Cremuzio Cordo
Aulo Cremuzio Cordo (in latino Aulus Cremutius Cordus; 35 a.C. c.a. – 25 d.C.) è stato uno storico romano.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]È senz'altro una delle figure di spicco della storiografia romana del dissenso, tesa ad esaltare il tramontato ordine repubblicano contro il nuovo regime imperiale retto dalla dinastia Giulio-Claudia.
Cremuzio, di estrazione senatoria, fu autore di Annales, una storia degli avvenimenti recenti di Roma impostata sulla tradizionale narrazione anno per anno in cui pianse le guerre civili e con cui bandì in eterno i proscrittori.[1] Entrato in contrasto con il prefetto al pretorio Elio Seiano, fu accusato da due clienti dello stesso, Satrio Secondo e Pinario Natta, di crimen maiestatis.[2]
Tacito ci dice:
Il suo scritto fu accusato anche di aver criticato il popolo e il senato di Roma e non aver mostrato il giusto rispetto nei confronti di Cesare e di Augusto.[3]
Cremuzio pronunciò un discorso in senato dinnanzi a Tiberio, in cui difese la sua opera e la libertà dello storico di conservare la memoria, ricordando alcuni storici di età augustea che avevano lodato i cesaricidi Bruto e Cassio, come Tito Livio, Asinio Pollione e Marco Valerio Messalla Corvino, senza subire processi.[4]
Cremuzio chiuse la sua difesa dicendo:
«[...] O forse essi, settant'anni dopo la morte, non dovranno avere una parte nella memoria degli scrittori, così come sono noti i loro volti nelle statue che nemmeno il vincitore ha soppresso? La posterità rende a ciascuno il suo onore; e se mi incombe una condanna, non mancherà chi si ricorderà non solo di Bruto e Cassio, ma anche di me.»
Avendo capito che sarebbe stato condannato, preferì lasciarsi morire di fame.[5] Seneca descrive la morte di Cordo nella Consolatio ad Marciam: Cordo, per ingannare la figlia Marcia e i servi, si faceva servire in stanza il cibo, ma poi lo buttava di nascosto dalla finestra. In questo modo dopo qualche giorno, completamente debilitato, salutò la figlia, si chiuse nella sua stanza e morì.
Il Senato decretò che tutti i libri con la sua opera fossero bruciati dagli edili. In seguito i suoi Annales furono ripubblicati[6] durante il regno di Caligola.[7]
Oggi della sua opera ci rimangono solo pochi frammenti.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Seneca, Consolazione a Marcia, 26, 1. Quo civilia bella deflevit, quo proscribentis in aeternum ipse proscripsit.
- ^ Tacito, Annali, IV, 34, 2.
- ^ Cassio Dione, Storia romana, LVII, 24, 3.
- ^ Tacito, Annali, IV, 34, 3-5 e 35, 1-4; R. Syme, La rivoluzione romana, Torino 1962, p. 490.
- ^ Tacito, Annali, IV, 35, 4; Cassio Dione, LVII, 24, 2.
- ^ Tacito, Annali, IV, 35, 5; Cassio Dione, LVII, 24, 4. Cassio Dione ci dice che a nascondere delle copie fu sua figlia Marcia, la stessa a cui Seneca scrisse la Consolatio ad Marciam, esaltando la figura di suo padre Cremuzio.
- ^ Svetonio, Vita dei Cesari, IV, 16.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Ronald Syme, La rivoluzione romana, Torino, Einaudi, 1962.
- Luciano Canfora, Studi di storia della storiografia romana, Bari, Edipuglia, 1993, pp. 221-240.
- Cremuzio Cordo, Gli Annali. Testimonianze e frammenti, a cura di M. Lentano, Milano, 2021, La Vita Felice.
Altri progetti
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Wikisource contiene una pagina dedicata a Aulo Cremuzio Cordo
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Cremùzio Còrdo, Aulo, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- Francesco Arnaldi, CREMUZIO CORDO, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1931.
- Cremùzio Còrdo, Aulo, su sapere.it, De Agostini.
- (LA) Opere di Cremuzio Cordo, su PHI Latin Texts, Packard Humanities Institute.
- (EN) Opere di Cremuzio Cordo, su Open Library, Internet Archive.
| Controllo di autorità | VIAF (EN) 121779545 · ISNI (EN) 0000 0000 8036 9481 · CERL cnp00283928 · LCCN (EN) nr95029295 · GND (DE) 102385963 |
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