Alessandro Appiano
| Alessandro | |
|---|---|
| Signore di Piombino | |
| In carica | 1585 - 1589 |
| Predecessore | Jacopo VI |
| Successore | Jacopo VII |
| Nome completo | Alessandro di Jacopo Appiano |
| Nascita | Piombino, 1558 |
| Morte | Piombino, 29 settembre 1589 |
| Dinastia | Appiano |
| Padre | Jacopo VI Appiano |
| Madre | Oriettina Fieschi |
| Consorte | Isabella de Mendoza |
| Figli | Isabella Jacopo Vittoria Garzia Leonora |
| Religione | Cattolicesimo |
Alessandro Appiano (Piombino, 1558 – Piombino, 29 settembre 1589) fu l'undicesimo Signore di Piombino, reggendo lo Stato dal 21 maggio 1585 fino alla sua morte violenta, avvenuta nel 1589.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Figlio naturale di Jacopo VI Appiano e di Oriettina Fieschi – cognata di Jacopo in quanto moglie del fratellastro Alfonsino – Alessandro fu legittimato nel 1559 con decreto dell'imperatore Ferdinando I d'Asburgo. Dal matrimonio con Isabella de Mendoza, figlia di Pedro de Mendoza, conte di Binasco, e di Barbara, nacquero cinque figli: Jacopo VII e Isabella, futuri principi di Piombino, oltre a Vittoria, Garzia e Leonora.
Durante il suo breve governo, Alessandro visse spesso lontano dal suo Stato, impegnato in missioni diplomatiche o in soggiorni mondani a Genova, Siena e Roma. Era noto per il carattere impetuoso, le numerose relazioni amorose e le inimicizie che suscitava tra i nobili locali e le corti confinanti.
L'assassinio di Alessandro Appiano
[modifica | modifica wikitesto]La notte del 29 settembre 1589, Alessandro fu assassinato all'angolo tra l'attuale via Giuseppe Garibaldi (già via Trapalazzi) e via Malpertuso. L'episodio, a lungo avvolto dal mito e da versioni contrastanti, fu inizialmente interpretato come una vendetta popolare contro un signore tirannico e dissoluto, oppure come l'azione di un parente offeso da uno dei suoi numerosi amori. Le ricerche successive e le cronache coeve hanno però rivelato una realtà ben diversa: l'omicidio fu il risultato di un complotto politico, un vero e proprio colpo di Stato orchestrato per deporre gli Appiano dal potere di Piombino.
La congiura
[modifica | modifica wikitesto]Al tempo dei fatti, la città era presidiata da una consistente guarnigione spagnola, di stanza a Piombino in virtù dei trattati di protezione stipulati con la Spagna, e comandata dal capitano don Felix d'Aragona. Il matrimonio tra Alessandro e Isabella de Mendoza era ormai solo formale: entrambi conducevano vite separate, consapevoli delle reciproche infedeltà. Mentre Alessandro intratteneva relazioni con donne del popolo, Isabella manteneva un rapporto scandaloso e duraturo proprio con don Felix, suo amante e uomo ambizioso.

Secondo numerosi documenti, fu proprio la coppia Isabella-Felix, sostenuta da esponenti dell'aristocrazia piombinese, a organizzare la congiura. La sera del 28 settembre 1589, mentre Alessandro rientrava verso il palazzo in Cittadella, venne colpito da colpi d'arma da fuoco sparati da una finestra. Ferito, cercò di fuggire ma venne raggiunto e finito a colpi di pugnali, alabarde e mazze da cinque sicari: Ciapino Pagnali, Filippo Ferracchio, Domenico Vecchioni, Giovanni Volpi e Mazzaferrata Mazzaferrati. Nel punto esatto dell'assassinio, una mano ignota incise poco dopo su una pietra una croce e le lettere F.P.M.D. – Facinorosi Plumbinenses Mortem Dederunt ("I facinorosi piombinesi gli diedero la morte") – ancora oggi ricordate da una targa commemorativa ottocentesca.
Le indagini successive rivelarono che alla congiura avevano partecipato anche membri delle più influenti famiglie cittadine, tra cui i Barbetti, Pierini, Buzzaglia, Calafati, Del Prete, Todi, Venturi, Belloni, Cini, Gatani, Falconetti, Moredani, Trinità e Garofani.
Le conseguenze e il processo
[modifica | modifica wikitesto]Mentre l'assassinio avveniva, Isabella e don Felix si trovavano a messa nella chiesa di San Francesco, fuori le mura, in modo da garantirsi un alibi pubblico. Nei momenti successivi all'omicidio, la popolazione, sconvolta e furiosa, cercò di reagire, ma don Felix, prendendo il controllo della città, impose il silenzio con la forza: pattugliamenti, arresti e minacce misero Piombino in uno stato di terrore. I cinque sicari, catturati poche ore dopo, vennero rilasciati la mattina seguente per ordine diretto di don Felix, suscitando indignazione generale.
Nel frattempo Isabella assunse la reggenza dello Stato, mentre il suo amante ne esercitava di fatto l'autorità. Tentò persino di legittimare la propria posizione chiedendo la mano della vedova di Alessandro, ma il padre di lei rifiutò sdegnato. Felix cercò allora di farsi acclamare pubblicamente dal popolo, organizzando una cerimonia in piazza alla presenza dei magistrati cittadini e dei suoi sostenitori.
La situazione cambiò nel gennaio 1590, quando Filippo II di Spagna, protettore della Signoria di Piombino, inviò una nuova guarnigione e un magistrato per indagare sull'accaduto. Le inchieste misero in luce le responsabilità di don Felix, che fu arrestato e processato a Napoli. Il 27 maggio 1595 venne riconosciuto colpevole e condannato al carcere a vita. I cinque sicari furono invece giustiziati con supplizi esemplari: impiccati e successivamente squartati. Dei loro complici, alcuni morirono in prigione, altri furono torturati o scomparvero.
La sorte di Isabella de Mendoza
[modifica | modifica wikitesto]Isabella riuscì, con grande astuzia e abilità oratoria, a far credere alla propria innocenza. Persino il Granduca di Toscana Ferdinando I de' Medici, convinto della sua estraneità ai fatti, la invitò a rifugiarsi a Genova, dove rimase sotto protezione di persone fidate. Nel 1590 ricevette a Genova l'omaggio e il giuramento di fedeltà dei Priori piombinesi, che riconobbero lei e il figlio Jacopo VII come legittimi eredi.

Non tutti, però, credettero alla sua innocenza: Alemanno Appiano, fratello di Alessandro, accusò pubblicamente Isabella di uxoricidio e nel 1599 presentò formale denuncia a Papa Clemente VIII. Nonostante ciò, Isabella non fu mai condannata. Anzi, nel 1594, per decreto dell'imperatore Rodolfo II, fu investita del titolo di Principessa di Piombino, trasformando così la Signoria in Principato.
Memoria
[modifica | modifica wikitesto]Nel luogo dell'assassinio, negli anni Settanta del XIX secolo, il Comune di Piombino pose una targa marmorea a ricordo dell'evento, sopra l'antica pietra recante la croce e l’acronimo incisi nel 1589. Il testo della lapide recita:
Ascendenza
[modifica | modifica wikitesto]| Genitori | Nonni | Bisnonni | Trisnonni | ||||||||||
| Jacopo IV Appiano, signore di Piombino | Jacopo III Appiano, signore di Piombino | ||||||||||||
| Battistina Fregoso | |||||||||||||
| Jacopo V Appiano, signore di Piombino | |||||||||||||
| Vittoria Todeschini Piccolomini d'Aragona | Antonio Todeschini Piccolomini, duca d'Amalfi | ||||||||||||
| Maria d'Aragona | |||||||||||||
| Jacopo VI Appiano, signore di Piombino | |||||||||||||
| Jacopo Salviati | Giovanni Salviati | ||||||||||||
| Elena Gondi | |||||||||||||
| Elena Salviati | |||||||||||||
| Lucrezia de' Medici | Lorenzo de' Medici, signore di Firenze | ||||||||||||
| Clarice Orsini | |||||||||||||
| Alessandro Appiano, signore di Piombino | |||||||||||||
| Giacomo Fieschi | Paride Fieschi | ||||||||||||
| Bianca Salvago | |||||||||||||
| Ettore Fieschi, conte di Savignone | |||||||||||||
| Simona Sauli | Bandinello Sauli, marchese di Chios | ||||||||||||
| Oriettina Pinelli | |||||||||||||
| Oriettina Fieschi | |||||||||||||
| Giovanni Ambrogio Fieschi | Giacomo Fieschi, viceré di Napoli | ||||||||||||
| Selvaggia Fieschi | |||||||||||||
| Maria Fieschi | |||||||||||||
| Bartolomea Doria | Ceva Doria, co-signore di Oneglia | ||||||||||||
| Caracosa Doria di Dolceacqua | |||||||||||||
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ In realtà, la data esatta è il 28; inoltre, viene riportato 1590 anziché 1589 perché, probabilmente, si vuole ripercorrere l'usanza in voga fino al Principato bonapartista, che vedeva lo stile del calendario piombinese iniziare a marzo, anziché gennaio, quindi il conteggio degli anni era antecedente di uno rispetto al tradizionale calendario Gregoriano
Voci correlate
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