre il rosso e il blu sono gli antichi colori di Parigi[36]).
La più antica associazione di significati metaforici al futuro tricolore italiano è ascrivibile al 1782, quando fu fondata la Milizia cittadina milanese, le cui uniformi erano costituite da un abito verde con mostrine rosse e bianche; per tale motivo, in dialetto milanese, i membri di questa guardia comunale erano popolarmente chiamati remolazzit, ovvero "piccoli rapanelli", richiamando le rigogliose foglie verdi di questo ortaggio[46]. Anche il bianco e il rosso erano comuni sulle divise militari lombarde dell'epoca[32][46][48]: i due colori sono infatti anche caratteristici dello stemma di Milano[191].
Non fu quindi un caso che il primo stendardo militare verde, bianco e rosso, già considerato "italiano", abbia debuttato, l'11 ottobre 1796, sul vessillo da guerra della Legione Lombarda: i tre colori erano già infatti nell'immaginario collettivo dei lombardi per motivi storici[32].
Durante il periodo napoleonico, che durò dal 1796 al 1815, i tre colori nazionali italiani hanno gradualmente acquisito un significato sempre più idealistico, che con il tempo si è diffuso tra la popolazione, sganciandosi dagli originari significati storici legati alla nascita dei tre colori: il verde ha iniziato a rappresentare la speranza, il bianco la fede e il rosso l'amore[46][192].
Il verde del tricolore italiano era l'unico, come già accennato, ad avere, fin dalle origini, anche un significato idealistico: simboleggiava infatti per i giacobini i diritti naturali, ovvero l'uguaglianza e la libertà[20].
Ipotesi considerate non attendibili, e quindi scartate dagli storici, sono i presunti richiami metaforici al tricolore contenuti nella Divina Commedia di Dante Alighieri, nella quale ci sarebbero allegoricamente rappresentate le virtù teologali, ovvero la carità, la speranza e la fede, con le ultime due che si vollero poi simboleggiate, senza basi storiche, nella bandiera italiana[9]. Tale ipotesi vorrebbe quindi l'interpretazione dei colori nazionali italiani legata a significati religiosi[193], in particolar modo nei confronti del cattolicesimo, religione da sempre maggioritaria in Italia[194].
Altra ipotesi che tenta di spiegare il significato dei tre colori nazionali italiani vorrebbe, anch'essa senza alcuna base storica, che il verde sia legato al colore dei prati e della macchia mediterranea, il bianco alle nevi delle montagne italiane e il rosso al sangue versato dai soldati italiani nel corso dei secoli[193][195].
Per l'adozione del verde esiste anche la cosiddetta "ipotesi massonica": anche per questa società iniziatica il verde era il colore della natura, emblema quindi tanto dei diritti dell'uomo, che sono naturalmente insiti nell'uomo[48], quanto del florido paesaggio italiano; tale interpretazione, tuttavia, è osteggiata da chi sostiene che la massoneria, in quanto società segreta, non avesse all'epoca un'influenza tale da ispirare i colori nazionali italiani[196].
Altra congettura non plausibile che spiegherebbe l'adozione del verde ipotizza un tributo che Napoleone avrebbe voluto dare alla Corsica, luogo in cui il condottiero ebbe i natali[46]. Altra ipotesi ancora, anche in questo caso totalmente infondata, vorrebbe che il tricolore derivi dai colori principali della pizza Margherita, chiamata così in onore della regina Margherita di Savoia, i cui ingredienti principali dovrebbero richiamare le tre tonalità nazionali italiane, ovvero il verde per il basilico, il bianco per la mozzarella e il rosso per la salsa di pomodoro[197]: tale supposizione è totalmente insensata, visto che l'invenzione della pizza Margherita risale al 1889[N 11], mentre i colori nazionali italiani comparvero per la prima volta cent'anni prima, nel 1789 a Genova[2].
Altri colori nazionali italiani
[modifica | modifica wikitesto]L'azzurro
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Con l'unità d'Italia, e con la conseguente estensione dello Statuto Albertino a tutta la penisola italiana, al verde, al bianco e al rosso si aggiunse un quarto colore nazionale, il blu Savoia, tonalità cromatica distintiva della famiglia regnante italiana; in particolare, in ambito istituzionale, venne inserito nella bandiera del Regno d'Italia sul contorno dello stemma reale per evitare che la croce e il campo dello scudo si confondessero con il bianco e con il rosso del vessillo[32].
L'origine del colore è datata 20 giugno 1366, quando Amedeo VI di Savoia, in procinto di partire per una crociata indetta da papa Urbano V che era finalizzata a prestare aiuto all'imperatore bizantino Giovanni V Paleologo, cugino di parte materna del conte sabaudo, decise di collocare sulla nave ammiraglia della flotta, una galea veneziana, una bandiera azzurra che sventolasse accanto allo stendardo rosso-crociato in argento dei Savoia[198]:

Il colore ha quindi un'implicazione mariana, fermo restando che esiste anche la possibilità che l'uso di un vessillo azzurro da parte dei Savoia sia iniziato in precedenza[199].
Il blu Savoia è stato conservato in alcuni ambiti istituzionali anche dopo la proclamazione della Repubblica Italiana: di questa tonalità è infatti il bordo dello stendardo presidenziale italiano (il blu, in araldica, significa "legge" e "comando") ed è il colore dominante delle bandiere istituzionali di alcune importanti cariche pubbliche (presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana, ministro e sottosegretari della difesa, alti gradi della Marina e dell'Aeronautica Militare).
La tonalità azzurra del colore blu Savoia, già in uso sulle coccarde militari, sulle cravatte delle bandiere e sulle fasce degli ufficiali sabaudi, continua ancora adesso ad apparire come uno dei colori di riferimento e di riconoscimento dell'Italia, tant'è che è diventato la tonalità usata sulle maglie sportive nazionali italiane, sulla sciarpa azzurra in dotazione agli ufficiali delle forze armate italiane, sulla fascia distintiva dei presidenti delle province d'Italia[200][201], sulla coccarda italiana azzurra e sui velivoli utilizzati dalle Frecce Tricolori, anch'esse tradizioni che non si sono mai interrotte neppure in occasione della nascita della Repubblica Italiana.
Il rosso corsa
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Il rosso corsa è una particolare gradazione di rosso, stabilita dalla FIA, che veniva applicata alle auto italiane nelle corse automobilistiche.[202]
Fin dagli anni venti del XX secolo le automobili da corsa italiane abbandonarono il colore nero per adottare il rosso, secondo lo schema stabilito dall'associazione che in seguito sarebbe diventata la FIA; tra le nazioni più importanti, venne assegnato il blu (Bleu de France) alle auto francesi,[202] il bianco — e successivamente l'argento — alle tedesche,[202] il verde (British racing green) alle britanniche,[202] il biancoblù — con racing stripes — alle statunitensi,[203] il biancorosso alle giapponesi e, come accennato, il rosso alle italiane.[202] Alfa Romeo, Lancia, Maserati e in seguito Ferrari verniciarono quindi con questo colore le loro vetture da competizione, affinché il pubblico potesse distinguere le squadre italiane che gareggiavano nei campionati automobilistici.

Nacquero ben presto delle varianti specifiche in seno alle diverse case italiane: il rosso Ferrari è definito in una tonalità più chiara,[204] il rosso Alfa assume una tonalità più scura, mentre ancor più differenti appaiono il rosso Montebello di Lancia, tra l'amaranto e il granata — e in seguito abbinato a una sottile banda gialloblù richiamante le insegne comunali torinesi —, e il rosso Maserati quasi tendente al marrone.
Tradizionalmente, la nazionale di bob dell'Italia utilizza guidoslitte con carena verniciata con il rosso corsa.
Il bianco
[modifica | modifica wikitesto]In alcuni sport come il ciclismo e gli sport invernali, le divise degli atleti italiani sono spesso di colore bianco.
Musei
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Il Museo del Tricolore è una delle sedi dei Musei Civici di Reggio Emilia, situato all'interno del municipio della città, adiacente alla Sala del Tricolore, la cui collezione è formata da cimeli legati alla bandiera italiana e al Risorgimento italiano. I lavori della costruzione dell'edificio che ospita il museo iniziano nel 1416, con successivi interventi architettonici tra cui, negli anni 1774 – 75, la progettazione, affidata all’architetto Ludovico Bolognini, di una grande sala in origine destinata ad archivio e poi destinata alle riunioni del Consiglio Generale, tuttora utilizzata per le funzioni istituzionali del Comune. Nel novembre 1796 si decise di costruite le tribune nella sala, che fu definita Sala Patriottica, per utilizzarla per le riunioni del Congresso Centumvirale. In questa sala il 7 gennaio 1797 nasce il Tricolore, che venne infatti scelto come vessillo nazionale della Repubblica Cispadana: per la prima volta il tricolore diventò bandiera nazionale di uno Stato italiano sovrano. Fu ispirato dai colori della bandiera francese, che all'epoca era un simbolo di libertà contro gli stati dell'ancien régime. Il museo conserva documenti e cimeli che vanno dall'arrivo di Napoleone Bonaparte a Reggio fino alla Restaurazione, tra cui le chiavi della città donate a Napoleone stesso e il proclama del Senato del 26 agosto 1796 che istituì la Repubblica Reggiana, e altri del successivo periodo risorgimentale, fino al 1897, anno del primo centenario della bandiera italiana. Sono anche presenti bandiere tricolori degli Stati preunitari italiani.
Il Sacrario delle Bandiere è uno dei musei delle forze armate italiane. Raccoglie e custodisce le bandiere di guerra dei reparti disciolti, delle unità navali radiate dal quadro del naviglio dello Stato, nonché le bandiere degli Istituti militari e delle unità appartenenti ai corpi armati dello Stato (Esercito Italiano, Aeronautica militare, Marina Militare, Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato, Polizia penitenziaria e Guardia di Finanza).[205] Il sacrario si trova all'interno del Vittoriano a Roma, e il suo ingresso è situato lungo via dei Fori Imperiali, all'interno del Museo centrale del Risorgimento al Vittoriano.[206] Dall'interno del Sacrario delle Bandiere si accede alla cripta del Milite Ignoto, locale da cui è possibile vedere il lato del sacello della tomba del soldato sconosciuto che dà verso gli spazi interni del Vittoriano.[207]

Lo spazio espositivo più importante che ospita bandiere tricolori italiane si trova nel complesso architettonico dell'Altare della Patria a Roma[208][209]. All'interno del Museo centrale del Risorgimento al Vittoriano, questo il suo nome, si possono trovare circa settecento bandiere storiche appartenenti ai reparti dell'Esercito Italiano, della Marina e dell'Aeronautica Militare, nonché il vessillo tricolore con cui fu avvolta nel 1921 la bara del Milite Ignoto durante il suo viaggio verso l'Altare della Patria[208]. Il tricolore più antico conservato all'interno del Museo centrale del Risorgimento risale al 1860[208]: è uno dei tricolori originali che sventolava sul piroscafo Lombardo che partecipò, insieme al Piemonte, alla spedizione dei Mille[210].
Nella capitale d'Italia sono di notevole interesse anche il Museo storico dell'Arma dei Carabinieri, il Museo storico dei bersaglieri, il Museo storico della fanteria, Museo storico dei granatieri di Sardegna, il Museo storico dell'Arma del genio, il Museo storico della Guardia di Finanza e il Museo storico della motorizzazione militare; tutti questi spazi espositivi ospitano anche bandiere tricolori storiche[211].
In Emilia-Romagna sono da segnalare[212] anche il Museo del Risorgimento e della Resistenza di Ferrara, il Museo Civico del Risorgimento di Modena, il Museo della Resistenza di Montefiorino, il Museo civico del Risorgimento di Bologna[213] e il Museo del Risorgimento di Piacenza[214].
Al Museo nazionale del Risorgimento italiano di Torino, l'unico che abbia ufficialmente il titolo di "nazionale", è possibile trovare un ricco corredo di tricolori, tra cui alcuni risalenti ai moti del 1848[215]. Tra i cimeli dell'Armeria Reale di Torino è conservata una bandiera del 1855, cimelio nella guerra di Crimea[216]. In Piemonte sono presenti anche altri musei di notevole interesse che ospitano bandiere italiane all'interno delle loro collezioni: il Museo storico nazionale dell'artiglieria di Torino, il Museo storico dell'Arma di cavalleria di Pinerolo e il Museo storico badogliano a Grazzano Badoglio[216].

In Liguria è situato il Museo del Risorgimento e istituto mazziniano di Genova che conserva, tra l'altro, una bandiera originale della Giovine Italia, mentre a La Spezia è presente il Museo tecnico navale della Marina Militare, fondato nel XV secolo da Amedeo VIII di Savoia[217].
Il Museo del Risorgimento di Milano ospita un buon numero di tricolori di epoca napoleonica, tra cui una bandiera della Legione Lombarda risalente al 1797 e consegnata alla coorte dei cacciatori a cavallo solo successivamente alla già citata cerimonia avvenuta in piazza del Duomo il 6 novembre 1796[218][219]. All'interno del museo meneghino è anche conservata la bandiera tricolore risalente alle cinque giornate che sventolò dal Duomo di Milano il 20 marzo 1848[220].
Vicino a Mantova, a Solferino, è situato il Museo del Risorgimento di Solferino e San Martino, che celebra l'omonimo scontro militare del 1859 e che ospita molti cimeli dell'avvenimento, tra cui diversi vessilli tricolori[221].

Sempre in Lombardia sono presenti[222] il Museo internazionale della Croce Rossa di Castiglione delle Stiviere, il Museo del Risorgimento di Bergamo, il Museo del Risorgimento di Brescia, il Museo del Risorgimento di Como[223], il Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera[224], il Museo del Risorgimento di Mantova[225], il Museo del Risorgimento di Pavia[226] e il Museo del Risorgimento di Voghera[227].
A Venezia, il Museo del Risorgimento e dell'Ottocento veneziano conserva la bandiera tricolore del 1848 che salutò la cacciata degli austriaci dalla città lagunare; Venezia ospita anche il Museo storico navale, che ha un'importanza paragonabile all'omonimo spazio espositivo di La Spezia[222]. Completano il quadro dei musei del Triveneto[228] il Museo storico italiano della guerra di Rovereto, dedicato alla prima guerra mondiale, che ospita molti cimeli, tra cui diverse bandiere tricolori; il Museo storico di Trento, che conserva reperti dedicati agli Alpini, il Museo del Risorgimento e dell'età contemporanea di Padova[229], il Museo del Risorgimento e della Resistenza di Vicenza[230]. A Trieste è invece situato il Museo del Risorgimento e sacrario di Oberdan[212].
Altri spazi espositivi di questo genere che ospitano vessilli tricolori storici, la cui tipologia è diffusa principalmente in Italia settentrionale[231], si trovano anche in altre regioni. Da segnalare sono la Domus Mazziniana di Pisa[232], il museo marchigiano del Risorgimento e della Resistenza di Macerata[212], il Museo del Risorgimento di Palermo[231], che conserva anch'esso una delle bandiere tricolori originali appartenenti al piroscafo Lombardo che partecipò alla spedizione dei Mille[233], il Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza, dove è custodito un tricolore della rivolta scoppiata nella città calabrese nel 1844[234], e il museo dell'archivio di Stato di Napoli che custodisce, tra l'altro, dodici delle ventuno bandiere tricolori requisite dal generale borbonico Carlo Filangieri ai patrioti siciliani di Caltagirone, Catania, Leonforte e Siracusa durante la rivoluzione siciliana del 1848[95].
In Sardegna, oltre al Museo del Risorgimento dell'archivio di Stato di Cagliari[235], è presente il Museo risorgimentale Duca d'Aosta di Sanluri, allestito presso il castello di Elenonora d'Arborea, che conserva, tra i numerosi cimeli patriottici e le bandiere storiche, il tricolore che il 3 novembre 1918 garrì per primo nella Trieste appena riconquistata dall'Italia dopo la vittoria nella prima guerra mondiale[236].
Il tricolore nelle arti
[modifica | modifica wikitesto]Nella musica
[modifica | modifica wikitesto]Ai tre colori nazionali italiani, e al loro significato idealistico, è legata una delle strofe della canzone militare Passa la ronda di Teobaldo Ciconi, che fu composta nel 1848[237]:
Verde, la speme dei nostri cori,
Bianco, la fede stretta fra noi,
Rosso, le piaghe dei nostri eroi. [...]»
Nelle arti visive
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Il noto dipinto Il bacio (1859) del pittore Francesco Hayez nasconde un riferimento al tricolore italiano. Al di là del soggetto romantico, l'opera ha un significato storico e politico: Hayez, attraverso i colori utilizzati (il bianco della veste, il rosso della calzamaglia, il verde del risvolto del mantello e l'azzurro dell'abito della donna), vuole rappresentare l'alleanza avvenuta tra l'Italia e la Francia attraverso gli accordi di Plombières (21 luglio 1858), di natura segreta, che furono la premessa della seconda guerra d'indipendenza[238].
L'opera di Hayez venne ripresa tre anni dopo da Giuseppe Reina nel suo dipinto Una triste novella, in cui il pittore compone ben in evidenza un tricolore, accostando una scatola verde, uno scialle rosso e la gonna bianca della figura femminile rappresentata[239]. In precedenza Hayez aveva già artatamente inserito il tricolore in altri due suoi dipinti, I due apostoli Giacomo e Filippo (1825-1827) e Ciociara (1842): in entrambe le opere sono ancora i colori degli indumenti dei soggetti ritratti a richiamare i colori nazionali italiani[238].
Nella letteratura
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Molti poeti del romanticismo dedicarono alcune delle loro opere letterarie, traendone accostamenti e simbolismi, ai tre colori nazionali italiani[240]:
a una foglia d'allor metti vicino
i tre colori avrai più cari e belli
a noi che in quei ci conosciam fratelli
i tre colori avrai che fremer fanno
chi ancor s'ostina ad essere tiranno.»
il rosso che col sangue è a pugnar presta
e quell'altro color che vi si innesta
che mai mancò la speme alla sventura.»
soave olezzo di vividi fior,
rosseggianti su coste selvose,
dolce festa di vaghi color.»
ognun s'è comunicato.
Come piaga incrudelita
coce il rosso nel costato,
ed il verde disperato
rinforzisce il fiele amaro.»
Giovanni Pascoli, nell'ode Al corbezzolo, vide in Pallante il primo martire della causa nazionale italiana e la metafora del tricolore nel corbezzolo, sui cui rami fu adagiato il suo corpo esanime[242]. Il corbezzolo, infatti, viene considerato un simbolo patrio italiano per via delle foglie verdi, dei fiori bianchi e delle bacche rosse, che richiamano i colori nazionali italiani[243].
del Palatino lo chiamava a nome,
alto piangendo, il primo eroe caduto
delle tre Rome»
Nella prosa è celebre una novella di Grazia Deledda nella quale vengono richiamati i tre colori nazionali italiani[244]:
Note
[modifica | modifica wikitesto]Annotazioni
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Il Vocabolario Treccani utilizza indifferentemente sia la "T" maiuscola che la "t" minuscola. Cfr. il lemma "tricolóre" su "treccani.it".
- ^ L'aquila rossa su campo bianco sopra un serpente verde era infatti anche lo stemma di papa Clemente IV.
- ^ Questo non esclude tuttavia che, successivamente, la tradizione letteraria non abbia operato un collegamento tra i colori della bandiera nazionale e la nota allegoria dantesca, come dimostra il discorso del Carducci proferito in occasione del centenario della bandiera, un cui stralcio è riportato nel paragrafo "Dalla presa di Roma alla prima guerra mondiale". La figura di Dante, infatti, assurse a simbolo risorgimentale per eccellenza proprio con Mazzini e, sulla sua falsariga, con altri patrioti e letterati, tra i quali Carducci: cfr. Eugenia Querci (a cura di), Dante vittorioso, Allemandi, Torino-Londra-Venezia-New York 2011 ISBN 978-88-422-2040-4. Questo accadde in particolare con la celebrazione a Firenze, ma anche in altre città italiane come Verona o Trento, del "Centenario dantesco", vale a dire la commemorazione del sesto centenario di nascita del Sommo Poeta (1865), definito da Carducci «poetico centenario».
- ^ "Ale" è la versione arcaica del termine moderno "ali".
- ^ Le "ali" di una benda sono le sue due estremità grazie alle quali si è in grado di realizzare il nodo. A volte le estremità sono sfrangiate, come nel caso della benda del rito di Cagliostro, che era formata, per parte, da tre piccole ali.
- ^ Santorre di Santa Rosa fu uno dei capi dei moti del 1820-1821 in Piemonte.
- ^ "Re eletto", ovvero in procinto di diventare re d'Italia. Il termine "eletto" ha infatti, tra suoi i sinonimi, "designato", "investito", "prescelto" e "acclamato". Con questo titolo Vittorio Emanuele II di Savoia coniò anche monete che ebbero corso legale nelle Province Unite del Centro Italia, entità statale di breve esistenza costituita da territori che di lì a poco sarebbero stati annessi al Regno di Sardegna grazie ai plebisciti risorgimentali. Cfr. Visione d'insieme delle monete - Re Eletto, su numismatica-italiana.lamoneta.it. URL consultato il 25 settembre 2018.
- ^ 1. I toni cromatici dei colori della bandiera della Repubblica, indicati dall'art. 12 della Costituzione, sono definiti dalla circolare della presidenza del Consiglio dei ministri del 2 giugno 2004, UCE 3.3.1/14545/1, con i seguenti codici Pantone tessile, su tessuto stamina (fiocco) di poliestere:
2. L'utilizzazione di altri tessuti deve produrre lo stesso risultato cromatico ottenuto sull'esemplare custodito presso il dipartimento del cerimoniale di Stato della presidenza del Consiglio dei ministri, nonché presso ogni prefettura e ogni rappresentanza diplomatica italiana all'estero.
Articolo nº 31 "Definizione cromatica dei colori della bandiera della Repubblica", della Sezione V "Bandiera della Repubblica, Inno nazionale, Feste nazionali e Esequie di Stato", del capo II "Delle disposizioni generali in materia di cerimoniale", dell'allegato "Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento del Cerimoniale di Stato", al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 aprile 2006 "Disposizioni generali in materia di cerimoniale e di precedenza tra le cariche pubbliche", pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana nº 174 del 28 luglio 2006. - ^ Nella stagione 1958-1959 furono disputate due diverse edizioni della Coppa Italia, che venne reintrodotta dalla FIGC dopo 15 anni. La Coppa Italia 1958 ebbe inizio prima che cominciasse la Serie A 1958-1959, mentre la Coppa Italia 1958-1959 venne organizzata durante il campionato. Questo fu dovuto alla volontà dell'UEFA di introdurre una nuova competizione europea a cui avrebbero dovuto partecipare le vincitrici delle coppe nazionali: la Coppa delle Coppe. Le prime partite della Coppa Italia 1958 fanno quindi parte della stagione sportiva 1957-1958.
- ^ La coccarde francese ha semplicemente, rispetto a quella italiana, il blu in luogo del verde, mentre la coccarda britannica è praticamente identica a quella francese, ma con il rosso e il blu invertiti di posizione
- ^ Quella che oggi è chiamata pizza Margherita era tuttavia già stata preparata nel 1866, prima della dedica alla regina d'Italia, come attesta Francesco De Bourcard in: Usi e costumi di Napoli, riedizione in copia anastatica, tiratura limitata a 999 copie, Napoli, Alberto Marotta, 1965 [1866] p.124.
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